Bianchi/2. Verso la transizione scolastica?
Nella direzione di una scuola che impari ad affrontare il futuro comincia forse a muoversi, per alcuni aspetti, il Decreto ‘sostegni’, che stanzia 150 milioni finalizzandoli all’organizzazione non solo dei consueti corsi di recupero ma anche di "attività per il recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo delle studentesse e degli studenti"
Nella direzione di una scuola che impari ad affrontare il futuro comincia forse a muoversi, per alcuni aspetti, il Decreto ‘sostegni’, che stanzia 150 milioni finalizzandoli all’organizzazione non solo dei consueti corsi di recupero ma anche di "attività per il recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo delle studentesse e degli studenti", che le scuole possono realizzare "entro il 31 dicembre 2021 (…) anche tramite il coinvolgimento, secondo principi di trasparenza e nel rispetto della normativa vigente, di enti del terzo settore e imprese sociali".
Esperimento interessante e potenzialmente molto innovativo, che però potrebbe realizzare un vero cambiamento se accompagnato da alcuni fattori di successo che sono tutti da verificare: a) che riguardi tutti gli studenti e non solo quelli più "fragili"; b) che si instauri una forte sinergia tra i docenti e gli esperti esterni; c) che anche le attività didattiche ‘ordinarie’ siano ripensate in chiave di "recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo"; d) che vi sia almeno un inizio di ‘personalizzazione’ dei piani di studio; e) che a nessuno studente, salvo casi eccezionali, sia precluso il passaggio all’anno scolastico successivo; f) che vi sia un ricorso sistematico alla Didattica Digitale Integrata.
A queste condizioni si assisterebbe non al ripristino della vecchia scuola ma all’inizio del suo superamento. Se invece le scuole utilizzassero i fondi per fare un po’ di corsi di recupero, magari solo da settembre (in questo senso aver previsto il termine del 31 dicembre e non di fine estate è un rischio), sarebbe un’occasione persa.
Certo, ci sarebbero da vincere le resistenze conservatrici di una parte degli insegnanti e dei sindacati, e quelle dei genitori anti-DaD raccolti in movimenti come "Priorità alla Scuola". Ma in questa impresa il ministro Bianchi non sarebbe solo (come quasi sempre lo sono stati i ministri dell’istruzione nella storia dell’Italia repubblicana) perché nell’attuale compagine governativa vi sono personalità sensibili alla tematica dell’innovazione o, come si dice ora, della transizione, da Vittorio Colao (ministro della transizione digitale) a Roberto Cingolani (ministro della transizione ecologica), dalla ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti al ministro delle infrastrutture Enrico Giovannini, co-fondatore dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. E perché non augurarci che Patrizio Bianchi diventi il ministro della transizione scolastica?