AprileOnLine: Ricerca Scientifica, le osservazioni della Commissione Lincea
Documenti In questo documento l'accademia dei Lincei cerca di contribuire al dibattito in corso per migliorare la finanziaria, dibattito che, in materie così delicate come la ricerca scientifica, non dovrebbe essere inficiato da pregiudizi di parte
Lo scopo di questo documento è di discutere la Finanziaria solo per la parte che concerne la Ricerca. Inoltre ci limiteremo a esprimere giudizi solo sulle norme che a nostro parere devono essere modificate; per brevità non menzioneremo le norme della Finanziaria (sempre sulla Ricerca) che riteniamo buone o soddisfacenti.
Ci riferiremo al testo approvato dal Consiglio dei Ministri del 29/9/2006, anche se il Governo ha annunziato la sua intenzione di modificare il testo. Abbiamo fatto la scelta di riferirci all'unica versione scritta attualmente disponibile, non per polemizzare inutilmente con il Governo, ma perché pensiamo che sia utile discutere pubblicamente quali debbano essere i criteri scientifici che devono guidare l'azione governativa in questo settore.
In questo documento cerchiamo di contribuire al dibattito in corso per migliorare la finanziaria, dibattito che, in materie così delicate come la ricerca scientifica, non dovrebbe essere inficiato da pregiudizi di parte.
Notiamo che l'opinione pubblica italiana appoggia molto fortemente lo sviluppo della ricerca scientifica e sarebbe delittuoso non dare un segnale chiaro che questo orientamento è raccolto dal mondo politico. Sono assolutamente necessari provvedimenti incisivi e visibili in questa direzione, anche per dare ai giovani la sensazione che rivolgere la loro carriera verso la ricerca sia una scelta ragionevole che non sia bloccata da un'assoluta mancanza di sbocchi.
Prima di entrare nel dettaglio delle varie norme vogliamo fare due considerazioni preliminari:
• Noi ci rammarichiamo che di fronte a un primo piano di 1000-2000 ricercatori l'anno per 10 anni si ripieghi su 700 ricercatori l'anno per 3 anni. Si tratta di una delusione fortissima per un gran numero di ottimi scienziati che vedono frustrate le loro legittime aspirazioni. Inoltre le procedure concorsuali devono essere caratterizzate da snellezza, flessibilità, obbiettività e trasparenza al fine di garantire il primo reclutamento nel 2007.
• Il punto fondamentale rimane la valutazione, che deve essere compiuta in maniera oggettiva e imparziale, altrimenti risulterebbe dannosa. Bisogna assolutamente garantire l'indipendenza della valutazione da influssi politici o da gruppi di pressione. Ovviamente l'effetto della valutazione è maggiore in un quadro in cui le strutture di ricerca sono responsabilizzate e per far questo è necessario che abbiano la massima Autonomia.
Interventi che incidono sulla ripartizione delle spese.
1) I fondi per il reclutamento straordinario dei ricercatori sono decisamente bassi, solo 20 milioni per il 2007. È un vero peccato, in quanto questa norma è una delle più innovative della Finanziaria, che affronta uno dei problemi più urgenti: l'inserimento nella Ricerca di forze giovani. È inoltre un provvedimento con un alto valore simbolico, che dà un'alta ricaduta in immagine con un investimento relativamente modesto. Rimandare questo reclutamento straordinario (o incominciarlo in sordina) danneggia il Paese in maniera immotivata e non può essere giustificato in alcun modo da motivi economici. Bisogna assolutamente evitare che l'insieme di coloro che lavorano nella ricerca pubblica diventi un organismo senza ricambio, in mancanza del quale si produce un invecchiamento generale dei ricercatori che finiscono per non ricercare più.
