Basta riforme, troppo stress
Rapporto Censis: scuola decisiva quando interagisce con il territorio e orienta i ragazzi. É stato precarizzato il capitale emotivo dei docenti
Giovanni Scancarello
Sulla scuola il Paese deve raffreddare gli animi e prendersi il tempo giusto. Tra spending review e diminuzione di risorse, il sistema è arrivato alla fine dell'anno con il fiato troppo corto. É quanto emerge dall'ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. La scuola è forse uno dei settori che ha risentito maggiormente, dopo quello produttivo, della parabola ansiogena della crisi iniziata nel 2007.
Il rischio è quello di intaccare il già precario capitale emotivo degli insegnanti. Stridente il quadro presentato dal Censis quasi in contemporanea, infatti, con le recenti agitazioni di insegnanti e studenti. Sono più di dieci anni, ormai, che la scuola è chiamata ad un cambiamento che non sembra riuscire mai veramente a restituire un senso condiviso dell'impresa educativa dei giovani. La scuola oggi mostra la sua parte più viva soprattutto quando riesce a fare rete con il proprio territorio e le altre scuole, nell'intento di favorire l'orientamento degli studenti verso il mondo del lavoro. Una tendenza che interessa tanto gli istituti professionali (81,5%), i tecnici (79,3%) ma anche i licei (65,8%). Nel 56% dei casi, avverte il Censis, si tratta di veri e propri poli formativi che vanno nella direzione auspicata dal legislatore e che costituiscono una base di lavoro da non sottovalutare. Ma per il resto, dopo tanti anni di riforme, tra quelle tentate e quelle riuscite, dopo i tagli, adesso serve un periodo di decantazione del cambiamento. Sulla scuola rischia di consumarsi la deriva più rischiosa. Quella appunto dell'avvilimento dei docenti. Nonostante l'avvio di processi come il riordino delle secondarie superiori, l'approvazione del testo unico sull'apprendistato, nonché gli interventi attuati per innalzare le performance educative (dall'istituzione dell'Invalsi, al piano scuola digitale, al riordino del sistema di reclutamento degli universitari e degli insegnanti delle scuole) precisa il Censis, adesso c'è bisogno che «gli operatori maturino piena consapevolezza delle variazioni sottese ai loro compiti e mansioni, a partire dalle quali riorganizzare in modo certo e duraturo il loro lavoro». Ma il Censis avverte anche circa l'evidenza che l'istruzione sia un servizio pubblico sotto sforzo. Soprattutto lo sono i docenti che, nonostante l'alto livello motivazionale collegato al loro mestiere e al rapporto con i giovani, rischiano di restare schiacciati sotto il peso del disorientamento. Per cui anche i risultati più virtuosi che l'opera di razionalizzazione fino ad oggi ha potuto determinare «rischiano di essere annullati dalla riduzione dei trasferimenti pubblici, dal ridimensionamento della rete scolastica, dalla ridotta e ondivaga capacità di spesa del sistema della affermazione professionale». Un rischio che, chiarisce il Censis, non si risolve con un aumento generalizzato della partecipazione all'obbligo scolastico e della collaborazione delle famiglie. Il rischio infatti è che venga intaccato il «capitale emotivo» dei docenti. Occorre, conclude l'istituto diretto da Giuseppe Roma, definire i contorni di campo dell'istruzione e della formazione in modo indubbio e permanente.