Università, Bussetti: 100 milioni in più dal 2020. E l’anno prossimo? Niente
Il ministro dell’Istruzione auspica che «nel corso dell’esame parlamentare si possano trovare dei soldi». Ma per il momento nella Legge di Bilancio è scritto che il Fondo di finanziamento ordinario nel 2019 non aumenterà di un euro
Orsola Riva
Fa una certa impressione vedere scritto nero su bianco che per l’università italiana nel 2019 sono previsti 0 (zero) euro in più. Ma tant’è. Nello stato di previsione del Miur per il triennio 2019-2021, il fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO) resta fermo un giro. Come quando a Monopoli finisci per sbaglio in prigione. Ripartirà dal 2020 con 100 milioni in più e altrettanti nel 2021 e negli anni successivi. E nel frattempo? Nel frattempo - suggerisce il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti - incrociamo le dita. «Auspico che nel corso dell’esame parlamentare possano essere individuate risorse per anticipare l’incremento già per l’anno 2019 e che sia parimenti previsto un adeguato incremento del Fondo Ordinario Enti di Ricerca», ha detto il ministro leghista in audizione alla VII Commissione alla Camera.
Battuta d’arresto
E’ la prima volta dal 2015 che il FFO non cresce rispetto all’anno precedente. Dopo la cura da cavallo imposta dal ministro Tremonti (tagli da quasi un miliardo e 10 mila ricercatori persi per strada), i governi Letta-Renzi-Gentiloni avevano risalito lentamente la china. L’anno scorso vi era stata un’impennata di 350 milioni, andati in gran parte ai cosiddetti dipartimenti di eccellenza (281 milioni) e all’una tantum per i prof come risarcimento per il blocco quinquennale degli scatti stipendiali (altri 50 milioni). Si era così arrivati a quota 7,3 miliardi: un incremento importante anche se non sufficiente, visto che l’università italiana soffre di un sotto finanziamento cronico rispetto agli altri Paesi europei (in rapporto al Pil i francesi spendono una volta e mezza e i tedeschi quasi il doppio). Vero è che nella legge di Bilancio vengono stanziati 20 milioni nel 2019 e 70 nel 2020 per l’assunzione di mille ricercatori ma l’anno scorso erano stati 1.300 i nuovi assunti e comunque siamo ancora ben lontani dai livelli di partenza.
Fabbisogno vincolato
Se da un lato il ministro auspica che dalla discussione in aula riescano a saltar fuori dei soldi in più da mettere nell’università, dall’altro ha difeso un articolo della legge di Bilancio che a partire dal 2019 vincola il fabbisogno universitario entro limiti molto angusti: l’aumento da un anno all’altro non potrà mai superare i limiti del tasso di crescita del Pil reale (che il governo stima attorno all’1,5 per cento mentre secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio si fermerà all’1,3). «L’articolo 78 - ha spiegato Bussetti - rimedia a un vuoto normativo riguardo alla determinazione del fabbisogno finanziario delle Università, che altrimenti non avrebbe più avuto una disciplina di riferimento a decorrere dal 2019. Si tratta di un’operazione indispensabile per la corretta tenuta dei conti pubblici».
E la ricerca?
Né le cose sembrano andar meglio per la ricerca, settore che un’economia avanzata come la nostra (e una manovra espansiva come quella attuale, che innalza il deficit al 2,4 per cento del Pil) dovrebbe considerare strategico per la crescita. E invece allo stato, ammette candidamente Bussetti, di soldi non ce n’è, ma chissà che anche in questo caso dal passaggio in Parlamento non possano saltar fuori dei soldi «per un adeguato incremento del Fondo Ordinario Enti di Ricerca», che per il momento però resta inchiodato a 1,7 miliardi. Né purtroppo si hanno notizie di quei 400 milioni stanziati dal governo Gentiloni per la ricerca di base (prelevando 250 milioni dal tesoretto dell’Iit di Genova e aggiungendone altri 150 di tasca del Miur).