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AprileOnLine: Contro i bulli, la Scuola

Alba Sasso

29/05/2008
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Aprileonline

Posso dire che me l'aspettavo? La proposta di una task force contro il bullismo? E che altro in tempi di ronde e punizioni esemplari? Tralascio le domande stupide -chi sono i componenti delle task force, dove si muovono, e soprattutto cosa sanzionano- per evidenziare come ci troviamo sempre di fronte a soluzioni che tentano di eludere i problemi.

Ma vogliamo parlare veramente del bullismo delle giovani generazioni, in una società anch'essa un pò bulla? Dal nonnismo nell'esercito ai modelli della sopraffazione e dell'individualismo spietato, mutuati da molti programmi di intrattenimento televisivo.

E d' altra parte il fenomeno del bullismo -"un gruppo o un singolo che sceglie qualcuno da perseguitare e ne fa vittima umana perenne"- non esiste da ora: affligge per esempio molti paesi (a cominciare da Norvegia e Scandinavia) e colpisce ogni ordine di scuola a iniziare da quella elementare. Ricerche recenti ci dicono che non è un fenomeno in evidente crescita, ma la novità è che, a differenza del passato, oggi viene esibito con tracotanza, anche utilizzando sapientemente le tecnologie, dai telefonini alla rete, diventando quasi un bollino di qualità per i forti, gli "oppressori".

Inoltre la novità più amara è che la scuola diventa sempre più permeabile alle pulsioni negative che esplodono nella società. Assistiamo a una violenza sempre più diffusa che va dall'aggressività quotidiana, nei condomini o negli uffici (anche se qui si chiama mobbing), a violenze singole e di gruppo contro le donne o addirittura le bambine, e tutto questo con ripercussioni sul mondo dell'istruzione. Potremmo dire quasi la diffusione di un modello. Nel libro di Dan Olweus, "Bullismo a scuola", si individua come argine a questo fenomeno un'azione congiunta di insegnanti, famiglie e studenti stessi. Insomma la potente task force contro la violenza giovanile si chiama scuola.

Perciò serve un patto tra le varie componenti della vita scolastica: docenti, famiglie, studenti. E in alcune situazioni si è già cominciato a lavorare in questo senso. Serve il recupero di un forte rapporto scuola-famiglia, quella capacità di ascoltarsi, di collaborare che per tanto tempo è stato il motore di crescita dell'istruzione pubblica. Serve alzare il livello di coinvolgimento e corresponsabilizzazione degli stessi studenti. Certo ronde e task force sembrano soluzioni immediate, ma il fenomeno è troppo vasto e profondo perché possa essere sradicato da due o tre interventi forti. E poi cala il silenzio, come su tante cosiddette emergenze nel nostro Paese. Certo, serve severità e fermezza -anche omogeneità di atteggiamenti- di fronte a ogni atto di sopraffazione, ma è utile nel tempo una scuola attenta, seria e rigorosa, in grado di educare, di suggerire e praticare modelli di comportamento rispettosi di sé e degli altri. Una scuola che c'è, nonostante stampa e mass media la dipingano diversamente. È evidente che, oggi, la trincea su cui attestarsi è quella dei "no che aiutano a crescere", non certo nel senso di una scuola chiusa al nuovo. Al contrario. Può essere, per fare un solo esempio, il luogo in cui i ragazzi imparino a padroneggiare le tecnologie (computer telefoni ecc,) finalizzandole alla propria crescita culturale. Il no perde però di ogni efficacia se alle spalle della scuola le famiglie fanno mancare il sostegno attivo a ogni intervento. Il preside di un istituto di Bari che periodicamente viene aggredito da genitori bulli che difendono figli bulli è il paradigma di questa necessità. Il ragazzo che alle otto varca la soglia di casa, porta nel suo sociale messaggi, modelli, consuetudini, linguaggi mutuati nell'ambito familiare. Sempre più difficile dunque lavorare in presenza di una forte disomogeneità di comportamenti e culture. Ma la scuola resta, per amore o per forza, l'unico luogo che ha come suo compito quello di restituire senso e significato a quanto si vive e si apprende fuori di essa. E della centralità della scuola per la tenuta civile del Paese comincia a rendersi conto anche la stampa. Ma serve un dialogo continuo con i genitori, con gli studenti, col mondo esterno.

Una task force imbattibile, se messa correttamente in campo, e supportata dagli esperti, psicologi, sociologi, medici, ma anche sportivi e creativi, coinvolti in un progetto che restituisca ai ragazzi la voglia di andare a scuola. Ma una scuola autorevole, quella che trasmette il sapere, che aiuta e supporta la crescita, non la cieca negazione di autonomie e diritti. Un edificio scolastico può essere percepito come una prigione, se resta vuoto di contenuti e di vissuto collettivo. Una scuola capace di coinvolgere i ragazzi, a partire dai loro reali interessi, è il miglior antidoto di lunga 'efficacia' al bullismo.

*Sinistra democratica


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