"Basta precariato Pronti 6mila posti per i ricercatori"
Ci sarà un piano pluriennale di stabilizzazione dei ricercatori e una riforma del loro ruolo garantendo maggiori tutele e la fine dei precari decennali, costretti a andare via quando ormai non hanno più l'età per rientrare nel mondo del lavoro
flavia amabile
Roma
Ci sarà un piano pluriennale di stabilizzazione dei ricercatori e una riforma del loro ruolo garantendo maggiori tutele e la fine dei precari decennali, costretti a andare via quando ormai non hanno più l'età per rientrare nel mondo del lavoro. Sono gli obiettivi a cui il ministro dell'Università Gaetano Manfredi sta lavorando e su cui spera di ottenere i primi risultati concreti al massimo entro l'inizio del prossimo anno.
Siamo entrati in quarantena con grandi discorsi sulla necessità di dare maggiore stabilità ai ricercatori che ci hanno dimostrato da precari di essere riusciti a isolare il ceppo italiano del coronavirus. Ne usciamo tre mesi dopo con un piano di rilancio che sembra ancora molto generico. Che cosa pensate di fare per rilanciare davvero la ricerca italiana?
«I giovani che dopo il dottorato entrano nelle università e vogliono accedere alla ricerca in modo stabile rappresentano una risorsa. Per troppo tempo però ci sono stati per loro soltanto interventi episodici. Questo ha fatto perdere ai giovani tante opportunità».
E, come sottolineava Antonino Rotolo, prorettore dell'università di Bologna in un'intervista pubblicata domenica sulla Stampa, questo ha anche impedito alle università di avere certezze nella ricerca, di fare programmazione.
«È quello che sostenevo anche quando ero rettore. La strada da seguire è infatti avere un numero di ricercatori congruo e stabile nel tempo. Il mio obiettivo principale da ministro è riuscire a avere un piano pluriennale di reclutamento. Abbiamo già dato un primo segnale con i 6mila posti da ricercatore nei prossimi due anni. Si tratta di posti da ricercatore che portano a diventare associato. Sono 1600 posti previsti nel decreto Milleproproghe di fine dicembre su cui il bando sarà pronto prima dell'estate e ne sono stati previsti altri 4400 nel decreto rilancio. Su questi posti invece stiamo preparando i decreti attuativi. Si tratta già di cifre notevoli ma dobbiamo fare in modo che questi interventi siano continui nel tempo».
I ricercatori chiedono anche maggiori tutele e prospettive certe, senza essere condannati a una precarietà decennale e a dover poi andare via.
«La lunghezza dei tempi dei loro percorsi all'interno delle università è l'altro aspetto su cui intendo lavorare. È l'effetto della mancanza dei posti creata dai tagli. È necessario un intervento normativo per garantire l'ingresso in tempi più rapidi. I ricercatori devono essere più giovani, dobbiamo averli nelle università quando la loro creatività si esprime al massimo».
State lavorando a una legge di riforma che vada in questa direzione?
«In Parlamento sono stati depositati già diversi provvedimento. Li riprenderò per fare una proposta organica che permetta di raggiungere questo obiettivo».
Le proposte in Parlamento prevedono che il ricercatore rimanga per cinque o al massimo sei anni in università con le necessarie tutele contrattuali e un concorso da superare alla fine. È quello a cui sta pensando?
«Sì, bisogna partire da qui. L'ingresso nelle università deve avvenire solo dopo aver vinto un concorso come avviene nel resto del mondo».
Cancellando le forme di contratto atipiche?
«Ci sono tante forme di collaborazione nelle università, si tratta di un mondo articolato. Bisogna dare la possibilità di mettere alla prova le persone perché sviluppino le competenze e mostrino il loro talento ma evitare che il percorso diventi patologico. Lavorerò per avere un numero congruo di concorsi trasparenti, meritocratici e continui nel tempo per dare l'opportunità a chi davvero vale di entrare nel mondo della ricerca».
Ha dei tempi per riuscirci?
«Dopo questo investimento iniziale va trovato uno spazio per il piano pluriennale. Credo tra la fine di quest' anno e l'inizio del prossimo».