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Aprileonline: Quando il governo spegne i cervelli

I docenti delle Università italiane si sono riuniti oggi a Roma per esprimere la loro preoccupazione e la loro rabbia dopo le notizie sui tagli all'istruzione previsti dalla manovra finanziaria. Minacciano un'agitazione nazionale, le dimissioni e la sospensione del prossimo anno accademico

23/07/2008
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Aprileonline

C.R., 22 luglio 2008, 17:56

La protesta contro il decreto 112, collegato alla finanziaria, del ministro Giulio Tremonti rischia di compromettere l'avvio del prossimo anno accademico. L'assemblea nazionale dell'Università (composta da docenti, amministrativi, ricercatori, studenti, associazioni e sindacati di categoria), riunita oggi alla Sapienza, ha infatti votato una mozione in cui chiede ai rettori di "sospendere l'avvio del prossimo anno accademico e impegnare le lezioni per informare e discutere con gli studenti". È questa la dura reazione del mondo universitario ai provvedimenti economici presi dal governo nei confronti degli atenei (taglio al finanziamento ordinario, blocco del turn over, possibilità di diventare fondazioni private).

Una reazione annunciata, legittima e inevitabile visto lo scempio del sapere insito nella manovra economica del centrodestra. Una manovra depressiva, incapace di far crescere il Paese, che interviene su scuola, università e tutto il sistema della conoscenza e della ricerca con la sola preoccupazione di tagliare.

L'assemblea chiede anche al governo "l'immediato stralcio di tutte le norme sull'università contenute nei provvedimenti governativi" e ha deciso l'immediata sospensione "di qualsiasi attività non strettamente dovuta". Ricercatori e docenti, dunque, rifiuteranno "corsi e incarichi aggiuntivi", decretando, secondo i primi calcoli, un blocco di circa il 30 per cento delle lezioni.
Con la mozione di oggi si chiede anche alla Conferenza dei rettori una "presa di posizione più forte ed esplicita". Secondo i partecipanti all'assemblea odierna alla Sapienza, infatti, la reazione di rettori finora è stata "insufficiente". E, a partire dal prossimo settembre, è stato già preannunciato un calendario di iniziative e mobilitazioni nazionali e locali per preparare "una manifestazione nazionale e arrivare, se necessario, allo sciopero, alla sospensione dei corsi universitari, degli esami e delle sessioni di laurea.
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"È necessario intervenire- spiega Marco Broccati della Flc-Cgil- perché questa è una manovra grave e pesante che colpisce tutti e smantella il sistema universitario". Per Marco Merafina, coordinatore nazionale dei ricercatori universitari, la manovra è "miope: l'Italia è l'unica nazione che disinveste sull'università e la ricerca".
E anche gli studenti minacciano di fare la loro parte. "A settembre- annuncia Francesco Brancaccio della Rete per l'autoformazione- è già prevista una assemblea nazionale dei collettivi. Siamo pronti- spiega- ad occupare le facoltà e ad entrare in assemblea permanente se le cose non cambiano".

Una lotta che il Pd ha deciso di sostenere come testimonia l'invio di una lettera ai partecipanti a firma Walter Veltroni. "E' compito primario dello Stato sostenere la formazione superiore e la ricerca libera", in quanto "beni pubblici che svolgono un servizio nell'interesse del Paese" - si legge nella missiva del leader del Pd che prosegue: "La competizione internazionale tra sistemi economici richiede all'università italiana un nuovo protagonismo nell'interesse di tutta l'Italia. Spetta al governo dare modo a questo attore sociale di potersi esprimere al meglio". Per Veltroni, "dare fiducia all'università significa dare fiducia al futuro. Ne abbiamo tutti assoluto bisogno".
Presenti, stamattina in Aula magna, ben quattro parlamentari del partito democratico: i deputati Manuela Ghizzoni, Giovanni Bachelet ed Eugenio Mazzarella ed il ministro ombra per l'Università, Maria Pia Garavaglia, che non ha usato mezzi termini invitando i vertici degli atenei "ad andare all'arrembaggio".
"Dai rettori finora - sottolinea Garavaglia - sono arrivati documenti miti, sembra che si aspetti un miglioramento, ma abbiamo già toccato il fondo, e bisogna agire. Il Pd - insiste la ministro ombra - si aspetta una forte mobilitazione delle università nell'interesse del Paese. Gli atenei sono stati mortificati con norme confuse e tagli generalizzati da questo governo".
Manuela Ghizzoni ricorda che con questa manovra "si prevede un blocco del turn over al 20% delle assunzioni del personale, così che per assumere un giovane ricercatore occorrerà attendere che siano andati in pensione almeno 5 professori, precludendo dunque di fatto l'accesso dei giovani insegnanti e ricercatori. Inoltre è prevista una riduzione fortissima del Fondo di funzionamento ordinario, di oltre un miliardo e mezzo, - prosegue Ghizzoni - che comprometterà la didattica, la ricerca e il diritto allo studio. Il provvedimento prevede anche una occultata riforma del sistema universitario consentendo agli Atenei di trasformarsi in Fondazioni di diritto privato. Una norma di occulta privatizzazione dell'Università poco chiara nei contenuti che non risolve i problemi dell'università, ma rappresenta l'obiettivo dell'esecutivo di disimpegnarsi dalla missione costituzionale di sostenere l'istruzione e la formazione di grado superiore".

Se già oggi studiare è un diritto non certo a basso costo, dal prossimo anno potrebbe diventare una possibilità riservata a pochi privilegiati. "Cosa dovrebbe spingere gli studenti ad iscriversi? Cosa dovrebbero aspettarsi da un sistema martoriato?", si chiedono i docenti. Tempi duri anche per la ricerca: "Si tratta - ha sostenuto in un intervento un ricercatore precario - di un vero e proprio attacco al sistema universitario da parte del Governo. Sarà difficile se non impossibile - aggiunge - riuscire a fare ricerca quando il 90% del budget disponibile dovrà essere investito solo per gli stipendi. È una farsa politica che per molti docenti precari si trasformerà però in tragedia".

Tra le misure di protesta che si stanno organizzando c'è anche l'ipotesi delle dimissioni di massa. Le ha sollecitate
Eugenio Mazzarella che, "bacchettando" i rettori, li ha invitati a "rassegnare le dimissioni per protesta".
Una considerazione, quella della poca incisività dei rettori e della Crui, condivisa da molti dei partecipanti all'assemblea. Ad esprimere la propria intenzione di dimettersi è stato invece il rettore dell'università dell'Aquila, Ferdinando Di Iorio: "Sono stato il primo a proporre le dimissioni dei rettori - ha sottolineato - questa volta si tratta di un gesto strategico per difendere non solo l'università ma l'intero welfare del Paese, minacciato dal decreto legge. Il modello di università delineato dal provvedimento non mi piace, lo dirò nella riunione della Crui in programma giovedì prossimo e - ha concluso il rettore dell'Aquila - in quella occasione presenterò le mie dimissioni".


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