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AprileOnLine: Ricerca, una finanziaria placebo

Università Oggi incontro del ministro Mussi con i docenti universitari. Pubblichiamo la lettera aperta (mente) disperata di una ricercatrice. Non finanziando la ricerca il Governo punta infatti dritto alla propria eutanasia. E inibisce il futuro: quello di tutti

27/10/2006
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Aprileonline

Marina Montacutelli,
C'è qualcosa di nuovo, oggi. Anzi, d'antico.Di antico, in questa finanziaria, c'è purtroppo proprio tanto: in assoluta coerenza con un DPEF imbarazzante, e da tutti già dimenticato; fedele ad un programma di governo (ahimè) prolisso e vacuo, la manovra ci propone un Paese - data la coperta indubitabilmente infeltrita, e non solo corta - familista, forse un po' più morale, certamente senza futuro.
Un Paese ormai indebitato a due zeri: quello dove le finanziarie servono non per raffinate analisi econometriche, ma per pagare la spesa nella faticosa, fatidica ultima settimana. Forse a Palazzo Chigi l'hanno dimenticato. In tanti, proprio non possono.
Un Paese senza materie prime e capace di globalizzare, attirandola, solo la miseria: le tante Alitalia incombono, e a breve non si potrà più contare neanche sul borsellino di mamma UE.
Il genio italico, certo, non si smarrisce e come gli altri delocalizza; c'è poco da stupirsi e da lamentarsi: si chiama capitalismo, sia pur nella sua raffinata accezione postpost-moderna. Ma è un capitalismo predone, dell'arraffa e poi scappa. Non andrà certo lontano perché, come disse un tempo Greenspan (e non Marx), la combinazione non sempre virtuosa di comportamenti egoistici dei soggetti economici raramente dà luogo alla tutela (o al rafforzamento) degli interessi coinvolti, ma solo alla loro avidità contagiosa, incrementale e alla lunga perdente.

Un Paese il cui Governo, atteso e sperato come la nascita del Messia, ci ha mostrato prima la fatica del suo annunciarsi che alfine partorì svariati dicasteri e ben 102 sottosegretari; poi urla da mercato, nel perverso gioco di chi appare di più sparandola più grossa; infine una manovra che vuol mostrarsi fedele ai lemmi nuovi di semplificazione, flessibilità, autonomia, rimozione dei vincoli allo sviluppo, incontro ai bisogni (di chi?) per entrare nella competizione globale, ma che ha innescato - al solito - le consuete reazioni corporative e una sgradevole tendenza ad ascoltare chi ha più santi in Paradiso e non - come sarebbe auspicabile, se non d'obbligo per un governo di centro-sinistra - parole e opere quali rigore, norme imperative, giustizia sociale. Vi possiamo chiedere - posto che nessuno ignorava gli effetti (volutamente) perversi delle finanze allegre in un Paese già schiacciato dal debito pubblico di craxiana memoria - cosa avete fatto in questi anni? Vi siete davvero preparati a diventare classe di governo? Noi, per ora, abbiamo perso il conto delle varianti della finanziaria e ogni giorno di più la giustizia sociale - o il rigore e l'austerità indispensabili ma non per randellare sempre la stessa parte - sembra svaporare.

Per noi è una finanziaria che ha, e sempre più, appunto un sapore antico: perché mostra uno Stato messo all'asta; un increscioso - e scarsamente accettabile - connubio tra il pubblico e una politica tendente all'organizzazione, difesa, riproduzione di tipo cetuale; un peso fiscale che - fatti due conti - comincia a gravare un po' troppo sui soliti noti; una mentalità che favorisce una burocrazia kafkiana e immobile; un Governo che non può che condurre alla propria eutanasia.
La rabbia sta montando: lenta, imbarazzata, sgomenta.

Di nuovo c'è invece il fatto che non ve lo mandiamo a dire: sfumando, quando e se possibile, quel fastidioso sapore di corporativismo che - sempre - queste rivendicazioni portano con sé; provando a dargli forma e contenuto politico "generale", ma senza dimenticare - e come potremmo? - che abbiamo i "piedini provati dal rovo", ecco alcuni appunti scritti con la matita blu: siamo - e non poco - preoccupati; certamente, se mai interessa, proprio stufi e anche contrari all'accanimento terapeutico: ché, se pure non ci è estranea la fatica del governare, ci chiediamo anche perché siete poi così pronti a cambiar senza batter ciglio - un giorno sì e l'altro pure - impianto, obiettivi strategici, soggetti e oggetti. Cioè: cominciamo a non capire dove sia il programma e, talvolta, se ci sia il Governo.

