Aprileonline: Università, altro che svolta
Alba Sasso
Alba Sasso*, 08 gennaio 2009, 20:41
Anche se viene presentato come una svolta nelle politiche per l'Università, il decreto approvato oggi dalla Camera è ben altro: rimane la logica dei tagli, con il pesante ridimensionamento del fondo di funzionamento ordinario. Un milione e mezzo di euro in meno in tre anni non è certo cosa da poco.
Per quanto riguarda il merito e la qualità, termini che danno il titolo al provvedimento, siamo agli annunci piuttosto che alla sostanza. Nel testo del decreto si parla di una quota minima (il 7% del finanziamento ordinario e straordinario) da destinare agli Atenei di qualità, ma la norma è stata procrastinata di un anno, e i criteri per definire la qualità rimangono saldamente in capo al Ministero. Non migliora inoltre la disciplina del reclutamento.
La disciplina dei concorsi continua ad avvitarsi in procedure complicate e burocratiche che non risolvono alla radice il problema di un reclutamento trasparente e legato al merito.
Davvero si sconfigge il cosiddetto potere dei baroni con il sorteggio dei commissari? E con l'imposizione di pubblicazioni scientifiche? E perché mai la qualifica di pubblicazione scientifica deve essere decisa dal Ministero?
Infine i fondi per il diritto allo studio aumentano, ma solo per il 2009, mentre è evidente che su questo terreno ci sarebbe bisogno di continuità.
Insomma, perché si continua a chiamare questo decreto riforma dell'Università?
Una riforma presupporrebbe che si parlasse di didattica, di governance, di investimenti, di diritto allo studio. Presupporrebbe che non si strozzasse l'Università pubblica, favorendo quella privata e anzi invogliando quella pubblica a privatizzarsi attraverso le Fondazioni.
In altri Paesi europei investire nell'istruzione e nella ricerca sta diventando in questo momento una scelta per arginare la crisi. In Italia ci si muove in senso assolutamente opposto.
* segreteria nazionale di Sinistra Democratica