Aprileonline: Che ne sarà di noi enti pubblici
I dipendenti dell'Isfol dopo dieci anni di precarietà vogliono un po' di sicurezza professionale. Gli enti di ricerca italiani stanno scomparendo. I continui tagli rischiano di far scappare i nostri ricercatori all'estero
Perla Pugi,
Il problema delle stabilizzazioni è diventato sempre più pressante all'Isfol - Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei lavoratori - e anche se adesso i precari stanno vedendo un po' di luce in fondo al tunnel, ancora si sentono sospesi in una sorta di Limbo che sembra infinito.
Una situazione complicata considerando che la pianta organica prevede 107 posti, gli stabilizzanti sono 190 per solo 20 posti disponibili.
Diventa poco consolatorio sapere che, nonostante l'85% precari sul totale degli addetti, non ci sono più parasubordinati perché le collaborazioni sono delle consulenze. "Le poche che rimangono", precisa Claudia Tagliavia, del sindacato della Cgil - Flc precaria e ricercatrice, "c'è stata una trasformazione di parasubordinati in tempi determinati con un contratto mediamente lungo e, comunque, con tutte le tutele previste dal contratto nazionale." Poi, è stato inserito nelle graduatorie di stabilizzazione anche "il gruppo, diciamo, dei vecchi tempi determinati che è stato inserito nelle graduatorie di stabilizzazione grazie alle norme previste nella finanziaria 2007 e, attraverso i finanziamenti previsti per il 2008, c'era la possibilità di avere le risorse finanziarie necessarie per portare a termine il percorso di stabilizzazione", spiega ancora Tagliavia.
La faccenda sembrava quasi risolta solo che con il nuovo governo "questo percorso si è brutalmente interrotto. C'è stata l'emanazione del decreto sull'Ici che ha, per intero, sottratto quanto la finanziaria 2008 aveva dato all'istituto per consentire le stabilizzazioni. Tutti i soldi previsti sono stati tolti, complessivamente 85milioni sul triennio. Questo evidentemente ha comportato un momento di terrore, nel senso che per un lungo periodo siamo stati tutti senza sapere cosa ne sarebbe stato di noi", dichiara la sindacalista della Ggil.
In questi giorni, stanno cercando una soluzione per togliere dal precariato tutti questi lavoratori "si sta gradualmente uscendo con l'impegno dell'amministrazione, intanto, di mantenere in servizio tutti quelli che rientravano nella graduatoria di stabilizzazione e poi con un impegno, che noi speriamo sia bipartisan, del Parlamento per reintegrare almeno in parte quanto è stato tolto. In questo momento, stiamo cercando di capire come è andata la discussione che è passata nelle Commissioni riunite di bilancio, tesoro e finanza nelle quali sono stati portati emendamenti al decreto legge Ici, quello che ci ha tolto tutti i soldi.Dovrà essere convertito in legge e noi speriamo che con questa conversione si recuperi, almeno in parte, le risorse che ci sono state tolte. Quindi, adesso siamo in una fase interlocutoria, nel senso che siamo tutti in attesa di sapere che ne sarà di noi", dichiara Tagliavia.
"Negli Enti pubblici di Ricerca e in particolare all'Isfol, l'ostacolo maggiore alla stabilizzazione del personale a tempo determinato è costituito dai limiti imposti dalle piante organiche. Serve intervenire su questi limiti, mantenendo fermi i soli vincoli di bilancio degli Istituti", spiega Enrico Sestili, del sindacato Uil Pa Università e Ricerca, "la presenza di un consistente precariato negli enti pubblici e nelle università sta determinando anche un blocco dei processi di rinnovamento generazionale. Ai precari sono di fatto preclusi i normali percorsi di carriera, dato che sta radicalizzando anche il fenomeno della fuga dei cervelli. Per tale motivo è necessario dare corso alle stabilizzazioni per le diverse tipologie di precari e favorire canali di reclutamento per i nuovi laureati."
Il precedente governo aveva dato l'impressione ai sindacalisti di aver imboccato una direzione precisa con interventi mirati. "Una logica di missioni attività, capacità di trarre i fondi e di interpretare in qualche modo i bisogni del bacino, dell'ambito di riferimento", spiega Tagliavia ,"in quest'ottica gli aspetti formali e burocratici dovevano venire in secondo piano. Adesso questo argomento non è più all'ordine del giorno, anzi sembra quasi che più si taglia e meglio è."
Rimane una nota amara in tutta questa storia: È stata persa l'occasione di rilanciare un'ente di ricerca importante. Le operazioni spericolate di riorganizzazione, il mix pubblico e privato senza una chiara idea di come applicare questo rapporto in un ambito fragile come quello della ricerca in Italia preoccupano non poco il settore. "La ricerca pubblica in Italia è già ampiamente sotto finanziata e sotto valorizzata. Quello che volevamo fare era, qui come altrove, il rilancio di un ente pubblico di ricerca", spiega con amarezza Tagliavia, "e quello che si teme adesso è che l'Isfol, come è accaduto a molti altri enti, si trovi in difficoltà a vantaggio del privato. Per esempio, l'Enea è stata esclusa dalla "riflessione" sul rilancio del nucleare. Ora che un ente pubblico destinato a occuparsi di questo non venga coinvolto in una discussione che riguarda il suo oggetto di lavoro lascia molte perplessità. E ancora l'accorpamento di APAT, ICRAM e INFS che è stata un operazione non concordata neanche con gli enti. Questo è inquietante."
Sono previsti dei tagli alla ricerca pubblica italiana e che vengono indicati nel DTF (Department of Treasury and Finance) vengono definiti dalla sindacalisti della Cgil "terrificanti perché si aggiungono a una povertà della ricerca pubblica in Italia che ci ha messo all'ultimo posto"
nella classifica europea come numero di Dottorati di ricerca. " La situazione dell'Isfol è un po' al limite sia perché nessun altro ente ha un livello così alto di precariato occupazionale, nonostante sia molto diffuso, sia perché in un certo senso facciamo da laboratorio in quanto ci occupiamo di ricerca sociale che è un ambito molto curato nel privato e rischiamo per questo di essere, in qualche modo, fusi e integrati con Spa, fondazioni o, comunque, con soggetti che non hanno un ruolo istituzionale e questo ovviamente ci preoccupa parecchio perché, a questo punto, ci si trova a doverci preoccupare, come organizzazione sindacale, oltre del destino degli esseri umani anche del destino degli enti. Questo perché gli enti di ricerca sono messi a grandissimo rischio per colpa di una politica perlomeno disinvolta", conclude Claudia Tagliavia.