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Avanti-Scuola, tempi lunghi per la riforma

Scuola, tempi lunghi per la riforma I dubbi e le incertezze che caratterizzavano la riforma del secondo ciclo della scuola secondaria non sono diminuiti, e il silenzio e i timori che con questo nu...

13/05/2005
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Avanti!

Scuola, tempi lunghi per la riforma

I dubbi e le incertezze che caratterizzavano la riforma del secondo ciclo della scuola secondaria non sono diminuiti, e il silenzio e i timori che con questo nuovo governo non si arrivi per tempo alla realizzazione della bozza di riforma, preoccupano gli addetti ai lavori che vedono solo nel settembre 2006 una possibile attuazione (prima di quella data si saranno svolte le elezioni politiche). Giorgio Rembado, presidente Anp/Cida (Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola) ha illustrato al Velino le sue perplessità sulla riforma che coinvolgerà i ragazzi che frequenteranno i licei o gli istituti professionali nei prossimi anni. Secondo il dirigente scolastico, se per esito della riforma s'intende l'approvazione formale del decreto legislativo, è possibile che vi si arrivi, anche se questo non può avvenire in tempi molto brevi; se invece si fa riferimento alla sua attuazione nelle scuole, la risposta è molto più problematica. "Per rendersene conto - spiega Rembado - basti pensare che il testo definitivo della bozza di decreto legislativo non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri". I passaggi successivi sono: la Conferenza unificata Stato-Regioni (45 giorni) e le Commissioni Parlamentari (altri 60 giorni). Solo dopo ci sarà il varo definitivo in Consiglio dei ministri, la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Se vi si aggiunge il periodo di sospensione estiva dei lavori parlamentari, è facile prevedere un percorso di almeno cinque-sei mesi. La delega attuale - già prorogata una prima volta - scade a metà ottobre. E' naturalmente possibile pensare a una ulteriore proroga: ma comunque l'attuazione non potrebbe iniziare prima del settembre 2006. "Prima di quella data si saranno svolte le elezioni politiche, il cui esito potrebbe condizionare l'ulteriore sviluppo degli eventi" precisa il presidente dei presidi italiani. Quando poi si passa a parlare di risorse finanziarie, Rembado ricorda che il previsto piano finanziario generale che doveva accompagnare il varo della riforma non è mai stato presentato e a tal riguardo precisa: "Ogni volta che viene emanato uno dei decreti attuativi, la sua copertura finanziaria è sempre individuata all'interno del bilancio esistente. Le risorse finanziarie quindi non sono cambiate, perché non sono mai state definite con esattezza. E' certo comunque che - se si vorrà andare oltre la semplice emanazione dei decreti per passare alla attuazione pratica degli aspetti innovativi della riforma - occorrerà anche stanziare le risorse necessarie. Altrimenti ci si limiterà alle dichiarazioni di intenzioni non seguite dai fatti concreti". A complicare una situazione già ingarbugliata sono intervenute le elezioni regionali che a giudizio di Giorgio Rembado hanno sospeso per qualche mese l'operatività della Conferenza unificata Stato-regioni e comunque hanno fatto registrare importanti spostamenti politici in una direzione certamente non favorevole all'attuale governo. "L'insieme di tutti questi elementi - sottolinea - spiega se non il silenzio, che non c'è in realtà mai stato, quanto meno un certo abbassamento dei toni del dibattito, che prosegue sotto traccia, in attesa di approdare alle sedi pubbliche del confronto ufficiale". Ma se la riforma non andasse in porto quale scenario si prospetta ai futuri studenti? "Sul piano normativo, le scuole del secondo ciclo resterebbero nella condizione in cui si trovano ormai da molti anni: costantemente messe in discussione dai progetti di riforma e al tempo stesso nell'impossibilità di attuarne alcuno - dice Rembado -. Una situazione doppiamente critica: da