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Argomenti L’”amico” del premier e la riforma del MiBACT. Marco Carrai sulle politiche del patrimonio e del turismo

Delinea una politica della comunicazione unilateralmente orientata al turismo e al marketing del patrimonio artistico e ambientale

25/05/2014
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ROARS

Non avessimo motivo di preoccuparci delle propensioni autoritarie di Matteo Renzi, dovremmo comunque temere i propositi sbrigativamente commerciali, in termini di arte, cultura, patrimonio, di parte dell’élite politica, industriale e finanziaria del paese.

Per chi voglia farsi un’opinione non preconcetta, poggiante su evidenze e non su grida, i dettagli soccorrono. Introduciamo una breve storia.

“Amico”, supporter, tessitore diplomatico, finanziatore del premier, Marco Carrai è senza dubbio tra le persone più vicine a Matteo Renzi.

Proponendosi come editorialista del Sole 24Ore, dove si qualifica come presidente di Cambridge Management Consulting Labs, Carrai non sembra oggi nutrire alcun dubbio o esitazione sull’opportunità del suo ruolo di commentatore politico, economico e culturale (o “influencer“, come lui direbbe). Al contrario.

In occasione del suo ultimo intervento, Carrai suggerisce al MiBACT una direzione di autoriforma in senso spiccatamente commerciale. Non solo. Delinea una politica della comunicazione unilateralmente orientata al turismo e al marketing del patrimonio artistico e ambientale. È un semplice imprenditore a caccia di affari? Purtroppo no. Non è solo questo. Stupisce che non si avverta l’indebita pressione esercitata sulle politiche governative in tema di patrimonio – perché di questo si tratta – o il potenziale conflitto di interessi di un Grande Elettore che si candida a ministro ombra dei Beni culturali. Si scrive Franceschini ma si pronuncia Carrai? Inevitabile porre la domanda.

Cambridge Management Consulting Labs è una società costituita da Carrai nell’estate del 2012 con capitale sociale di 10 mila euro: non molti per un ambizioso “laboratorio” di consulenza transoceanica (il capitale è stato poi accresciuto, sia pure in misura modesta). In omaggio a un nome tanto ponderoso, la web page si apre con un’immagine del MIT, anche se la società ha sede a Firenze e succursali a Milano, Roma e Tel Aviv. Cambridge Management Consulting Labs si è di recente aperta a nuovi soci. Nel consiglio di amministrazione siede oggi Marco Bernabé, figlio dell’ex amministratore delegato di Telecom. E’ evidente, da questa semplice scheda anagrafica dell’azienda, che Carrai non vanta competenze complesse o score prestigiosi nei settori del patrimonio o del turismo. Il titolo a commentare gli è riconosciuto sulla base delle sue relazioni politiche.

Cosa propone Carrai, sia pure in modo involuto e con una quantità sconveniente di anglismi commerciali provinciali e subalterni? Propone che il MiBACT si trasformi in una sorta di Istituto del commercio interno, per così dire, o di piattaforma per le prenotazioni online. Che appalti a analisti privati il trattamento dei Big Data in tema di #Italia, #turismo, #patrimonio (analisti tra cui, osserviamo, potrebbe ben rientrare la società di cui è presidente, Cambridge Management Consulting Labs). Che crei infine “architects” [sic] del business turistico.

Esistono voci discordi sulle politiche del turismo, sensibilità diverse e esigenze diverse sul modo in cui “valorizzare” il patrimonio. Indifferente a norme di civismo argomentativo, Carrai non tiene in minimo conto le opinioni contrarie. Gli preme supportare un unico punto di vista.

A molti potrebbe apparire sconveniente che il MiBACT, dunque lo Stato italiano, investa le poche risorse disponibili nella promozione di un’infrastruttra privata e non nella tutela del patrimonio. Il vantaggio sarebbe di pochi: titolari di concessioni e licenze turistiche, proprietari di alberghi e ristoranti, etc. Così contestualizzata, la proposta appare un indebito potenziamento dello statu quo e delle economie di rendita. Risulterebbe sperequativa, estranea all’interesse generale e per di più finanziata dal denaro pubblico.

Immagino che Carrai rigetti le implicazioni antidemocratiche del suo stesso argomento, e che in seguito ci potrà sorprendere mostrandosi più attento alle connessioni tra educazione, ricerca e turismo. Il proposito esclusivo dell’arricchimento individuale non sempre è compatibile con istanze di giustizia.

La mia posizione sarebbe stata ovviamente meno critica se Carrai, nel suo triplice ruolo di imprenditore responsabile, editorialista economico e “amico” e finanziatore del premier, avesse proposto di sviluppare una cultura dell’ospitalità a partire dai processi formativi pubblici – istituti alberghieri, licei turistici, scuole di specializzazione etc. In questo caso le opportunità economiche e professionali potrebbero risultare distribuite più equamente. Ma di questo sventuratamente non si fa parola.

Potrebbe inoltre apparire poco lungimirante, in termini di politica industriale, estrarre indicazioni strategiche dalla sola domanda (dall’analisi aggregata dei dati, in altre parole) senza mai proporsi di indirizzare i flussi turistici verso centri minori, territori meno conosciuti, regioni o parti di regione trascurate, musei e parchi archeologici impropriamente considerati secondari. Un capitalismo innovativo crea un mercato e lo alimenta attraverso innovazione di “prodotto” e di servizio. Il capitalismo cui l’industria turistica italiana (e Carrai con essa) sembra guardare è un’attività confortevole perché assai poco concorrenziale.

Se le politiche del turismo si piegassero ai suggerimenti di Carrai la pressione su città d’arte e “paesaggi illustri”, già oggi eccessiva, risulterebbe insostenibile. La possibile distruzione progressiva di patrimonio e ambiente non preoccupa Carrai. Finirebbe tuttavia per privare gran parte dei cittadini di risorse fondamentali e non rinnovabili, tangibili e intangibili.

 @MicheleDantini

L’articolo è precedentemente apparso in versione ridotta su L’Huffington


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