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Aprileonline: Contro la crisi, il lavoro

Del contesto difficile che l'Italia e il mondo stanno vivendo abbiamo parlato con Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil

12/11/2008
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Aprileonline

Marzia Bonacci

Ci sono i recenti dati dell'Inps che fotografano come solo a settembre la cassa integrazione ordinaria sia cresciuta del 68% in un anno sfiorando l'80% nel mondo degli operai. Ci sono i numeri della Cgil-Fiom che parlano di 200mila metalmeccanici a tempo determinato che nei fatti sono stati licenziati, visto che per i precari non c'è cassa integrazione, mentre aleggia lo spettro di altri 500mila posti di lavoro nell'industria che rischiano di andare in fumo. E, infine, la pubblica amministrazione e i servizi falcidiati, con la prima che tra agosto e settembre ha registrato una crescita della cassa integrazione del 113%. La crisi economica globale, in asse (nefasto) con le politiche del governo (sbagliate e inadeguate), stanno piegando il paese. Di fronte all'impennata di richiesta della cig lo stesso segretario Epifani ha lanciato l'allarme avvertendo che entro due mesi i fondi per gli ammortizzatori sociali rischiano di esaurirsi. Oggi un emendamento alla Finanziaria, che sarà presentato in Aula alla Camera dalla Commissione Bilancio, ha stabilito lo stanziamento di 150milioni di euro proprio per rispondere a questa emergenza.
Di tale contesto difficile che l'Italia e il mondo stanno vivendo abbiamo parlato con Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil.

Il governo aumenta i fondi per la cassa integrazione. Una scelta positiva?
Per mesi abbiamo sottolineato che una crisi eccezionale non si poteva affrontare se non con strumenti di carattere eccezionale. Quello degli ammortizzatori sociali è uno di questi, perché in una fase di recessione il primo obbligo che si impone è di non chiudere le imprese e di non perdere posti di lavoro. Il governo ha compiuto, dopo la nostra pressione, un primo passo in questa direzione aumentando i fondi per gli ammortizzatori sociali, ma è una risposta che non può bastare. Sebbene sia positiva.

Perché non basta?
Perché i fondi stanziati non saranno sufficiente se li confrontiamo con i dati di richiesta di cassa integrazione, che sono elevatissimi e cresceranno, e con il prolungamento dei tempi che queste stesse richieste avranno.

Che fare allora?
Deve partire parallelamente un meccanismo che aiuti la ripresa tenendo insieme i diritti dei lavoratori con la possibilità di riprendere la produzione industriale.

Di che tipo di meccanismo si tratta?
Dell'intervento fiscale a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Il calo di produzione è infatti drasticamente legato al calo dei consumi: se non si favoriscono questi ultimi, non si rende possibile alcuna ripartenza produttiva.

Quindi non sono sufficienti i fondi per la cassa integrazione e manca una politica più generale che si affianchi a queste misure eccezionali: è questo quello che rimproverate al governo?
Si ma non solo. Questo innalzamento delle risorse per la cassa integrazione, seppure non sufficiente, presenta anche un ulteriore limite: non tiene in conto che c'è una parte consistente di mondo del lavoro esclusa dagli ammortizzatori sociali, cioè i precari.
Per questo abbiamo chiesto, in tale fase di crisi acuta, una estensione degli ammortizzatori sociali a tutti coloro che ne sono privi, in particolare i precari, che per primi pagano la crisi delle aziende. Di questo non c'è traccia nel provvedimento del governo. Inoltre anche la scelta di azzerare le norme varate dal precedente esecutivo sulla stabilizzazione dei precari ha prodotto e produrrà delle aberrazioni che, insieme al clima di crisi economica, non faranno che aggravare il quadro del precariato.

Dunque il governo rispetto alla crisi economica in atto sta perseguendo una politica inadeguata?
Si, perché se continua questo trend i fondi stanziati non saranno sufficienti ad appagare le richieste di cig che ci sono e ci saranno in modo crescente nei prossimi mesi, e non consentiranno di estendere gli ammortizzatori sociali ai precari. Inoltre, se manca un intervento che faccia ripartire consumi e quindi produzione, la crisi non potrà che aggravarsi.

Favorire, come tu dici, una ripresa dei consumi significa procedere ad una rivalutazione anche del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni. Ma dove si possono trovare i finanziamenti per fare questo?
I dati sul fisco dimostrano che l'aumento fiscale che si è realizzato riguarda le trattenute sui redditi, cioè dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Di fronte ad un contesto di crisi, i dati sul fisco testimoniano che per queste categorie sociali c'è stato una aumento della pressione fiscale. Una parte di tale surplus, pagato dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, deve essere dunque ridistribuito a loro vantaggio. Non è solo un'opera di giustizia sociale, ma anche un investimento produttivo che consente la ripresa dei consumi e di conseguenza della produttività delle imprese, con un ritorno fiscale anche per le casse dello Stato.

La Cgil ha anche proposto un intervento dello Stato a sostegno delle piccole e medie imprese. Perché?
Perché è indispensabile che esse restino in piedi e perché questo avvenga c'è la necessità che possano accedere al credito, che in questo momento le banche stanno razionando. Certo non in mondo indistinto, bisogna infatti chiarire a che fine e sulla base di quali parametri queste realtà industriali abbiano diritto ad accedere al credito da parte delle banche. Uno dei limiti in questi anni è stato quello di pensare che si potesse competere nel mercato globale risparmiando sul costo del lavoro e non sull'innovazione di prodotto. Perciò si deve, anche attraverso la leva fiscale, premiare chi innova: è questo il futuro produttivo.

Di questa crisi finanziaria che sta contagiando anche l'economia reale sembra non ci sia consapevolezza. La cassa integrazione e i licenziamenti dilagano e molti centri industriali e molte attività commerciali rallentano la produzione o addirittura la interrompono. Eppure i media non sembrano interessarsi a tale contesto. Perché?
E' in atto un tentativo di tranquillizzare sugli effetti di questa crisi che in parte è comprensibile. Il problema però è quanto durerà la crisi ma soprattutto come se ne uscirà. In Italia, faccio un esempio, il settore manifatturiero produce per oltre i tre quarti per il mercato interno: dunque o si interviene sui salari per rilanciare i consumi oppure si rischia un empasse duraturo nel tempo. Tenendo conto che la crisi è internazionale, anche produrre per l'esportazione non è più sufficiente.

Da questa crisi globale l'unico aspetto positivo che emerge è la coscienza, oggi più diffusa del passato, per cui il mercato da solo non si autoregola...
Quando lo sostenevamo eravamo tacciati di estremismo, adesso è coscienza diffusa. Così come è coscienza diffusa il fatto che non ci può essere economia di carta senza quella reale. Eppure poi al momento dell'azione non domina la stessa coerenza, soprattutto da parte del governo, che sembra occuparsi solo delle esigenze delle banche.


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