Altre spese sono rimandabili ma non questa. È assolutamente necessario portare i fondi stanziati per questo scopo a 40 milioni per il 2007, 120 milioni per il 2008, 200 milioni per il 2009 in modo di garantire un flusso di 2000 ricercatori l'anno (attualmente sono previsti 2000 posti in tre anni, una misura assolutamente inadeguata e non incisiva, se si tiene conto che negli ultimi anni il numero di ricercatori reclutati utilizzando i canali ordinari si aggira sui 2000 l'anno). Questo provvedimento dovrebbe essere alla base del rilancio della ricerca italiana, ma non può produrre effetti se è grossolanamente sottofinanziato.
Trovare 20 milioni supplementari in una manovra economica di tale ampiezza non può essere una difficoltà tecnica insuperabile; sottofinanziare questo provvedimento, come fa l'attuale Finanziaria, è una scelta politica miope, che non ha giustificazioni.
2) I circa 320 milioni di euro supplementari dati all'università e alla ricerca (20 milioni per il reclutamento dei giovani ricercatori, 100 sul FFO, 200 su fondi distribuiti direttamente dal ministero, FIRST) sono meno del 2 per cento dei 18 miliardi destinati allo sviluppo del Paese. È una cifra molto bassa rispetto al totale della manovra (in realtà come vedremo è molto più bassa, anzi addirittura negativa) e dovrebbe essere decisamente aumentata. L'università e la ricerca pubblica hanno subito una serie di tagli in questi anni e sono assolutamente necessari nuovi investimenti. (Non analizziamo qui la deplorevole situazione dell'edilizia universitaria).
Notiamo inoltre che il decreto Bersani taglia le spese intermedie nel 2007 di circa 200 milioni in questo settore, e quindi il contributo totale all'università e ricerca diminuisce di 100 milioni, nonostante l'incremento del FFO delle università di cento milioni (incremento che non riguarda gli enti di ricerca). La soppressione della parte del decreto Bersani riguardante l'università e la ricerca nel 2007 è assolutamente necessaria.
Al momento della creazione dell'IIT (l'Istituto Italiano di Tecnologia), molte forze politiche e la commissione cultura del Senato (unanime), avevano espresso forti riserve su questo canale di finanziamento, sostenendo che i fondi dati all'IIT sarebbero stati spesi meglio dagli enti di ricerca esistenti che erano sottofinanziati.
Siamo assolutamente sconcertati dal fatto che mentre vengono portati a zero i cento milioni previsti per la ricerca l'IIT nel 2007, questi fondi non vengano trasferiti nei bilanci degli enti di ricerca, che rimangono approssimativamente invariati, anzi ridotti a causa del decreto Bersani. Lo stesso discorso può essere fatto per altre Agenzie di ricerca create nello stesso periodo. I fondi recuperati dal mancato finanziamento dell'IIT e delle altre Agenzie devono essere utilizzati per rifinanziare il fondo ordinario per gli enti di ricerca (che non è stato aumentato), altrimenti i fondi dedicati alla ricerca subirebbero un'ulteriore notevole contrazione del tutto ingiustificata e in contrasto con i propositi annunciati da parte del Governo.
Così come è scritta la Finanziaria, se si considera l'effetto complessivo di questi tagli e del decreto Bersani, i fondi per l'università e la ricerca diminuiscono di circa 70 milioni e quindi lo scarso aumento di fondi di 320 milioni, di cui parlavamo precedentemente è una pura illusione ottica in quanto si rivela essere un taglio ben mascherato.
3) L'articolo 20 prevede norme per favorire commesse dalle imprese all'università per ricerca e sviluppo. Si tratta di un ottimo proposito, ma i meccanismi proposti non sembrano abbastanza incisivi. Da un lato bisognerebbe invogliare le università a investire maggiormente in queste collaborazioni, dall'altro bisognerebbe dare incentivi molto più importanti per le assunzioni (in questo contesto) da parte delle imprese di personale tecnico ad alta qualificazione (sia di persone con laurea specialistica, sia in particolar modo di dottorati): bisogna assolutamente favorirne l'inserimento nel mondo produttivo. Partecipare alla ricerca attiva, è un'attività estremamente formativa; l'immissione di queste persone fuori dal mondo della ricerca, con responsabilità adeguate alle loro capacità, avrebbe un effetto positivo sulla società italiana. Similmente sarebbe molto utile se la pubblica amministrazione potesse assorbire ad alti livelli di responsabilità persone con lo stesso profilo.
