Atenei, un test di valutazione per tutte le matricole
Non serviranno a mettere in moto la macchina implacabile del numero chiuso, lasciando fuori chi non è abbastanza bravo. Ma a dare allo studente qualche utile consiglio sul suo futuro, a dirgli se per quella facoltà è tagliato oppure no
È ancora presto per sapere se bisognerà prepararsi pure sulla grattachecca della sora Maria, come capitò l'anno scorso agli aspiranti infermieri della Sapienza. Ma presto tutti gli studenti che si vogliono iscrivere all'università dovranno sottoporsi ad un test, una serie di domande a risposta multipla. Non serviranno a mettere in moto la macchina implacabile del numero chiuso, lasciando fuori chi non è abbastanza bravo. Ma a dare allo studente qualche utile consiglio sul suo futuro, a dirgli se per quella facoltà è tagliato oppure no. Lasciandogli comunque la possibilità di iscriversi, anche se il risultato dovesse essere da ultimo della classe. Li chiamano test di autovalutazione, qualche università già li offre sul proprio sito internet. Ma nei piani del ministero dell'Istruzione dovrebbero diventare obbligatori per tutte le matricole se non dal prossimo anno accademico almeno da quello successivo. La norma doveva entrare nel decreto legge sulle semplificazioni approvato la settimana scorsa. Poi è stata tolta anche perché la discussione si è incagliata sulla questione del valore legale del titolo di studio. Ma il ministro Francesco Profumo vuole inserirla nel nuovo decreto al quale sta lavorando il governo, dedicato questa volta ai giovani.
Perché un test del genere? Oggi può capitare che chi è tagliato per fare l'ingegnere finisca per fare l'avvocato, chi sarebbe un bravissimo fisico si iscriva a lettere. I test di autovalutazione servono proprio a questo, a fare in modo che chi è tagliato per fare l'ingegnere faccia l'ingegnere, e così via. Non è solo una questione di aspirazioni personali, pure importanti perché la stoffa aiuta sempre. L'idea è che solo così possono essere distribuite al meglio le intelligenze e le capacità degli studenti italiani. Oggi un ragazzo su cinque abbandona l'università dopo il primo anno, 60 mila intelligenze sprecate ogni volta anche perché non avevano preso la strada giusta. Non perdere quei ragazzi fa parte di quell'attività di orientamento che è sempre mancata alla scuola e all'università italiana. E che potrebbe sviluppare al meglio quel capitale umano così importante per la crescita del Paese. È ancora presto per sapere come funzioneranno nel dettaglio i nuovi test. Saranno tagliati su ogni singola facoltà, proprio per individuare al meglio le capacità necessarie per ciascun corso. E dovrebbero essere fatti in giorni diversi a seconda della facoltà, per consentire agli studenti di tentare una strada diversa in caso di risultati poco brillanti.
Sempre nel decreto giovani ci dovrebbero essere altre due novità sui test universitari, che però riguarderanno solo le facoltà a numero chiuso come Medicina e Veterinaria. Sarà rafforzato il principio del punteggio minimo: chi entra dovrà prendere almeno 20 punti su un massimo di 80. Di fatto la norma riguarda solo gli studenti stranieri che in passato, grazie alle quote riservate per alcune nazioni, riuscivano ad entrare anche con una preparazione nulla o senza sapere l'italiano. C'era già un regolamento che adesso viene trasformato in legge per sbarrare la strada ai ricorsi al Tar visto che le prime sentenze favorevoli agli esclusi sono già arrivate. La seconda novità riguarda i posti riservati agli stranieri che, proprio con il meccanismo del punteggio minimo, non venivano assegnati. Non un dettaglio, a settembre sono stati quasi 900. Saranno assegnati automaticamente agli studenti italiani e comunitari rimasti fuori dalla graduatoria.
Lorenzo Salvia
lsalvia@corriere.it