Autogoverno delle scuole e rappresentanza. Indietro tutta?
di Antonio Valentino
Il nuovo testo unificato
Il 6 agosto scorso la 7a Commissione ha proseguito, l’esame - già iniziato in sede legislativa il 7 giugno - del testo unificato “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali”.
In tale seduta, la Commissione ha deliberato di adottare, per il seguito della discussione, lo stesso testo base di fine marzo, con alcuni emendamenti. Ha anche fissato al 10 settembre il termine per la presentazione di emendamenti al testo unificato. Da marzo, come è noto, si sono susseguite analisi critiche, prese di posizione, proposte emendative da parte della Conferenza delle Regioni, di associazioni professionali, di persone di scuola. Alla fine di luglio è arrivato anche il ‘parere’ del CNPI.
Si è notato in questi mesi il silenzio assoluto - che continua - del Ministro, evidentemente convinto che il tema non sia ‘cosa sua’. Capita quando professori universitari, pur stimati nel loro campo, diventano ministri.
A leggere il testo unificato del 6 agosto, si evince che la Commissione ha ritenuto di non farne niente del dibattito seguito alla prima pubblicazione di fine marzo. Qualcuno dice per le vacanze alle porte, qualche altro per il caldo estivo. Comunque ignoriamo a tutt’oggi la vera causa.
Pertanto gli emendamenti che si registrano sono relativi a due soli punti.
Il primo volto a ribadire che ai componenti del Nucleo di autovalutazione e ai componenti del Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche “non sono riconosciuti indennità, compensi, rimborsi, spese o emolumenti comunque denominati” . Non poteva bastare l’articolo 11 che enuncia a chiare lettere che la riforma è a costo zero? (Quando i ‘ripetita’ sono segnali di ‘accanimento’ insensato.)
Il secondo, ben più ‘pesante’- inserito a seguito di esplicita richiesta da parte della Conferenza delle Regioni - relega nella sfera delle possibilità la istituzione, da parte delle Regioni, della Conferenza regionale e di quelle di ambito territoriale (art. 11).
Che fine fa la rappresentanza delle scuole autonome?
Così, col nuovo testo, le Regioni ‘possono istituire’ - e non: ‘istituiscono’, come si leggeva nel testo precedente - la Conferenza regionale del sistema scolastico. La stessa scelta è ripetuta anche per le Conferenze di ambito territoriale, che, pure, sono indicate come “il luogo del coordinamento tra le istituzioni scolastiche, gli Enti locali, i rappresentanti del mondo della cultura, del lavoro e dell’impresa di un determinato territorio”. Come dire: è una misura necessaria, ma se ne può fare a meno. Quando si dice: parlar chiaro
Probabilmente la richiesta della Conferenza delle Regioni è coerente con dettato costituzionale, quale risulta dalla Riforma del titolo V del 2001. Solo che la nuova formulazione di fatto crea un guazzabuglio destinato a minare alla base ogni idea di una governance regionale e territoriale vincolante a livello nazionale. Con rischi pesanti per l’unitarietà del sistema e la sua governabilità
È evidente che in questo modo viene meno una delle ragioni più profonde che danno senso all’insieme del provvedimento legislativo. Se una fondamentale ragion d’essere della riforma è quella di incardinare le singole autonomie scolastiche in una nuova governance territoriale (obiettivo: superare autorefenzialità e separatezze e logiche fallimentari dell’autonomia “fai da te”), il nuovo testo unificato sembra sancirne l’affossamento.
Nessuno può pensare che la Commissione non si sia posta interrogativi al riguardo.
Proviamo a esplicitarne il senso con una domanda forse ‘sprovveduta’: cosa impedisce che in sede di Conferenza Stato - Regioni si possa arrivare ad un testo condiviso, tale da permettere il recupero dell’impianto iniziale?
Probabilmente una maggiore trasparenza del dibattito dentro la Commissione avrebbe permesso di capirne di più anche sul totale silenzio calato sul dibattito relativo al testo unificato.
Emendamenti ancora possibili. Per finta?
Qui si vuole benevolmente pensare che l’analisi degli emendamenti - e comunque delle proposte di chiarimento e quelle relative ad una fattibilità efficace della riforma - sia rinviata a dopo il 10 settembre prossimo venturo, come deciso nella riunione del 6 agosto.
Ma è questa stessa scadenza che pone interrogativi di non poco conto.
Già la scelta di non portare in aula la discussione sul testo può essere letta come segno di scarsa considerazione verso una riforma che andrebbe invece vista come leva per superare ambiguità , vischiosità e debolezze del sistema scuola. La decisione poi di fissare una data di scadenza così ravvicinata nel tempo per la presentazione degli emendamenti – e proprio all’inizio del nuovo anno – non può che essere letta come segno di sottovalutazione del contributo che può venire, sul testo concordato, dalle varie articolazioni del pianeta scuola.
Questione aperta: DS e organi collegiali. Convivenza impossibile?
Alcune considerazioni infine su una questione affrontata da Stefano Stefanel nel suo ultimo stimolante contributo sull’argomento (“Governare la scuola” del 10 agosto).
