Borse di studio, il decreto va corretto
Utilizzando il Fondo ordinario viene indebolita sia la didattica che i servizi negli atenei: lo studente sarà portato a scegliere l'università non tanto per la qualità di insegnamento o del piano di studio, ma in base alle tasse più basse o alla maggiore speranza di ottenere una borsa
Rebecca Ghio - Portavoce Rete universitaria nazionale
IL 22 LUGLIO LA CAMERA HA APPROVATO UN EMENDAMENTO ALL'ARTICOLO 59 DEL DECRETO DEL FARE su una questione cruciale per il rilancio del Paese: il diritto allo studio.Nel 59bis - primo firmatario Meloni (Pd) - numerosi elementi hanno lasciato dubbi a sindacati, studenti, rettori, Regioni e, forse, anche a diversi membri del suo gruppo. L'emendamento introduce un «Programma nazionale per il diritto allo studio degli studenti meritevoli» finanziato con il trasferimento di fondi dal Fondo finanziamento ordinario dell'università. Per la gestione, si recupera lo strumento della Fondazione per il merito dell'ex ministro Gelmini, allargandone le competenze al diritto allo studio. Alle questioni sollevate dalla Flc-Cgil - a nostro giudizio condivisibili - Meloni ha risposto con una nota, descrivendo il Programma nazionale come un'opportunità in più rispetto ai sistemi regionali. Come può essere vero se le risorse sono prelevate dal Fondo finanziamento ordinario? Per motivare la scelta, Meloni si rifà al programma del Pd in cui era scritto: «Gran parte degli atenei utilizza (il Ffo) per il 90% e oltre per il pagamento degli stipendi e per altre spese incomprimibili di minore entità (...) il primo obiettivo è ripristinare le risorse del 2012 rimediando al taglio di 300 milioni operato dal governo Monti»." Ebbene, non sempre modificando l'ordine degli addendi il risultato non cambia. Negli impegni elettorali, infatti, la creazione del Programma nazionale era associata al rifinanziamento sia del Fondo ordinario sia del Fondo integrativo per il diritto allo studio. Al contrario, osserviamo come il primo venga ulteriormente decurtato di 270 milioni e il secondo passi da più di 160 a 34 milioni. Risorse già prima insufficienti se, a fronte di 175 mila studenti idonei, quasi uno su tre quest'anno non ha ricevuto la borsa. Un ordine del giorno dovrebbe correggere in futuro il tiro: uno strumento, però, debole di fronte al decreto già approvato alla Camera. Anche l'aumento immediato delle borse di studio, che parrebbe un grande risultato per la mobilità studentesca, passa purtroppo dalla via sbagliata. Utilizzando il Fondo ordinario viene indebolita sia la didattica che i servizi negli atenei: lo studente sarà portato a scegliere l'università non tanto per la qualità di insegnamento o del piano di studio, ma in base alle tasse più basse o alla maggiore speranza di ottenere una borsa. Ci interroghiamo, infine, sulla necessità di creare un nuovo, parallelo strumento di finanziamento del diritto allo studio. Anche il ministro Carrozza, nella prima audizione alle commissioni riunite, sottolineava la necessità di limitare quell'eccesso di burocrazia che ha impedito all'università di esercitare la propria autonomia in modo responsabile. Cogliamo, comunque, la volontà di consultare gli studenti: chiediamo però che questo avvenga non a decisioni prese, ma tramite un confronto serio tra ministero dell'Istruzione, gruppi parlamentari e rappresentanze studentesche, che sia premessa di un vero «patto costituente » sulle politiche del Sapere.