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AprileOnLine: ''Senza fondi mi dimetto''

Il ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi contro il taglio del 10% alle spese di gestione degli Atenei, previsto nel decreto-legge Bersani votato alla Camera

27/07/2006
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Aprileonline

Emiliano Sbaraglia

Non ancora sopìta la polemica scaturita dopo la decisione proveniente da Bruxelles in materia di ricerca sulle cellule staminali (il cosiddetto cutoff-date), che come era prevedibile ha suscitato l’immediata reazione degli esponenti di area cattolica italiani ed europei, il ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi si trova subito a dover fare i conti con una nuova e delicata questione, riguardante il taglio di un ulteriore 10% dei fondi per gli Atenei e la ricerca, contenuto nella “manovrina” passata ieri alla Camera con il maxiemendamento al decreto-legge Bersani.
Mussi ha ricevuto e condiviso la “dignitosa protesta” dei rettori e dei direttori degli Enti pubblici di ricerca, ribadendo la sua posizione in disaccordo con le scelte del governo. Raggiunto telefonicamente, il ministro ha ribadito la sua posizione, dopo le prime dichiarazioni battute dalle agenzie: “Confermo che a mio parere il taglio del 10% delle spese di gestione degli atenei e degli enti pubblici di ricerca previsto dalla “manovrina” è un errore. Va bene stringere la cinghia per quest’anno, ma non potremmo accettare scelte di questo tipo nella finanziaria del 2007, o che non vengano approntati dei significativi correttivi all’interno della stessa”. In precedenza, il ministro aveva sottolineato “la bizzarria” riguardante un taglio che include per l’appunto università e istituti di ricerca, senza contemplare scuole, Istituto superiore di Sanità, Istituto Zooprofilattico, Enti parco e molte altre realtà, che potevano essere inserite nel provvedimento tanto quanto gli atenei e gli Enti pubblici di ricerca.
Il titolare del dicastero sembra deciso nella sua battaglia. “Non sto chiedendo chissà quali miracoli o incentivi economici. Il fatto è che se non ci mettiamo al passo con il resto dei paesi europei, e anzi piuttosto annunciamo provvedimenti di definanziamento in materia di spesa e investimenti in ricerca e formazione superiore, il mondo ride e noi piangiamo, come ho già detto. Questa sarebbe una politica diversa rispetto a quella prevista nel programma di coalizione. E allora ci vorrebbe un altro ministro”.
Lasciato praticamente in solitudine dal resto dei rappresentanti del governo, e stretto anche dalle richieste provenienti dal mondo accademico, che hanno come inevitabile punto di riferimento la carica da lui ricoperta, Fabio Mussi trova un minimo di supporto nelle parole del professor Paolo Prodi, fratello del premier e docente di storia moderna presso la facoltà di filosofia dell’Università di Bologna, al quale abbiamo chiesto un commento sulla situazione. “Se devo essere sincero mi trovate impreparato, non sapevo di questo provvedimento contenuto all’interno del decreto Bersani. Stando così le cose, comprendo le perplessità e la posizione assunte dal ministro Mussi. Il bilancio degli atenei e degli Enti pubblici di ricerca è stato talmente compresso in questi anni, che in questo modo si rischia di mettere in gioco la sopravvivenza stessa della ricerca. Tagliare prima di razionalizzare - conclude il professore - implica soltanto un passo indietro”.
Da rilevare che la scorsa settimana, lo stesso Mussi aveva presentato un emendamento con tanto di copertura finanziaria per sostituire il taglio previsto nella “manovrina”, senza però ricevere nei giorni seguenti alcuna risposta da parte del governo. Di certo l’emendamento non è stato ritenuto “funzionale” alla causa. Probabilmente non è stato neanche discusso.


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