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Asili nido: al sud sono pochi. Rapporto Ires-Cgil su servizi infanzia

Asili nido: al sud sono pochi. Rapporto Ires-Cgil su servizi infanzia L'Italia viaggia a due velocità anche per quanto riguarda i diritti dei bambini da 0 a 6 anni. Infatti, se al centro nord ...

27/05/2005
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Asili nido: al sud sono pochi. Rapporto Ires-Cgil su servizi infanzia
L'Italia viaggia a due velocità anche per quanto riguarda i diritti dei bambini da 0 a 6 anni. Infatti, se al centro nord si ha una generale copertura dei servizi offerti ai bambini, al sud si registra una forte assenza di asili nido sia pubblici che privati. E se si fa un rapporto tra il numero di iscritti nei nidi pubblici per i bambini da 0 a 2 anni si registra una media di piccoli iscritti pari ad appena il 6% della popolazione. Con una flessione di posti nelle regioni meridionali.
Nel rendere noto oggi a Roma, un rapporto intitolato "Da 0 a 6" anni. I servizi per l'infanzia" Ires - Cgil ha evidenziato come solo 10 regioni centro settentrionali possiedano un'incidenza intorno al 10% mentre nelle regioni del sud, nel Friuli Venezia Giulia e nel Veneto la ricettività media sia pari all'1,7%. Sempre secondo l'Ires le isole registrano valori più alti: 4,7% in Sicilia e 5,7% in Sardegna.

La ricerca dell'istituto della Cgil evidenzia anche che circa 1 bambino su 4 nel nostro paese non trova posto nei nidi pubblici, mentre al centro e al nord, dove i tassi d'iscrizione ai nidi pubblici sono più alti, è maggiore il numero di domande presentate agli istituti non soddisfatte.

"Insomma è l'offerta - evidenzia Agostino Megale, presidente dell'Ires a sollecitare l'espressione della domanda". Il rapporto inoltre, individua alcuni punti critici quali: gli orari rigidi e insufficienti per le esigenze della famiglia, in quanto il 64% dei nidi pubblici e privati resta chiuso per circa 2-3 mesi l'anno, mentre quelli privati sono aperti per più ore al giorno; si registrano anche lunghe liste d'attesa per l'iscrizione dei bambini (i picchi massimi si hanno in Friuli Venezia - Giulia, in Lombardia, nel Veneto, in Liguria, nel Lazio e in Campania). Un altro elemento negativo evidenziato dalla ricerca è quello delle tariffe troppo alte rapportate al reddito dei lavoratori.

E come accadeva nel passato sono ancora i nonni, (54,5%) a fare da baby sitter ai nipoti. Un'indagine Istat e Cnel, sulla quale l'Ires ha fatto poi delle elaborazioni, parla di solo 12,1% di bambini iscritti al nido pubblico e un 10,3% in quello privato. Solo l'11% sta con i genitori e l'8,9% trascorre il proprio tempo con una baby sitter privata.

Sempre riguardo alla scuola dell'infanzia il rapporto dell'Ires prevede nel 2010 una crescita diffusa della popolazione di età tra i 3 e i 5 anni, tanto per rendere necessario aumentare il livello delle strutture a disposizione. La ricerca dell'istituto della Cgil tiene conto anche del rapporto con alcuni paesi europei. In Svezia la spesa per gli asili nido è pari all'83%, nel Regno Unito è del 73%, in Germania del 50%, in Italia di appena il 32%.

La Cgil, da parte sua, rilancia, a margine del convegno, l'idea di "patti territoriali per l'infanzia", capaci di uscire dalla logica dei servizi a domanda individuale "per entrare nella logica del diritto". Riconoscendo al nido un ruolo importante, un servizio educativo a tutti gli effetti. Per questo il sindacato chiede che le regioni e i comuni coordinino l'offerto formativa e garantiscano un'adeguata risposta sia in termini qualitativi che quantitativi a quelli che sono i bisogni dei cittadini senza escludere nessuno ma considerando importanti anche le esperienze private.

Per la Cgil, dunque, "è necessario che i servizi di istruzione siano orientati verso i cittadini-bambini, superando quell'ottica per la quale i servizi per l'infanzia dovevano partire da bisogni primari di madri-lavoratrici, delle famiglie oppure come sostegno indiretto al salario".

E' necessario per la Cgil - ha detto Guglielmo Epifani, segretario generale della confederazione - riconoscere che in alcune regioni e comuni sono state fatte scelte ben precise di investimento nelle politiche per l'infanzia, ma in altre occasioni, per colpa del Governo che ha ridotto le risorse per lo stato sociale, abbiamo corso il rischio di un abbassamento nella qualità dei servizi, a volte anche molto significativo".


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