Bambina down, da 10 anni a scuola senza «sostegno»
Morro D'Oro, paese in provincia di Teramo da dove arriva l'ennesima storia di scuola finita in una sentenza del Tar e in diverse lettere di diffida.
Dieci anni di battaglia e il diritto negato ad avere un insegnante di sostegno. Un prof speciale che sa come agire quando sul banco c'è un'alunna down che soffre anche di crisi epilettiche, com'è Anna - nome di fantasia - la bambina di 13 anni, di Morro D'Oro, paese in provincia di Teramo da dove arriva l'ennesima storia di scuola finita in una sentenza del Tar e in diverse lettere di diffida.
Quella scuola media dove Anna va volentieri perché in classe ritrova ogni giorno i suoi amici e i suoi professori. «Mia figlia è felice di andare a scuola, le piace stare con gli altri alunni, sono il suo gruppo, per questo non l'ho mai spostata in un altro istituto dove, sono sicura, le avrebbero dato un insegnante di sostegno», dice la madre. È una donna forte e chiede che alla figlia sia garantito il diritto all'istruzione. Per Anna si tratta, intanto, di imparare a leggere e scrivere. Ma passi avanti non ne fa perché, riferisce la madre, «l'ultima insegnante di sostegno ha rifiutato perché, ha detto, era un caso difficile, poi è arrivata una prof di inglese, dopo tre mesi un altro insegnante di lingua inglese e ora un docente di educazione fisica. Mia figlia in sette anni di scuola ha cambiato otto insegnanti, cinque di sostegno e tre docenti ordinari. Come vuole che possa progredire nella didattica se ogni anno deve ripartire da zero, cioè da vocali, sillabe e alfabeto?».
LA LETTERAÈ uno sfogo amaro quello dei genitori di Anna, che ieri in una lettera aperta hanno raccontato il loro calvario: «Ciò che sta accadendo a nostra figlia, i diritti che le sono stati negati e i conseguenti danni subiti, non sono cosa degna di un'istituzione scolastica né di un paese civile». Vicenda che ha inizio dalla scuola dell'infanzia, racconta la madre, impiegata in un'azienda alimentare, quando alla figlia «vengono ridotte le ore di sostegno a solo nove ore a settimana a fronte di una diagnosi funzionale della Asl che prevedeva un rapporto di 1 a 1 (cioè l'orario completo di un docente di sostegno, ndr). Abbiamo impugnato il provvedimento al Tar Abruzzo che con sentenza del 2013 ha disposto l'annullamento dello stesso, sancendo il diritto di mia figlia ad essere affiancata da un insegnante di sostegno qualificato nel corso dell'intero orario scolastico». Negli ultimi due anni, però, scrive la donna, «né la scuola, né l'Ufficio scolastico provinciale si sono dimostrati in grado di trovare una soluzione al problema, in un vergognoso rimpallo di responsabilità. Alla richiesta della presenza di un docente di sostegno qualificato è stata accampata come scusa la carenza di organico».
LA REPLICADalla scuola di Morro D'Oro, la preside Antonietta Battelli ribatte: «Le graduatorie di insegnanti di sostegno specializzati sono esaurite, per cui dobbiamo ricorrere alle graduatorie di insegnanti comuni. La bambina ha il sostegno, ma devo affiancarle un insegnante non specializzato e comunque la responsabilità è dell'intero consiglio di classe, la programmazione è condivisa da tutti i docenti e la bambina è ben tutelata e inserita». Poi la preside conclude con un dato: «Nel teramano cento alunni non hanno l'insegnante di sostegno specializzato». Come dire che il caso della bimba è comune.
Ma la famiglia è ben decisa a far applicare la sentenza definitiva del Tar e se la vicenda non si risolverà a breve chiederà la nomina di un commissario ad acta che provveda all'assegnazione di un insegnante di sostegno qualificato. Per ora scuola e genitori sono contrapposti a tal punto che la mamma di Anna riferisce: «La sostituzione del docente ordinario con un insegnante di sostegno qualificato ci è stata negata dalla scuola perché avrebbe compromesso l'andamento generale della classe». L'istituto (comprende infanzia, primaria e secondaria) si è dimostrato «inadempiente, insensibile e sordo - scrive la donna nella lettera - anche dopo le diffide legali, l'ultima del marzo 2019». E parla di «dolore e impotenza», provati nel portare avanti «una battaglia contro l'istituzione scolastica, che dovrebbe essere una comunità accogliente e garantire a tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, nessuno escluso, il diritto allo studio e alla crescita individuale e sociale. Se la tutela e l'integrazione dei disabili non partono dalla scuola, se i diritti costituzionalmente sanciti rimangono lettera morta, se le sentenze di un tribunale non vengono applicate, significa che stiamo costruendo una società in cui non c'è spazio né futuro per nostra figlia, per tutti i ragazzi come lei».
Rosalba Emiliozzi