4) L'articolo 69 mette dei limiti massimi sulla crescita del fabbisogno finanziario dell'università e degli enti di ricerca. Sono limiti molto bassi (3% e 4% rispettivamente, molto vicini al tasso di inflazione) e non permettono la crescita del comparto, anche in presenza di eventuali futuri finanziamenti. La norma andrebbe abrogata oppure la percentuale aumentata sensibilmente.
5) Non vogliamo discutere la ratio del congelamento parziale degli adeguamenti salariali al personale universitario, anche se un congelamento per un periodo non ben precisato suscita la nostra perplessità.
Tuttavia esprimiamo la nostra ferma contrarietà al blocco per quanto riguarda i ricercatori, che sono già estremamente mal pagati. Non bloccare gli aumenti dei ricercatori sarebbe un segnale importante per una categoria cruciale per la sopravvivenza dell'università. Inoltre la proposta governativa, di trattare i ricercatori come professori quanto si tratta di tagliare, ma rimandarne il riconoscimento come terza fascia docente, ha il sapore di una beffa.
La modifica che proponiamo inciderebbe per una parte molto piccola del provvedimento, in quanto gli aumenti dei professori di prima e seconda fascia sono molto più rilevanti dal punto di vista finanziario.
Interventi a costo zero.
1) Norme sulle spese per il personale. Dal momento che ci si muove verso un sistema in cui la valutazione diventa sempre più importante, gli enti dovrebbero essere più responsabilizzati e più liberi di spendere, in quanto i controlli ex ante dovrebbero essere sostituiti dalla valutazione ex post. Gli enti di ricerca devono essere in grado di pianificare la loro attività in maniera autonoma, senza restrizioni arbitrarie e ricevere i finanziamenti anche in funzione del loro successo nel far fronte alla loro missione. In questa prospettiva molte delle norme dell'articolo 57, in cui si mettono una serie di limiti dettagliatissimi alla formazione del bilancio delle università e degli enti di ricerca, sono del tutto incomprensibili. Se queste norme avessero lo scopo di costringere le varie istituzioni a spendere i fondi in maniera razionale, esse dovrebbero scaturire da un'analisi delle valutazioni degli effetti delle singole misure.
Una particolare preoccupazione desta il comma 11 dell'articolo 57 in cui si riducono al 40 per cento del 2003 le spese per personale a tempo determinato (questa voce era stata ridotta al 60% del 2003 nella finanziaria precedente, articolo 1, comma 187 legge 266/2005). Qui ci saremmo aspettati o una cancellazione completa della norma precedente o al massimo che il limite fosse riportato dal 60% del 2003 al valore del 2003.
Che cosa devono fare gli attuali ricercatori a tempo determinato, a cui non può essere prorogato il contratto, perché scaduto, e che non possono essere assunti, perché non sono stati banditi i concorsi? D'altronde gli enti di ricerca non possono e non devono fare indiscriminatamente massicce assunzioni a tempo indeterminato: devono assumere in base al merito e per far questo ci vuole tempo.
Tutte queste norme previste nell'articolo 57 devono essere semplicemente cancellate per quanto riguarda l'università e gli enti di ricerca, contestualmente con l'abrogazione del comma 187, articolo 1 della finanziaria 2006 (alternativamente bisogna correggere quest'ultimo comma e portare il limite per le spese per il personale a tempo determinato al 100% del 2003). Lasciare un limite inferiore al 100% creerebbe immediatamente una nuova ondata di fuga dei cervelli, come è accaduto in passato in occasioni simili.
