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Aprileonline: Le nostre lance, i nostri scudi

Come la Minerva gli studenti hanno, in questi due giorni trascorsi a discutere alla Sapienza, levato al cielo le loro armi: quelle del pensiero critico e dell'argomentazione

18/11/2008
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Aprileonline

Luigi Daniele

Come la Minerva gli studenti hanno, in questi due giorni trascorsi a discutere alla Sapienza, levato al cielo le loro armi: quelle del pensiero critico e dell'argomentazione, della razionalità e del consenso attorno alle loro vertenze, della voglia di essere presi in considerazione, almeno quando si manomettono, come vorrebbe il governo, i delicati ingranaggi dei loro percorsi formativi

Le fredde lastre di marmo su cui abbiamo dormito alla Sapienza certamente non sono il massimo del comfort dopo una giornata di manifestazione tra le interminabili strade della nostra splendida capitale. Un corteo immenso, pieno di rabbia e di colore, attraversato dalla gioia di ritrovarsi, finalmente, sentendosi partecipi di un percorso colletivo.
Siamo rimasti in migliaia a trascorrere la notte nella cittadella universitaria, accampati alla buona, con sacchi a pelo e coperte di fortuna, guadagnando una postazione tra gli interstizi dell'immenso tappeto umano che si distendeva negli atri, nei corridoi e sulle scalinate delle facoltà occupate.
Fuori una notte d'inverno; dentro un calore insolito, nuovo, fatto di sguardi e volti sorridenti, di impressioni e interminabili discussioni tra giovani che non si erano mai visti prima, che si incontravano per la prima volta, eppure legati da un avvolgente senso di familiarità, di comunanza. Magari perché viviamo gli stessi disagi, magari perchè i drammi e gli entusiasmi delle nostre vite si somigliano, così come le ansie e le ambizioni.

La Minerva della Sapienza, intanto,ci osservava fiera, con la lancia ben salda nei pugni e le braccia levate al cielo.
Minerva fu la divinità romana della guerra, e la protettrice degli artigiani. Da un punto di vista mitologico, la figura di Minerva deriva da quella di Atena, suo corrispettivo nella mitologia greca. Il termine Minerva fu probabilmente importato dagli etruschi che la chiamavano Menrva. I romani ne confusero il nome straniero con il loro lemma mens (mente) visto che la dea governava non solo la guerra, ma anche le attività intellettuali.
In un'opera di Plutarco, "Pericle", Minerva appare a Pericle in sogno ordinando delle cure per un cittadino malato di Atene.
Il cittadino malato della nostra Repubblica, almeno a nostro avviso e per quello che ci riguarda, è, tra gli altri, la cultura.

Sessant'anni dalla approvazione della Costituzione e dei suoi articoli 33 e 34,che ci parlano di uno Stato che concepisce liberi i saperi e la scienza ed in cui "i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". Quarant'anni dal Sessantotto, il padre di tutti i movimenti, con la sua voglia di abbattere ogni barriera ed ogni ostacolo economico-sociale sulla strada dell'istruzione e dell'emancipazione culturale.
Quarant'anni dopo gli studenti di questo Paese ancora non sono uguali di fronte all'istruzione; troppi sono i giovani che, nonostante meriti e determinazione, sono costretti a ridimensionare le proprie ambizioni di fronte alla necessità di non gravare sulle famiglie per i propri studi, anzi spesso a doversi organizzare per sostenerle.
Quarant'anni dopo sono ancore tante le muraglie granitiche e invalicabili per l'accesso al proprio futuro: numeri chiusi, clientele diffuse, corporativismi professionali.
Quarant'anni dopo, anche quando, senza agganci né raccomandazioni, vinci tutte queste resistenze e ti laurei con lode, comincia una nuova odissea, quella della precarietà.
E allora via con lo sfruttamento, passando da un tirocinio non retribuito all'altro attraverso qualche master dal costo multimilionario per il quale una famiglia media, in piena crisi economica, deve stringere la cinghia fino all'inverosimile e dare fondo ai risparmi di una vita. E nonostante tutto nulla e detto, niente è sicuro nell'Italia delle dinastie baronali e dei cognomi illustri, soprattutto negli ambiti accademici.
Quarant'anni dopo!

