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Autonomia economica modello 5x1000

Renzi: servono bilanci trasparenti

24/02/2015
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ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Dal 2016 autonomia economica alle scuole. Ma i bilanci devono essere trasparenti. L'annuncio arriva direttamente dal premier Matteo Renzi, domenica, al convegno sulla Buona Scuola organizzato dal Pd a Roma per un anno del suo governo. «Daremo autonomia alle scuole in futuro, spero dal 2016, anche dal punto di vista economico», spiega Renzi, «stiamo mettendo appunto un meccanismo serio, sul modello del 5x1000, nel quale ciascun genitore e cittadino nella dichiarazione dei redditi indica la singola scuola. A condizione», aggiunge, «che la scuola abbia un bilancio trasparente». «Un meccanismo che – sottolinea - sta funzionando per il volontariato, dove le richieste sono in overbooking, e che dovrà essere pensato per la cultura e la scuola». Un meccanismo che si andrebbe ad affiancare al contributo volontario che i genitori già danno alla scuola del figlio al momento dell'iscrizione e che non verrebbe eliminato. Un meccanismo che, inoltre, guardando all'esperienza del 5x1000, pone una serie di interrogativi.

Le scuole, con il contributo volontario, possono contare su soldi immediatamente disponibili e facilmente stimabili. Cittadianzattiva nel 2013 ha quantificato, per la prima volta, in circa 390 milioni di euro i finanziamenti che gli istituti ricevono annualmente dalle famiglie sotto forma di contributo volontario o donazioni di materiali e beni da parte delle famiglie, senza i quali non potrebbero tirare avanti. Quasi la stessa cifra, 391milioni, che nel 2012 le circa 33mila realtà del non profit si sono spartite dal meccanismo del 5x1000, con cui ciascun contribuente decide di donare i propri soldi in proporzione al suo reddito al volontariato o agli enti ricerca scientifica o alle attività sociali dei comuni o alle società sportive dilettantistiche. Nel meccanismo ora dovrebbero entrare anche le scuole. Con il rischio di una guerra tra poveri per accaparrarsi i fondi. Ma anche con le scuole che, ultime arrivate, partono in forte svantaggio. Infatti, gli italiani finora hanno preferito il terzo settore, a cui destinano i 2/3 dell'interno 5x1000, seguito dagli enti di ricerca. Molto dopo si trovano i comuni, che raccolgono 10 volte in meno rispetto alla ricerca. La maggior parte dei soldi finisce sempre nelle casse dei gruppi più grandi e meglio organizzati. Chi guadagna di più è chi ha i donatori più ricchi. Altro problema, i tempi lunghi prima di vedere i denari: «Passano anche 2 o 3 anni», sottolinea Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore.


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