Il limite posto nell'articolo 70 sulle nuove assunzioni nel limiti del turnover degli anni precedenti è un vincolo pesantissimo per enti in fase di crescita che hanno un personale giovane e pochi pensionamenti. Bisogna o sopprimere la norma, o aggiungere la possibilità di una deroga da parte del Ministro vigilante. Inoltre non si capisce perché la Finanziaria preveda la possibilità di fare nuove assunzioni solo a partire dall'anno 2008 e non dal 2007 come sarebbe ragionevole. Ritardare l'inserimento di giovani ricercatori senza avere nessun vantaggio finanziario è una scelta autolesionista che non ha giustificazioni.
L'inserimento degli enti di ricerca nell'articolo 39, che prevede un limite del 15% del personale di supporto, è ragionevolmente una svista che deve essere corretta.
2) Reclutamento straordinario dei ricercatori. La commissione Lincea aveva già espresso le sue riserve su concorsi nazionali in quanto estremamente faticosi dal punto di vista organizzativo. Nella Finanziaria non si leggono dettagli su come si intenda organizzare questi concorsi, tranne una menzione generica "per idoneità nazionale".
Notiamo tuttavia che se viene fatto un singolo concorso per ogni raggruppamento universitario, molti raggruppamenti universitari potrebbero avere svariate centinaia di candidati, e i raggruppamenti più grossi potrebbero superare il migliaio di candidati. Questi concorsi sarebbero difficilmente gestibili: invitiamo caldamente il ministero a trovare una soluzione alternativa. Nel caso contrario, se venissero fatti mediante la normativa attuale per i concorsi di ricercatore (due scritti e un orale), sarebbe un disastro completo e difficilmente potrebbero essere espletati prima della fine della legislatura. Bisogna poter prevedere regole differenziate aderenti alle singole tradizioni di ricerca, sempre puntando alla massima snellezza.
Se venisse confermata la decisione di fare concorsi nazionali, è vitale che non vengano fatti esami scritti e che la commissione possa selezionare per una prova orale un numero ristretto di candidati. Anche così sarebbe difficile avere concorsi che durino meno di un anno.
Speriamo che il Legislatore rifletta sul fatto che per leggere e valutare mille curricula, se si impiega un'ora a curriculum - tempo minimo per una valutazione molto superficiale - ci vogliono 250 giorni lavorativi, lavorando 4 ore al giorno. Non parliamo poi della valutazione comparativa. È evidente che in queste condizioni i commissari saranno fortemente tentati a far vincere solo coloro che sono conosciuti da almeno un commissario, non avendo né tempo né voglia per valutare gli altri.
3) La formulazione delle norme dell'articolo 42 per gli enti di ricerca deve essere profondamente cambiata. È assolutamente vero che alcuni enti di ricerca hanno un'enorme necessità di essere sburocratizzati, ma affidare i compiti del consiglio d'amministrazione a coloro che sembrerebbero essere i capi della burocrazia interna (i dirigenti apicali) va nella direzione opposta a quella giusta. L'abolizione dei consigli di amministrazione potrebbe essere un'ottima operazione, ma solo se venissero sostituiti con consigli direttivi costituiti da scienziati (modello INFN o INFM) e non con responsabili amministrativi; su questo punto la legge deve essere molto chiara. La figura del direttore generale sembra riassumere le funzioni di presidente e direttore amministrativo, che invece devono rimanere chiaramente distinte; il presidente deve essere uno scienziato autorevole e competente: alcune difficoltà recenti di alcuni enti di ricerca derivano infatti dalla scelta di presidenti che sarebbero stati più appropriati come direttori amministrativi.
La parte della Finanziaria relativa alla formazione dei nuovi statuti è anomala in quanto propone alle attuali dirigenze degli enti di scrivere i nuovi statuti. Se in un ente di ricerca la dirigenza è adeguata, non c'è bisogno di fare un nuovo statuto, se invece non è adeguata, essa potrà solo scrivere un pessimo statuto. Un governo che vuole mettere la valutazione al primo posto, non può fare di ogni erba un fascio, ma deve prendere provvedimenti mirati a seconda della situazione, tenendo anche conto dei risultati delle valutazioni già effettuate.
