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Aprileonline: Investire nel sapere

Alba Sasso

07/03/2007
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Aprileonline

La riflessione Le notizie e i dati Istat che provengono dal mondo della scuola e dell'Università consegnano una situazione precaria e preoccupante da molti punti di vista. Per questo è giusto il richiamo del ministro Fioroni e del Premier: bisogna tornare alla centralità sociale dell'istruzione
"Imprenditori,finanzieri svegliatevi - cito Tullio de Mauro - svegliamoci tutti! Se non vogliamo precipitare a rotoloni lungo la china di un paese a "civiltà sempre più limitata" dobbiamo investire risorse intellettuali e morali, politiche ed economiche nello sviluppo del nostro sistema di istruzione e di ricerca. Ogni soldo speso per l'istruzione è un soldo speso in salute, sicurezza, sviluppo di tutti e tutte . Forse avremmo dovuto spiegarlo meglio a chi ha governato e governa."

Perché stupirsi allora se i dati Istat ci restituiscono l'immagine di un Paese nel quale ancora, pervicacemente, la spesa per l'istruzione rappresenta un costo e non un investimento? Dove le politiche per il sapere, nonostante il gran parlare della ‘società della conoscenza ' restano politiche di settore (sulle quali si può stringere la cinghia). E dove l'ubriacatura neoliberista degli ultimi anni ha fatto vacillare l'idea che nel settore dei diritti primari servano solide politiche pubbliche, per garantire equità e pari opportunità.

A queste logiche risponde il fatto che negli ultimi 15 anni la spesa complessiva dello Stato è scesa dal 12,6 del '90 al 10,6 del 2005. Che la quota di Pil (la ricchezza prodotta da tutte le attività del Paese), reinvestita nella scuola e nell'università, scende negli stessi anni dal 5,5 per cento al 4,7.

Una diminuzione frutto di una costante politica di tagli, precipitata negli ultimi 5 anni, per scuola e università. Si tratta, per capirci, di 12 miliardi di euro in meno .

Ma vogliamo riflettere sul fatto che da tempo la scuola pubblica, in particolare, non è al centro dell'interesse del Paese? E che le uniche ricette per affrontare i suoi problemi sono quelle semplificate di sempre. Risparmiare sul numero degli insegnanti, del personale amministrativo, risparmiare sull'edilizia scolastica. E risparmiare senza reinvestire, insomma senza avere un progetto di sviluppo qualitativo del sistema. E vogliamo riflettere sul fatto che il lavoro buono della scuola italiana (di tanti bravi docenti, dirigenti, studenti) è totalmente invisibile rispetto alla galleria degli orrori (bullismo e &) che affolla quotidianamente le pagine dei giornali? Una caduta di stima e quel che è più preoccupante di autostima.

Forse oggi, per non stupirsi inutilmente per ogni rapporto pubblicato, bisognerebbe avere elementi di lettura e di analisi sulle esigenze della scuola, sui suoi bisogni e insieme sulle sue potenzialità. Sugli interventi per affrontare l'emergenza, ma sulle politiche e sulle strategie di lungo respiro. Per restituire forza e autorevolezza alla scuola. Avendo chiaro che un Paese cresce se cresce il livello di cultura e di civiltà della maggioranza dei suoi cittadini, che il sistema produttivo cresce se si investe in innovazione e in istruzione. Come fanno da tempo paesi come Cina e India.

Fa bene il Ministro Fioroni a portare il tema sul tavolo del governo. Fa bene il Presidente del consiglio a mettere le politiche per scuola e università tra le priorità del governo. Perché è urgente rimettere al centro dell'attenzione del Paese il bene dell'istruzione, così come già recitava il programma dell'Unione. Ne va della possibilità di costruire una crescita duratura e insieme una società matura e "responsabile".


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