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AprileOnLine: Università, Epifani ospite sgradito

Il segretario generale della Cgil, invitato all'ateneo di Roma Tre per il convegno "Lavorare bene nell'università pubblica di qualità", è stato contestato da 100 ragazzi dei collettivi studenteschi

07/11/2007
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Aprileonline

Emma Berti,

Il segretario generale della Cgil, invitato all'ateneo di Roma Tre per il convegno "Lavorare bene nell'università pubblica di qualità", è stato contestato da 100 ragazzi dei collettivi studenteschi, che hanno protestato contro il protocollo sul welfare e la precarietà nelle facoltà italiane

Quando il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, invitato a un convegno sul lavoro nell'università pubblica, ha varcato la soglia dell'Università di Roma Tre, l'accoglienza non è stata particolarmente calda. A urlare gli slogan "Buffoni, buffoni" e "Mille esami, mille lavori e ci chiamano pure bamboccioni", e ancora "Fuori la precarietà dall'università", sono stati circa 100 studenti del collettivo studentesco di Roma Tre e de La Sapienza.
Questi studenti, non invitati al convegno, si sono presi il diritto di parteciparvi entrando nell'aula magna della facoltà e ottenendo la parola. La domanda che si sono posti è stata: con che titolo Epifani, dopo aver firmato un documento che, dicono, peggiora le prospettive dei giovani e degli studenti perpetuando la precarietà, viene qui, in casa nostra, a parlarci di lavorare bene nell'università pubblica? Ed ecco il motivo dei loro fischi: il protocollo sul welfare del 23 luglio.
Puntano il dito contro la Cgil perché protagonista di quell'accordo con Confindustria e Governo "che peggiora la legge 30, confermandola, ed esaspera la riforma Maroni sulle pensioni". Si chiedono quale buon lavoro proponga Epifani, "forse quello dei contratti da ricercatore da rinnovare ogni anno a discrezione del barone di riferimento? Oppure quello delle prestazioni lavorative gratuite obbligatorie in molti corsi di laurea? O forse il lavoro precario che spesso accompagna gli studi e la gestione degli atenei?". Questi ragazzi ritengono inaccettabile che il segretario della Cgil parli in certi termini dell'università, poiché "la situazione sotto gli occhi di tutti è estremamente diversa: non abbiamo mense, borse di studio, case, non vediamo questa idea di università pubblica tanto vagheggiata". Al grido di "Ci bloccano il futuro, noi blocchiamo la città", hanno infine lanciato una manifestazione generale e generalizzata per il 9 novembre, contro l'università come "fabbrica di precari".

La risposta di Epifani è stata ferma: la precarietà "se è intollerabile ovunque lo è tanto di più quando hai a che fare con i rapporti tra le persone. Per questo è moralmente indisponibile negli asili nido, nell'Università e negli ospedali. Su questo la nostra battaglia continuerà con la forza e la determinazione necessaria".

Molte delle domande e delle preoccupazioni di questi ventenni sono comprensibili se contestualizzate in una situazione "precaria" su più fronti, che alza un muro più o meno alto tra presente e futuro. Ma meno comprensibile potrebbe risultare l'attacco contro il sindacato, per quanto circoscritto e, questa volta, non preoccupante. Le voci del collettivo studentesco vanno ascoltate, ma senza dimenticarsi di ascoltare anche ciò che Epifani ha detto in proposito di università.

Per il numero uno di Corso Italia servono "meno nepotismo, meno favoritismi, meno parentopoli: l'Università non può tornare ad essere quella in mano ai baroni, ma deve tornare in mano a una classe docente di qualità, scelta in base a competenza, serietà e a rigore morale". Epifani denuncia l'assenza di correttezza nel reclutamento del personale docente e la situazione del settore della ricerca, privo di fondi. Critica poi la frammentazione dell'università: "sedi sempre più piccole e corsi di laurea che si spezzettano". Con un "rendiamo la qualità dove la quantità oggi la deprime", il segretario chiede l'intervento del Governo, onde evitare che il processo di degrado diventi inarrestabile, e renda basso il livello di qualità e alto quello di mediocrità. "Ci vogliono risorse, programmazione e finanziamenti -continua Epifani- perché la precarietà non può farla da padrone nel nostro sistema universitario".
Anche Enrico Panini, segretario generale di Flc-Cgil, presente al convegno, chiede un'iniziativa politica, e si stupisce del fatto che il Ministro Mussi non abbia portato in Consiglio dei Ministri un pacchetto su legalità e trasparenza.

Epifani ha parlato anche di rinnovi contrattuali. A seguito dell'incontro tra la segreteria di Corso Italia e il parlamento della Fiom, in cui è stato fatto un esame della situazione e si è assicurato il sostegno di tutto il sindacato ai metalmeccanici, il segretario generale ha chiesto che il rinnovo del loro contratto avvenga entro la fine dell'anno. Di rinnovo contrattuale ha poi parlato anche in merito alla categoria degli statali: le rassicurazioni di Prodi non sono bastate al leader della Cgil, che ha sottolineato che in Finanziaria i soldi non ci sono, e che le parole non bastano più, servono le risorse.

In fin dei conti non pare che Epifani e gli studenti che l'hanno contestato chiedano cose molto diverse. Al di là del protocollo sul welfare, il no alla precarietà all'interno dell'università è condiviso da entrambi. E unanime sembra anche la richiesta di un cambiamento all'interno degli atenei. Passare dalle parole ai fatti, poi, non spetta solo al sindacato, che sarebbe utile non screditare. Contestazione e confronto sono più che legittimi, ma, come ricorda Roberto Iovino, coordinatore nazionale dell'Unione degli Studenti, non vanno strumentalizzati. Anche perché "la presenza della Cgil, il più grande sindacato dei lavoratori, è ancora più necessaria in un Paese dove i diritti sono calpestati e avanzano nuove forme di schiavitù, a partire dalla precarietà nello studio, nel lavoro, nella vita". E non dobbiamo dimenticare, continua Iovino, che il sindacato "a prescindere dal merito sulle singole questioni, su cui si può divergere o no, tutela milioni di lavoratori e lavoratrici difendendo diritti acquisiti e lavorando per l'ampliamento di nuove tutele sociali, per tutti e tutte".


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