In questo contesto è opportuna una delega al governo a modificare gli statuti degli enti di ricerca ove questo sia necessario, evitando di intervenire su Enti ben funzionanti e facendo interventi mirati a seconda delle necessità dell'Ente in questione. In ogni caso sarebbe meglio evitare anche remote ambiguità nella formulazione della norma delegante (dovute per esempio alla presenza dei rappresentanti della conferenza Stato-Regioni nei consigli di amministrazione del CNR e dell'ISS), anche allo scopo di evitare possibili ricorsi al TAR che rallenterebbero tutta l'operazione. Infatti non sfugge all'attenzione di questa commissione il fatto che in alcuni enti di ricerca, tra cui il CNR, un intervento sullo statuto è assolutamente urgente e non procrastinabile (è anzi addirittura tardivo).
È evidente, ma forse andrebbe detto esplicitamente, che tutte queste disposizioni non si applicano alle istituzioni di alta cultura, come per esempio le Accademie, la cui autonomia è garantita dalla Costituzione.
Inoltre la delega di cui all'articolo 47 sul riordino generale degli enti di ricerca, deve essere scritta in maniera di permettere al governo di fare un nuovo INFM, operazione ormai troppe volte annunciata, senza che sia mai stato fatto un passo concreto. In particolare bisogna o menzionare esplicitamente l'INFM, oppure prevedere la possibilità di creare nuovi enti più funzionali (oltre che alla possibilità di scorpori nell'ambito del riordino).
4) Anche se l'istituzione di un organismo che si occupi della valutazione raccoglie il nostro plauso, non possiamo che essere perplessi sulla costituzione di un'Agenzia, e non di un'Authority: la composizione di un'Agenzia potrebbe essere troppo influenzabile dalle maggioranze parlamentari, che necessariamente cambiano con il tempo. Quest'organismo deve essere garante di una valutazione imparziale e oggettiva e costituire il perno sul quale basare i futuri finanziamenti della ricerca.
Sia che si tratti di un Agenzia che di un Authority, è cruciale che le persone che la dirigeranno non siano di nomina parlamentare o governativa, ma siano veramente rappresentative della comunità scientifica e designate da un panel in cui siano rappresentate sia le istituzioni di alta cultura italiana sia le principali e più prestigiose organizzazioni della ricerca europee o mondiali. Una cattiva valutazione è più dannosa di nessuna valutazione, e una buona valutazione non può essere fatta - anche indirettamente - da coloro che hanno un ruolo di guida e indirizzo (come il parlamento e il governo). Gli arbitri non possono essere scelti dai giocatori. Forse è utopico, ma sarebbe certamente auspicabile che la valutazione di tutte le attività delle istituzioni pubbliche diventi pian piano un quarto potere indipendente dai primi tre.
5) L'istituzione dei FIRST, unificando vari canali d'intervento, può avere effetti positivi, se l'assegnazione di questi fondi verrà fatta in maniera efficace e imparziale; al contrario sarebbe un disastro: è una scommessa che non si deve assolutamente perdere.
Non possiamo dimenticarci che nel passato molte assegnazioni di fondi da parte del Ministero sono state fatte in maniera non professionale e da persone non disinteressate, legando le mani al comitato dei Garanti che non poteva più scegliere valutatori dei progetti di ricerca. Questa proposta di concentrare gli interventi in un solo canale (FIRST) deve essere accompagnata da una revisione sostanziale dei criteri di assegnazione dei fondi, creando dei meccanismi di garanzia e di indipendenza tali che la divisione dei fondi sia protetta in maniera statutaria da interferenze del mondo politico e della burocrazia ministeriale. La gestione attuale deve essere assolutamente modificata e bisogna utilizzare meccanismi simili a quelli precedentemente proposti per l'Agenzia per la valutazione.
Commissione Lincea per i Problemi della Ricerca
E
nrico Alleva, Salvatore Califano, Ernesto Carafoli, Giorgio Careri, Gianfranco Chiarotti, Antonio Gambaro, Giorgio Parisi, Alessandro Roncaglia, Giorgio Salvini, Salvatore Settis