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Aprileonline: La scuola fra restaurazione e smantellamento

Anche nell'ambiente della scuola matura quel modello di società che prima provoca e permette, ma poi punisce

24/09/2008
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Aprileonline

Roberto Villa, Dal ritorno al maestro unico, il ripristino del voto in condotta fino al grembiulino obbligatorio.

I provvedimenti prefigurati dalla premiata ditta Berlusconi-Gelmini (D. Legge 112 convertito in legge 133/2008 e D. Legge 137/2008 che attende la conversione in legge) in materia di riforma del sistema scolastico rischiano di porre una pietra tombale sui principi costituzionali e pedagogici che fanno capo all'istruzione pubblica. Inoltre, la "contro-riforma" sancisce l'anacronistico ritorno ad ordine e disciplina quali cardini dell'educazione di bambini e ragazzi.

Le proposte del governo vanno analizzate su due piani e recano duplici significati. Da un lato ci sono le demagogiche operazioni di facciata - introduzione del grembiulino, ripristino dei voti decimali in tutti i gradi di istruzione, ritorno al voto in condotta con bocciatura automatica se inferiore alla sufficienza nel nome di una lotta senza quartiere al bullismo - già discutibili in sé e funzionali a distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalla sostanza reale del provvedimento: tagli al personale (stimati in ottantasettemila posti fra docenti e personale ATA), riduzione dei finanziamenti alla scuola pubblica in favore di quella privata, ritorno al maestro unico nelle scuole elementari con conseguente aumento del numero di alunni per classe, riduzione del tempo prolungato, tagli alle università e via con una serie di iniziative volte a una vera e propria restaurazione pre-sessantottina.

Analizzando con maggiore attenzione i singoli elementi della controriforma si nota che la reintroduzione del grembiulino è stata propagandata come il tentativo di porre fine al triste spettacolo di griffe in bella mostra e eccessive disparità sociali. La tradizione conservatrice e autoritaria delle destre, però, fa pensare a un disegno culturale che incentiva il senso di appartenenza all'istituzione, imponendo un consenso cieco e fideistico e, quel che è peggio, eliminando le differenziazioni sociali che naturalmente scaturiscono in un ambiente variegato come quello della scuola. Senza contare che è proprio il liberismo di cui la destra si fa sostenitrice a produrre e alimentare le suddette disparità. Anche nell'ambiente della scuola, dunque, matura quel modello di società che prima provoca e permette, ma poi punisce.
Nello stesso ambito di restaurazione autoritaria va considerato il ripristino del voto in condotta, certamente vano come deterrente per gli episodi di bullismo che sempre più frequentemente inquinano il sistema scolastico e minaccioso nei confronti di quegli studenti, magari un po' inquieti o polemici, capaci comunque di mantenere un alto rendimento in termini di apprendimento.
Il recupero dei voti decimali in sostituzione dei giudizi sul comportamento scolastico dell'alunno segna il ritorno a quel dannoso principio per cui ad un soggetto debba corrispondere un numero, alla faccia di interi archivi di studi pedagogici sull'argomento.

I tagli al personale e al finanziamento pubblico si ascrivono nel più ampio quadro di attacco ai diritti e alla dignità del lavoro, ormai precarizzato in ogni sua sfaccettatura, e alla dimensione pubblica che si vorrebbe sostituita dalla feroce privatizzazione che sgretola assetti sociali e istituzionali.
Il maestro unico nelle scuole elementari pone fine all'esperienza del gruppo di insegnanti specializzati che aveva caratterizzato positivamente il nostro sistema educativo, qualificandolo fra i migliori d'Europa per quanto riguarda le scuole elementari.
La riduzione del tempo prolungato fa da contraltare al grande bisogno di apprendimento che recenti studi hanno dimostrato appartenere a gran parte degli studenti italiani e mette in difficoltà riti ed abitudini di numerose famiglie, impossibilitate a prendersi cura dei figli durante l'intero arco della giornata a causa degli impegni lavorativi.
Il taglio alle università, a cui si impone praticamente di trasformarsi in fondazioni, riafferma la logica classista che prevede l'istruzione come prerogativa e privilegio di pochi e non come diritto diffuso alla maggioranza della popolazione.

Si tratta dunque di un intervento massiccio che mette a repentaglio la tenuta di un sistema già fatiscente, entro il quale il personale scolastico spesso si prodiga oltre le proprie possibilità per poter garantire il migliore svolgimento del processo educativo, ricevendo come ricompensa stipendi irrisori.
Si tratta di un'operazione culturale, di una autentica crociata che smantella l'idea fondativa di uno Stato che fa crescere le nuove generazioni attraverso l'apprendimento scolastico.

La scuola pubblica - attraverso questa controriforma restauratrice - non viene considerata come patrimonio collettivo su cui investire, né come strumento educativo e formativo, bensì come fucina di sprechi da tagliare, come piaga sociale da estirpare.

La riaffermazione del diritto fondamentale allo studio in un ambiente scolastico efficiente, propositivo e egualitario - così come la difesa del lavoro salariale - sono passaggi fondamentali nella costruzione del dissenso e dell'opposizione al governo populista delle destre.


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