Sostiene Stefanel (all’interno di considerazioni in larga parte condivisibili) che questa riforma porterà con sè “proteste, sit-in, contestazioni, accanimenti terapeutici sugli Organi collegiali Anni Settanta, passi indietro, decreti esplicativi, ricorsi, ecc.”. E ritiene che “Tutto potrebbe essere semplificato se si avesse il coraggio di dire cosa si vuole fare della figura del dirigente scolastico: finché c’è questa figura e rimane inalterato l’art. 25 del d.lgs 165/2001 l’organo collegiale per sua natura è debole, verboso, azionatore di perdite di tempo.”.
Non so se la scuola oggi è in grado di organizzare “proteste, sit-in, ecc”. io vedo semmai un pericolo inverso. Che la legge riesca a passare - forse con qualche fuoco fatuo e qualche ritocco, probabilmente peggiorativo – senza che niente cambi e che tutto alla fine prosegua come adesso.
Il gattopardismo è – si sa - il gene segreto delle istituzioni italiche. E innovazione e miglioramento sono parole di un vocabolario che ci piace solo sfogliare, ma non far vivere.
Né convince l’idea – che nell’articolo si ventila, se ne ho capito bene il senso - di azzerare l’art. 25 del d.lgs 165/2001, per ritornare alla vecchia figura di preside.
Non riesco a vedere come il profilo del DS, come lì è delineato, possa significare debolezza se non vacuità degli OOCC. La debolezza degli organi collegiali è piuttosto, a mio avviso, la debolezza del sistema scuola per come è stato ridotto per le ragioni che sappiamo: mancanza di ‘visione’, scarsi investimenti e incapacità di affrontare nelle sue cause i suoi problemi strutturali (a partire dal precariato, dalla formazione e dallo sviluppo professionale, da modalità organizzative centrate sull’inclusione e la responsabilità rispetto agli esiti).
Il citato decreto 165 – che informa sostanzialmente anche la proposta di legge sull’autogoverno - non mi sembra sposi una filosofia leaderistica del DS – tale da rendere insignificanti gli OOCC; e, se di poteri autonomi in esso si parla, questi riguardano prevalentemente, come sappiamo, funzioni di coordinamento, valorizzazione delle risorse professionali, di gestione unitaria dell’IS.
D’altra parte, la crisi degli OOCC data ben prima della istituzione della Dirigenza Scolastica.
Le novità di questa riforma, volendo focalizzarci sul DS, riguarda l’allargamento dei poteri di gestione ( “sotto la propria responsabilità, [il DS] gestisce le risorse umane, finanziarie e strumentali”). Formula che indubbiamente innova rispetto al d.lgs165.
Ma questo significa togliere incisività agli organi collegiali? È difficile crederci. Penso che neanche con il Decreto Brunetta si possa dire che, nelle scuole, il potere sia dei dirigenti. Non c’è questa percezione nel mio vissuto professionale.
Sappiamo che la possibilità di incidere in profondità sulle cose di qualità, sulle pratiche che contano nelle nostre scuole (relazione educativa, didattica attiva, sviluppo professionale, lavoro in team, corresponsabilità rispetto al funzionamento, responsabilità rispetto agli esiti) , non sono i poteri autonomi a dartela, né tanto meno il decreto Brunetta. Sono ben altre le leve che al riguardo si richiedono (considerazione sociale, selezione accurata del personale, formazione continua, leadership diffusa).
Allargare il discorso?
D’altra parte, queste cose non si possono richiedere al testo di riforma in esame. Però quello che si può chiedere, più che la ‘retrocessione’ del DS a preside (che aumenterebbero le incertezze e le disfunzioni di oggi), è una più attenta chiarificazione della funzione di gestione del DS (che non può essere declinata in termini solimpsistici - perdonate il termine -) e una più forte sottolineatura dell’autonomia professionale e delle responsabilità personali e collegiali dei docenti nell’autogoverno delle scuole.
Comunque questo testo di riforma, sia introducendo il Nucleo di autovalutazione e la Conferenza di Istituto (come appuntamento annuale di rendicontazione), sia collocando l’autogoverno delle scuole nella più ampia governance territoriale, può probabilmente indurre a rendere più trasparente e ‘responsabile’ (nella sua accezione etimologica) il lavoro di DS e Docenti..
Certamente, in ogni caso, il DS diventa una figura chiave nei processi dell’autogoverno delle scuole. Una migliore messa a fuoco del suo profilo diventa pertanto necessaria. Nella consapevolezza però che tutto questo non può prescindere dall’idea di scuola che coltiviamo e di quali valori vogliamo che essa si faccia portatrice traducendoli nella quotidianità.
Ma qui il discorso rinvia ai ragionamenti che da più parti si stanno facendo negli ultimi anni sui temi della leadership ‘diffusa’ ‘centrata sull’apprendimento’ e sul necessario equilibrio tra questa e i compiti di direzione, che, soprattutto, rinviano agli ‘autonomi poteri’ del DS.
Penso possa essere questo il quadro di riferimento valoriale entro cui leggere coerentemente le norme del testo unificato ai fini di un loro miglioramento. E cercare di dare ad esse le gambe e il contesto per camminare.
Comunque, se di questa legge si parlasse di più in temini in termini preferibilmente propositivi e la Commissione Cultura si aprisse ad un dialogo costruttivo con aree interessate del mondo della scuola, probabilmente ci sarebbe qualche speranza in più che qualcosa cambi nella direzione giusta. O no?