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AprileOnLine: Un nuovo feudalesimo

Puglia. Legami di vassallaggio e di clientelismo dominano università e amministrazione pubblica

11/07/2006
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Aprileonline

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Leo Palmisano

La corruzione, questa prassi efficace di raggiungimento di uno scopo a danno di una intera collettività, non alligna soltanto nel sistema politico, ma si è trasferita prepotentemente in almeno altri due sistemi infeudati da una incompetente baronia. Il sistema universitario pugliese, non soltanto quello barese, e la pubblica amministrazione, cioè quella stratificata compagine di impiegati, funzionari e dirigenti che dai comuni alle università, dalle sovrintendenze alle camere di commercio, commette continuamente l’errore materiale, non soltanto etico, di creare corsie preferenziali per figli, mogli, congiunti e perfino amanti di tizio o di caio.
Che l’università sia, assieme a spezzoni del mondo politico, un retaggio medievale, per via della sua strutturazione in campanilistici sistemi di vassallaggio, lo sanno tutti i pugliesi che l’hanno frequentata o che la frequentano ancora. Che questo sistema non aiuti certo l’università a crescere, come banalmente si dice quando si vuol prospettare un’evoluzione a tutto tondo di un apparato formativo, è confermato da quegli ottomila e passa studenti che nell’anno accademico 2004/2005 si sono immatricolati altrove, fuori Puglia.
Che questo sistema alimenti flussi di danaro e di favori tra docenti, dipartimenti e ceto amministrativo, è confermato non soltanto dalle ultime indagini, ma soprattutto dalla bassa qualità media dei laureati veloci, di quelli che ce la fanno senza sgobbare, perché dopo, ad attenderli, c’è la certezza di uno studio professionale avviato, di un lavoro in questo o quell’ente, di un’altra raccomandazione o tangente che non migliorerà il loro già scarso savoir faire.
In un paese in cui la spesa per la ricerca rasenta lo zero e dove non vi sono meccanismi di verifica meritocratica del sapere prodotto, non c’è da stupirsi se una parte dell’accademia preferisca darsi al mercimonio delle cariche, al plagio delle tesi di dottorato, alla scopiazzatura delle idee, all’esclusione aprioristica dei meritevoli. L’università pugliese sembra aver messo in mostra il cartello “Lasciare Libero il Passaggio” davanti ai portoni di più di un dipartimento. Ma la cosa peggiore è che, nonostante gli scandali, essa – in tutti gli atenei - non si sia dotata di una regia comune, di una metodologia concordata di epurazione.
E in questi giorni, dopo che un noto giuslavorista barese è stato sottoposto ai domiciliari, nei corridoi dell’università si sente dire, “si sapeva, quello era un imbroglione!”. Si sapeva, ma non lo si confessava, non lo si diceva. Certo, fa bene il ministro Mussi a volerci vedere chiaro, allora sappia che l’università pugliese, nonostante tutto, regge spesso il confronto con le “maggiorate” del sistema universitario europeo soprattutto grazie a quella pletora di più o meno precari della ricerca che può vantare un curriculum aggregato che supera di gran lunga quello di un nutrito plotone di associati e ordinari. Plotone spesso sberleffato durante conferenze e convegni in cui ad occupare la scena sono proprio quei ricercatori e dottori di ricerca che non trovano neanche più il gusto di farsi finanziare una borsa di studio da chi sottrae risorse alle facoltà per consentire inutili, quanto dannosi avanzamenti di carriera.
E gli amministrativi? Dopo “mani pulite” sarebbe il caso, forse, di aprire una stagione di pulizia nel mondo dei colletti bianchi, perlomeno in Puglia. Gli enti pubblici, università compresa, pullulano di interi lignaggi premiati prima da una schietta appartenenza politica (ex-PSI, ex-DC, e via dicendo), poi dalla vicinanza inciuciona con questo o quel potente lobbista (magari un assessore, oppure un docente universitario, magari lo stesso che gira da una commissione all’altra di concorso e che intasca un tot a candidato da promuovere).
Insomma, ce n’è davvero per tutti, e ce n’è per indagini che possono durare un decennio, e anche più. Ma l’esigenza di un cambio, sottolineata dalla recente elezione di un volto “per bene” a rettore di Bari, pare non aver scosso troppo i feudatari più potenti.
Il medioevo è ancora lontano dal suo tramonto.


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