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Scuola, il Tesoro frena sulle assunzioni

Resta comunque da precisare quanta parte delle eventuali nuove assunzioni andrà a compensare uscite per pensionamento e quanta parte invece servirà ad assorbire effettivamente gli attuali precari.

28/08/2014
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Il Messaggero

NODI
ROMA La pratica è sulla scrivania del presidente del Consiglio oltre che - naturalmente - su quella del ministro della Pubblica istruzione. Ma come tutti i provvedimenti deve essere prima o poi visionato dal ministero dell’Economia, a cui spetta valutare gli effetti per le casse dello Stato. E a Via Venti Settembre i dubbi sull’idea di assumere centomila insegnanti - come parte qualificante della riforma della scuola da esaminare domani - ci sono tutti. In questi giorni in cui si avvia il lavoro per la definizione della legge di Stabilità lo sforzo del Tesoro è duplice: da una parte si tratta di presidiare i conti del 2014 per evitare possibilità di sforamento rispetto al limite del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil. Dall’altra di impostare il bilancio degli anni successivi, con un occhio alle priorità da finanziare e l’altro al percorso di risanamento da portare avanti anche in un quadro macroeconomico più difficile.
DETTAGLI DECISIVI
In un contesto del genere trovare ulteriori risorse è quanto mai complicato. Per questo il dossier scuola viene seguito con la massima attenzione. I costi ipotizzati dal Miur per il piano triennale di assunzioni si aggirano sui 600 milioni, ma molto dipenderà dal dettaglio del provvedimento. Perché è vero che già oggi lo Stato spende per i supplenti precari, e dunque almeno una parte delle retribuzioni dei futuri docenti stabilizzati corrisponderebbe ad erogazioni comunque dovute; è anche vero però che un contratto a tempo indeterminato rappresenta una garanzia per l’interessato ma allo stesso tempo un onere permanente per il bilancio pubblico, da qui agli anni a venire. E questo indipendentemente dai futuri sviluppi demografici (ci sono stime che prevedono 60 mila alunni in meno da qui al 2020) ed organizzativi, per cui ad esempio tra qualche anno determinate materie potrebbero essere meno richieste di quanto non siano adesso. Secondo una recente valutazione del Mef, il costo annuale lordo di un docente (per le posizioni stipendiali iniziali) è di 33 mila euro. 
Resta comunque da precisare quanta parte delle eventuali nuove assunzioni andrà a compensare uscite per pensionamento e quanta parte invece servirà ad assorbire effettivamente gli attuali precari. Per capire come la situazione sia complessa è utile anche ricordare quel che è avvenuto nel passato anche recente sul fronte dei rapporti con il ministero dell’Economia: da ultimo con l’alt imposto da Via Venti Settembre alla proposta approvata alla Camera di mandare in pensione i docenti bloccati dalla riforma Fornero (la cosiddetta quota 96). In quella occasione la Ragioneria generale dello Stato aveva messo pesantemente in discussione i conteggi fatti in Parlamento. La parola quindi è al presidente del Consiglio che nei giorni scorsi ha promesso di stupire.
Luca Cifoni


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