una parte per la riconosciuta inadeguatezza degli ordinamenti attuali rispetto ai tempi mutati, dall'altra per il logoramento di credibilità, e quindi di efficacia, derivante dalla continua aspettativa di un mutamento che poi non si verifica". "Questo scenario - prosegue Rembado - sarebbe sicuramente negativo: ed è quindi augurabile che le forze politiche evitino di percorrerlo, trovando quel minimo di intesa e di buon senso, che permetta di imboccare la via di un effettivo rinnovamento. L'importante è non pensare che una riforma, una volta fatta, debba restare immutata per ottant'anni, come è stato per quella di Gentile. Le riforme si decidono, si attuano, si mettono alla prova e si modificano sulla base dell'esperienza: parlarne sempre e non farle mai, in attesa della 'riforma perfetta' che non richieda ulteriori interventi, rappresenta la soluzione peggiore" dice il dirigente scolastico al Velino. E se invece si trovassero i tempi giusti in questo Berlusconi-bis, cosa accadrà? "Lo spazio naturalmente esiste - afferma il presidente dei presidi - anche perché il testo definitivo del decreto non è stato ancora adottato. Il problema è che le diverse forze di maggioranza, per non parlare di quelle di opposizione, hanno vedute molto diverse fra loro nella materia. E' quindi possibile che i nodi tuttora esistenti non vengano affrontati per non aggiungere ulteriori motivi di frizione interna alla coalizione". "Questi nodi - evidenzia - sono noti da tempo e riguardano: le competenze delle regioni, la collocazione dell'istruzione tecnica e professionale, la garanzia di livelli equivalenti di qualità nei due canali previsti: quello dei licei e quello della formazione al lavoro. Dati i numerosi passaggi che il decreto dovrà affrontare prima di vedere la luce, le eventuali modifiche potrebbero essere messe a punto in questa fase, oppure maturare lungo il percorso ed essere apportate in sede di decisione complessiva. Ma, in ogni caso, - conclude - il prossimo autunno è la scadenza ultima per uscire dalla fase dell'incertezza e passare a quella dell'attuazione". Luisa Ribolzi, docente di filosofia dell'educazione all'Università di Genova si domanda se la scuola costituisce una priorità nell'agenda politica e non pensa che il nuovo governo porterà modifiche al programma di lavoro. "Se preesisteva una volontà politica di arrivare al varo della riforma - dichiara al Velino- questa volontà dovrebbe continuare a esistere". Per Luisa Ribolzi, uno dei motivi sul velo di silenzio calato sulla bozza di riforma delle scuole secondarie, è dato dall'inasprimento dell'opposizione, la quale è esclusivamente (o prevalentemente, per essere ottimisti) ideologica. "In un clima d'eterna campagna elettorale si evita di puntare i riflettori su quello che suscita i contrasti più violenti - rileva la studiosa -. Ci sono poi motivi più seri: la difficoltà di trovare soluzioni che accontentino almeno la maggioranza, senza essere di basso profilo, la scarsità di fondi, e infine, un'insufficiente chiarezza sui modi, i tempi e i costi della piena attuazione". E alla mancata attuazione della riforma la docente di filosofia non vuole neanche pensare e ricorda che la prima proposta di riforma della secondaria è stata presentata nel 1948 dall'allora ministro dell'istruzione Gonella. "Non ci sono alternative rispetto al mantenimento degli attuali ordinamenti - sentenzia Luisa Ribolzi -. Tuttavia si sta lavorando alacremente e in modo non formale alla messa a punto di un decreto che tenga conto delle osservazioni emerse durante l'ampia e lodevole opera di consultazione attuata dal ministro. Credo che, a parte i contenuti, si dovrebbe utilizzare quest'ultimo anno per un capillare lavoro nelle scuole, che le aiuti a supportare le molte innovazioni in atto, e chiarisca agli insegnanti, anche grazie ad un'informazione corretta e capillare, quali sono le effettive innovazioni introdotte dalla riforma, che cosa possono fare e quali aiuti sono disponibili".
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