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Atenei corrotti? I nostri in fuga per i pochi fondi

parlando di università e ricerca, non bisogna cadere nel classico equivoco di fare di tutta l’erba un fascio.

26/09/2016
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Corriere della sera

di Giuseppe Mingione *

F a bene Raffaele Cantone a segnalare i fenomeni di corruzione all’interno dell’Università; essi vanno scovati e combattuti in accademia, come in tutto il resto della società italiana, dove la corruzione è di fatto endemica. Tuttavia, parlando di università e ricerca, non bisogna cadere nel classico equivoco di fare di tutta l’erba un fascio. Abbiamo in Italia tantissime eccellenze scientifiche di livello mondiale che, con i loro gruppi, svolgono il loro lavoro in condizioni possiamo ormai dire eroiche. Queste per-sone non meritano di essere accomunate nei discorsi generici che si dipanano nei media, va loro riservato maggior rispetto e attenzione. Un rapido esame del-le banche dati di riferimento internazionale restituisce la visione di un paese che riesce ancora ad essere straordinariamente competitivo nei settori delle cosid-dette scienze dure (Biolo-gia, Fisica, Matematica etc), che possono essere misura-ti bibliometricamente. Questi dati ci dicono che, almeno in questi settori, non può esserci solo corru-zione se la perfomance è così buona, ma che, al con-trario, non ce ne deve essere molta. Siamo invece in presenza di una comunità scientifica ancora vivissima e attiva, che fa di tutto per rimanere tale, contro ogni avversità. Tutto questo no-nostante il sottofinanzia-mento della ricerca e il mo-desto numero di ricercatori che abbiamo in Italia (per mille abitanti, circa la metà di Germania e Usa, un terzo dei Paesi scandinavi etc). Dove cercare allora le cause primarie della cosiddetta fuga dei cervelli? Esse sono classiche e ben note: la drastica riduzione del nu-mero di posizioni disponibili (il sistema universitario italiano si è contratto di circa il 20% negli ultimi dieci anni, unico caso al mondo). Ancora, la non competitività delle retribu-zioni, e, ovviamente, gli scarsissimi finanziamenti. È di pochi giorni fa l’assegnazione dei fondi per la ricerca di base: solo 90 milioni in tre anni, che vuol dire poche centinaia di euro all’anno a ricercatore. Solo il 6% circa di progetti finanziati e con cifre insuf-ficienti e da molti ritenute offensive. Se non ci sono posti, e con questi numeri, non si può che scappare, corruzione o meno.

(* Matematico, profes-sore dell’Università di Parma)


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