Atenei, la responsabilità è dell'Anvur non dell'Europa
Stefano Semplici Università Tor Vergata
SONO PASSATE DUE SETTIMANE DA QUANDO, INSIEME ALL'AMICO GIOVANNI SALMERI, HO DECISO DI TENTARE DI DAR VOCE ALLA SOFFERENZA ormai insopportabile dei tanti colleghi che amano l'università e cercano di fare onestamente il loro lavoro. È per questo che abbiamo detto il nostro «ora basta!» al supplizio burocratico che aggiunge al danno del taglio senza fine delle risorse la beffa della tesi che togliendo soldi e aggiungendo moduli, schede e dichiarazioni si fa crescere la qualità. L'ampiezza del consenso che abbiamo ricevuto dimostra che avevamo ragione. Le parole con le quali il presidente dell'Anvur ha risposto ad una lettera del presidente della Conferenza dei rettori e all'articolo pubblicato da Claudio Sardo su l'Unità non possono che rafforzare il lettore nella convinzione che non ci sono argomenti per difendere il diluvio di adempimenti totalmente inutili dal quale siamo sommersi. Non è un buon argomento l'affermazione che l'obiettivo da noi perseguito è quello di dipingere il processo di valutazione «come un freno alla buona riuscita delle attività accademiche». Ho sempre sostenuto il contrario e proprio per questo mi oppongo ad una valutazione che si concentra in modo ossessivo sul rispetto di procedure che neppure gli addetti ai lavori sono più in grado di seguire e comprendere anziché sui comportamenti e sui risultati che tutti sono in grado di vedere e apprezzare. Critichiamo questi meccanismi perversi perché vogliamo più trasparenza, più efficienza e, in ultima analisi, più ragionevolezza, non perché abbiamo paura di essere giudicati. I filosofi di Tor Vergata e i 100 presidenti di corso di studio dell'Università di Padova che hanno dato inizio a questa protesta insieme ferma e civile rappresentano realtà che proprio l'Anvur, attraverso il progetto di valutazione della qualità della ricerca 2004-2010, ha riconosciuto ai vertici delle graduatorie nazionali. Io credo che queste classifiche debbano essere lette con molta cautela e che anche queste procedure abbiano bisogno di importanti correzioni. Nessuno può però alimentare anche solo il sospetto che parliamo mossi da rancore e frustrazione. Ancora più grave e triste è il tentativo di scaricare sull'Europa la responsabilità di quanto è accaduto. Le Linee guida evocate da Fantoni puntano a favorire «una maggiore coerenza nelle procedure di assicurazione della qualità in tutto lo Spazio europeo dell'istruzione superiore». Si tratta anche in questo caso di un obiettivo importante e che non può che essere condiviso. Per restare al tema della qualità dei docenti, questo testo Ci opponiamo a una valutazione concentrata solo sul rispetto delle procedure invita le istituzioni ad «accertare che i docenti siano qualificati e competenti» e i docenti ad «essere disponibili a sottoporsi a valutazioni esterne e ad accettarne le conclusioni». Chiedo al presidente dell'Anvur di spiegare perché corrisponda ad un inderogabile vincolo europeo il requisito per la qualificazione dei docenti e della ricerca così definito: «Per quanto riguarda la qualificazione della docenza, verranno utilizzati i risultati della Vqr riferiti alle varie aree o dipartimenti generando un fattore correttivo (kr) per cui moltiplicare Did (quantità massima di didattica assistita erogabile a livello di sede) ottenendo così la quantità massima di didattica assistita erogabile corretta in funzione della qualità della ricerca: Did(r) = Did x kr». Avrei preferito qualche indicazione in più sul modo in cui le università saranno tenute a garantire che i loro professori si presentino puntualmente in aula a fare lezione e rispettino il loro orario di ricevimento. L'Europa, in ogni caso, non ha colpe. Per questo è più facile rimediare e abbiamo avanzato proposte concrete per dare un primo segnale forte di svolta. Questa dovrebbe anche essere la volontà di un governo che ribadisce ogni giorno la sua volontà di usare tutti gli strumenti a sua disposizione per disboscare la selva oscura della burocrazia inutile. Finora non abbiamo visto nulla. È al presidente del Consiglio (che dell'università, ancora, non ha mai parlato) e al ministro Giannini che tocca fare qualcosa. È a loro che lo chiediamo e non lasceremo che nascondano la loro responsabilità sotto qualche lontano tavolo europeo.