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AprileOnLine: Prove tecniche di pseudoriforma

Emiliano Sbaraglia

30/10/2007
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Aprileonline

Il ministro Mussi si mostra ottimista sulle condizioni di salute della nostra università, ma i lavoratori del settore non sono d'accordo. La protesta dell'Andu e le indicazioni dell'alto commissario Serra sui test d'ingresso. Intanto, nei nostri Atenei il precariato continua a viaggiare oltre il 70%

Proposta e protesta -"Le nostre università, nonostante indubbi casi di malcostume e talvolta di vere e proprie irregolarità, sono meno peggio di come le si descrive. D'altra parte i giovani laureati italiani sono tra i più richiesti all'estero. E alcune nostre università sono di assoluta e riconosciuta eccellenza". A parlare è il ministro Mussi; ma la sua difesa non convince molti degli "addetti ai lavori". Ultima dimostrazione lo sciopero del comparto Ricerca e Università, alla base del quale c'è il mancato rinnovo del contratto per il biennio 2008-2009, oltre la mancanza di risorse aggiuntive per il rilancio di tutto il comparto. In più, anche i rinnovi del 2006-2007 sono fermi al palo, così come gli stipendi degli oltre 120.000 lavoratori del settore, che chiede al governo di stanziare i fondi necessari, e di farlo subito, nella Finanziaria 2008, sulla quale torna lo stesso Mussi: "La Finanziaria 2008 fa piccoli passi nella giusta direzione. Ci sono più risorse per la ricerca e per i giovani ricercatori. Forse (corsivo nostro) sono insufficienti. Ma sono passi che vanno nella direzione giusta".
Ma la giornata di protesta è stata voluta anche per risolvere il problema del precariato, dato che dei circa centomila lavoratori dell'Università il 70 per cento ha contratti a termine, con punte addirittura del 100 per cento in alcuni atenei.
Secondo il titolare del dicastero dell'università e della ricerca, nel patto per l'efficienza e la stabilità da lui siglato con il ministro per l'economia Tommaso Padoa-Schioppa, un risultato importante è la stabilizzazione del Fondo ordinario, che nel 2008 consentirà alle università di uscire "dall'incertezza e dall'ansia" ogni anno procurate dall'aumento dei costi del personale e dall'inflazione della moneta, destinando una parte non trascurabile di questo fondo (il cinque per cento, dunque 350 milioni di euro circa) a quegli atenei "virtuosi" che avranno in ordine i propri bilanci e una soddisfacente attività di ricerca e di didattica.
Andu -"E' indispensabile e urgente la costituzione di un Organo di autogoverno del Sistema nazionale delle Università, composto solo da rappresentanti di tutte le componenti, direttamente eletti in maniera non frammentata e non corporativa", risponde invece l'Andu (Associazione nazionale docenti universitari), che sottolinea la necessità di un organo capace di difendere l'autonomia universitaria da quelle oligarchie accademico-politiche che da decenni "stanno operando per smantellare l'Università statale, di massa e di qualità". L'Andu denuncia la propria delusione verso la "mancata presa di posizione" della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) e del Cun (Consiglio universitario nazionale) rispetto all'istituzione dell'Agenzia nazionale di valutazione delle università e della ricerca (Anvur), strumento di controllo fortemente voluto da Mussi. L'Andu ha definito "il tentativo di un gruppo di deputati dell'Ulivo, sostenuto dal sottosegretario Luciano Modica, di attribuire all'Anvur il potere di valutare i singoli", come un vero e proprio "golpe", ricordando come la norma approvata alla Camera sia stata poi "congelata" al Senato grazie all'intervento dello stesso Mussi.
Sole 24 ore -In questo contesto si inserisce anche una puntuale analisi condotta dal "Sole 24 ore", che dopo aver ricordato i tre-cinque anni di tempo (a seconda della grandezza delle università) concessi dal ministro agli atenei per non incappare nella cancellazione dell'offerta formativa applicabile ai corsi fuori regola, offre un quadro generale del mondo accademico italiano di certo non proprio confortante.
Il decreto, firmato da Mussi la scorso venerdì, ha come obiettivo quello di arginare il moltiplicarsi spesso inutile (e costoso) dei corsi di laurea, conseguenza naturale e malsana del cosiddetto "tre+due".
La carenza di corpo docente di ruolo, malgrado i numerosi nuovi insegnamenti attivati negli ultimi cinque anni (da 116.000 a oltre 171.000), secondo i dati riportati dal quotidiano coinvolge ben nove facoltà di sociologia, 60 su 68 facoltà di economia, e altrettante fra le 70 di lettere e filosofia. Tra l'altro, la maggior parte dei corsi attivati offre pochissimi crediti (meno di quattro), utili per conseguire il titolo di laurea (di media ce ne vogliono 130). Il livello "quantitativo" fissato da Mussi nel decreto, che richiede almeno quattro docenti di ruolo l'anno, mette a rischio il 62% delle facoltà; quello "qualitativo" invece, che misura il numero di docenti suddivisi per ogni disciplina, aggiunge un altro 7,3% di facoltà non a norma.
Serra -In questa convulsa giornata di regolamentazioni e riflessioni sul mondo accademico nazionale, per la questione relativa ai test d'ingresso alle maggiori università italiane sono state inviate al ministro Mussi "indicazioni e proposte" anche dall'alto commissario all'anticorruzione Achille Serra.
"Ho scritto al ministro -dice l'ex prefetto di Roma- suggerendo delle proposte da mandare a tutti i rettori delle Università. Dopo alcune indagini -afferma Serra- abbiamo concentrato i nostri suggerimenti su tre filoni: i contenuti dei bandi, che abbiamo proposto vengano formulati di volta in volta in occasione dei test di ingresso; poi sono state date indicazioni di carattere operativo su come gestire materialmente la giornata degli esami; infine, sono stati dati consigli di modifica tecnica sui fogli dei test che vengono distribuiti agli studenti. In merito a quest'ultimo punto -conclude il commissario- è stato portato come esempio l'inserimento di una casella da segnare in caso non si voglia rispondere a una domanda in modo da evitare eventuali manomissioni".
Una situazione senza dubbio migliorabile, come dimostrano le varie proposte provenienti da più parti, e che deve essere migliorata per il bene collettivo, non soltanto per i diretti interessati. Una situazione che, però, non sembra ancora far intravedere miglioramenti tangibili entro breve termine


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