Dite che esageriamo? Che siamo strumentalizzati? Che siamo facinorosi?
Oggi la Gelmini ha dichiarato, nel tentativo di imbonirci, che questo "è un governo del cambiamento, per molti versi di sinistra".
Eppure noi non abbiamo scordato le classi differenziate per i figli dei migranti, la caccia ai rom, le sconvolgenti dichiarazioni revisioniste sul Fascismo e su Salò, le frasi di Cossiga sulla necessità di infiltrare per poi massacrare a botte il movimento e le tentazioni reazionare del Presidente del Consiglio che minacciava sgomberi a tappeto e Stato di polizia.
Chi sono i facinorosi? Noi che riempiamo le piazze di colore e voglia di cambiamento o loro che potendo ci spazzerebbero via con ogni mezzo dalla geografia politica del paese?

Non importa quale etichetta politica si dia alle operazioni in corso, la verità è che un miliardo e mezzo di tagli per le università pubbliche non sono una politica di riduzione degli sprechi. Sono colpi di scure alla cieca e i colpi di scure non penalizzano i baroni, anzi, rafforzano i micropoteri che distribuiranno i soldi rimasti.
Ci hanno detto che manifestiamo a braccetto con i baroni che contestiamo, ma la verità è che il disegno complessivo del governo è talmente scellerato che neanche una sola categoria dei lavoratori intellettuali se l'è sentita di rimanere in silenzio, professori comprersi.
Il disegno è di facile intellegibilità: dequalificare il pubblico per favorire il privato.
Trasformare le università in fondazioni private significa consegnare i saperi ad una logica di mercato che porprio oggi, dentro il fallimeno clamoroso dei mercati mondiali, ne dimostra la fallibilità.

In ogni caso noi, come la Minerva, abbiamo levato al cielo lance e scudi, ma non intendiamo combattere con quelle armi. Le nostre lance e i nostri scudi, le uniche armi che conosciamo, sono quelle del pensiero critico e dell'argomentazione, della razionalità e del consenso attorno alle nostre vertenze, sono la voglia di capire, interpretare ed esprimerci, di essere presi in considerazione, almeno quando si manomettono i delicati ingranaggi del moto tortuoso dei nostri percorsi formativi.
Alla Sapienza in ognuno delle centinaia e centinaia di interventi che abbiamo ascoltato c'era il racconto di tutto questo. Un dissenso unanime, spesso rabbioso, ma anche una grande capacità di proposta.

Tre workshop e centinaia e centinaia di interventi.
Sareste stati sorpresi nel vedere le aule delle assemblee stipate di studenti sintonizzati tutti sulla stessa "lunghezza d'onda" e intenti ad ascoltare silenziosi fiumi di riflessioni. Non si è parlato solo dei tagli, ma anche delle modalità di apprendimento che l'università ci propone, spezzettate in piani di studio pensati per un sapere spesso nozionistico, tecnicistico e privo di strumenti interpretativi e critici, una sapere senza visione, senza respiro. E si è parlato dei processi disgregativi della nostra generazione e degli studenti, sempre più confinati nell'individualismo e appiattiti sul quotidiano.
E invece noi eravamo alla Sapienza, in migliaia, e siamo fieri di esserci stati.

Per decenni gli studenti sono stati un tessuto sfilacciato ed amorfo, sono stati solo una massa di individui. Ma i cicli storici spesso mutano imprevedibilmente.
Oggi quest' Onda sta creando una frattura nelle tendenze diffuse del Paese. Forse credevano di aver spento definitivamente ogni coscienza, di aver definitivamento appaltato l'educazione dei giovani ai reality show e ai salotti televisivi postmoderni, dove tutto è pettegolezzo e dove il gossip è tutto ciò di cui si possa parlare. Dentro la società liquida è parso fino ad oggi che la sola aggregazione possibile dei giovani fosse quella incentrata sul consumo.
Certo questa rimane una società liquida, ma in fisica l'onda d'urto è proprio questo: il risultato di un solido che attraversa un fluido o un gas con un moto dirompente.

Crediamo che il nostro risveglio all'ombra della fiera Minerva non sia stato solo un dimostrazione della nostra solidità, ma che sia un'esempio del fatto che non è detto che in questa cesura della storia non sia più possibile unirsi e combattere per un diritto, non è detto che le classi dirigenti autoreferenziali debbano morire piuttosto che essere superate e sostituite, non è detto che le barriere non possano essere abbattute e le frustrazioni collettive non possano essere trasformate in determinazione verso il nuovo.
Quest'Onda di cui ci sentiamo molecole può diventare qualcosa di ancora più utile al Paese, come un'onda elettromagnetica, che diffondendosi genera un campo di forze che risveglia tutti i corpi su cui si riversa. Quei corpi siete voi, non solo i lavoratori, ma più in generale i cittadini. Noi abbiamo compiuto il nostro risveglio. Ora speriamo che, osservando ognuno la vostra "Minerva", possiate compiere il vostro, insieme a noi.


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