Questa è una finanziaria senza futuro: che risana, ma come fa il medico che sa che per il paziente c'è ben poca speranza. E' vero: se si continua così siamo proprio spacciati. Per questo proponete una finanziaria ad effetto placebo? Oppure è solo un canovaccio allo stato grezzo, per vedere l'effetto che fa ed esercitare l'ugola del Paese del festival di Sanremo? Volete che intoniamo il peana anche noi ricercatori, "italica speranza" come recita(va) un programma ormai buono per il riciclo?

E allora, sperando che qualcuno prenda nota. Art. 20 e pure il 39, e sorge il dubbio - ché a sospettare si fa peccato, ma a volte ci si azzecca - che il Ministero dell'onorevole Mussi cominci ad assumer le fattezze di un bidone vuoto, atteso che le sue competenze sarebbero anche scientifiche, tecnologiche e persino finanziarie e non solo amministrative come si evince leggendo il testo della manovra.
Che sta succedendo? Che qualcuno abbia voglia di sfilare il portafoglio, di intrappolare per poi indirizzare il futuro che questo Ministero (ancora) rappresenta? Ché, dopo un Bersani pigliatutto e un'(altra) Bolognina incombente, c'è di mezzo un modo di percepire non solo l'economia, ma pure la politica.
Art. 42 e pure il 47: gli enti di ricerca non sono caserme e neanche aziende; se continua così, emendamenti o meno, per la verità non saranno proprio. E la Costituzione sta rischiando di essere - un'altra volta - un sorso di acqua fresca. Art. 60 e, soprattutto, il 64: non si dà futuro senza ricerca, non si dà ricerca senza investimenti. E gli investimenti non sono raschiare il fondo del barile tagliando di qua e spostando di là le voci di questo o quel bilancio; finanziare non è rubar le caramelle ai precari, o ridurre la paghetta di chi è appena entrato dopo anni di lacrime e miseria. Ancor meno, spiegazzare la carta che continua a salvaguardar la libertà di insegnamento e anche a regolar le forme di impiego. Finanziare la ricerca significa metter fine ai tagli diventati ormai endemici (art. 69), far cessare un precariato mortificante (art. 70), incrementare la ricerca di base (art. 106): uno scriba dispettoso ha - malauguratamente - proposto l'esatto contrario.

Finanziare la ricerca significa credere nel futuro. Dopo quel che abbiamo passato, dopo aver visto finanziare la ricerca quasi solo con frutta e verdura o con alcuni dei vizi capitali (al proposito: che fine hanno fatto le accise su alcool, fumo e pornografia?), dopo aver sperato di riveder le stelle, dopo gli impegni che avete assunto, siamo proprio sconfortati. Ed è umiliante vedere un ministro - animato di certo da buone intenzioni, e talvolta spintonato in direzione della coreografia - afflitto dalla mancanza di miserrimi 150 milioni di euri sui 40 miliardi della manovra: una goccia nel mare, e certo che lo accontenteranno.

Come avete potuto farlo? Vergogna, vergogna, vergogna. La finanziaria che avete presentato - sia pur tenendo conto, ché siamo cittadini anche noi, delle voragini finanziarie - non solo non mantiene le promesse, non solo ci mortifica: inibisce il futuro, quello di tutti. Conosce un solo modo per affrontare il problema di come un Paese come il nostro possa stare nella competizione senza soccombere. Ed è il solito, solitissimo modo: eludendo e tagliando. Come si possa pensare al risanamento senza impegnare tutto quel che si può, e anche un po' di più, nella ricerca è davvero un mistero glorioso e aspettiamo che qualcuno ce lo spieghi.

Scrivere ciò, e pensare altro ancora, è doloroso. Forse anche un po' maleducato: ma la politesse della classe politica ha il sapore, ormai, della connivenza. E poi non è proprio tollerabile un ministro con il piattino in mano, costretto a reclamare i cocci del salvadanaio per vedere se è rimasto appiccicato qualcosa.
Soprattutto, e anche se sulla croce rossa non si dovrebbe sparare, comincia ad essere necessario ricordarvi che la fiducia, voi siete costretti a chiederla; noi, certamente, la stiamo perdendo.

* Ricercatrice


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