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AprileOnLine: Contro l'università dei 'predestinati'

Ricerca. Continuano i 'cahiers' di una ricercatrice al Ministro Fabio Mussi. Oggi un 'quaderno di contentezza' per incoraggiare le buone intenzioni

01/06/2006
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Aprileonline

Marina Montacutelli

Caro Fabio,
in questi giorni – che immagino per te di intenso lavoro e di grande preoccupazione, forse dominati dalla sensazione di scoperchiare un verminaio di non rare clientele e di frequenti abusi – hai fatto alcune importanti dichiarazioni: hai detto, in un complesso articolo su “il Sole-24 ore” ma anche nelle prime visite nelle università e nei centri di ricerca italiani, che è necessario provare a “rimettere in relazione e in valore conoscenza, scienza e lavoro, scommettendo sui giovani” ricordando, peraltro, che il mercato sarà pure governato da una mano invisibile, ma che gli attori - di questo mercato dello sfruttamento della “manovalanza” intellettuale - ci vedono molto, molto bene. Soprattutto se si tratta di guadagnare al minimo prezzo e al massimo del privato beneficio. Questione antica, questione centrale, quella della rottamazione degli esseri umani. A te è toccata la rottamazione dei cervelli.
Così, a chi ti suggeriva di aumentare le tasse universitarie (ancora!), di abolire il valore legale del titolo di studio e di garantire totale autonomia alle università (facendole diventare, temo, monadi impazzite e in concorrenza non per il sapere ma per accaparrarsi tanti studenti, quanti più studenti possibile: e i rettori che mutano in novelli zio Paperone, con il segno dell’euro negli occhi), hai risposto per le rime. Hai detto, ad esempio, che l’università non è “un parcheggio di vite in attesa” e che rifiuti la logica dei sommersi e dei salvati: laddove per sommersi si intende chi non può – per censo – accedere all’“Università dei Predestinati”.
Hai fatto anche di più: hai sottolineato che ricerca e alta formazione sono indissolubilmente legate e che la Repubblica delle Lettere e delle Scienze – che deve apprendere la dura arte dell’autogoverno – si colloca nello spazio europeo. Questo, però, noi lo sapevamo già perché è parte naturale ed ovvia del nostro lavoro dialogare con i colleghi stranieri: che ci guardano, per la verità, con non poca commiserazione e talvolta ci pagano pure, se non lo sai, le ricerche. Ci chiediamo, anzi, perché non ti fai promotore di animarlo, questo famoso “spazio europeo della ricerca” (priorità di tutti ma più deserto del deserto del Sahara) con la figura del ricercatore europeo: non si capisce proprio per quale ragione debba esserci tanto straparlare di moneta e di eserciti dell’Unione e mai di mettere, invece, dei libri nei cannoni.
Hai anche predisposto – senza tanto clamore, perché hai capito che non è bene esser chiacchieroni - alcuni provedimenti simbolicamente molto importanti: mentre cominci a dare un’occhiata alle università telematiche (quelle che hanno tanto il sapore del baraccone di fiera, tipo “tre palle, un soldo”), hai dato ad esempio un bel colpo di spugna alla “Ranieri” di Villa San Giovanni: che doveva essere (per un impulso, temo, elettorale) una sfolgorante università europea a tre chilometri da quella statale, autorizzata a sfornare – a pagamento, com’è ovvio – suadenti azzeccagarbugli o bravi cavadenti fornendo (sempre sborsando, naturalmente) agli studenti tutti i confort come l’albergo a cinque stelle munito di stanze con vista sullo Stretto (ops, sul Ponte): l’università – si fa per dire - era stata fondata, come sai, dal produttore di agende dottor Ranieri che, anche se in un impeto di modestia si era per la verità autoproclamato rettore, non aveva dimenticato però i propri avi e l’aveva affettuosamente intitolata al “su nonno”.
Così, questo è un “quaderno di contentezza”: per incoraggiare – mentre aspettiamo la “ciccia” - le buone intenzioni. Per acclamare i tuoi viaggi tra noi: che siamo, perdona se te lo ricordo, non oggetto ma soggetto del tuo lavoro. Magari, se qualche volta capiti senza avvisarci e ti siedi tra i banchi o sbirci le provette, eviti l’usura dei tappeti rossi e forse impari qualche cosa in più.
Rendi trasparente il “palazzo”, lavora non per noi ma con noi, inaugura anche uno “stile” diverso. E ricordati di controllare sempre bene – ché di gatti e volpi in giro, vicini e lontani, ce ne sono fin troppi - a chi affiderai gli zecchini d’oro: saranno sudati perché le priorità del Paese sono tante (e tra quelle del Governo l’università e la ricerca ancora non le abbiamo viste). Ma serviranno per comprare il solo abecedario che può portarci lontano e la giubba nuova di cui l’Italia ha proprio bisogno. Noi non crediamo nel “Campo dei Miracoli”, ma nel duro lavoro, tuo e nostro. E’ un impegno che fa paura. Ma ne vale proprio la pena.


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