Aprile-Sindacati in lotta, contro la destra, per salvare la scuola
Sindacati in lotta, contro la destra, per salvare la scuola Istruzione. Meno materie, meno insegnanti, pochi soldi: il 18 in piazza per un sistema formativo che sia di tutti Alba Sasso* Un ...
Sindacati in lotta, contro la destra, per salvare la scuola
Istruzione. Meno materie, meno insegnanti, pochi soldi: il 18 in piazza per un sistema formativo che sia di tutti
Alba Sasso*
Un altro sciopero della scuola? Sì, un altro.
Il mondo della scuola interrompe le attività e scende in piazza per l'ennesima volta il prossimo 18 marzo. Per il rinnovo del contratto di lavoro di docenti e personale amministrativo, per il rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici scaduto nel 2001, per una vera politica di investimenti nell'istruzione. Ma non si tratta solo dei rinnovi contrattuali, è una piattaforma più ampia che ha spinto i sindacati e le forze sociali che vivono nella scuola, anzi che "vivono la scuola" e che la animano, a indire un'ulteriore giornata di mobilitazione.
In questi anni la scuola è stata uno dei corpi più resistenti alle politiche del centrodestra. Non solo con scioperi e mobilitazioni, ma con la capacità di rifiutare, nel fare scuola quotidiano, un ritorno al passato nell'organizzazione scolastica (penso al maestro tutor) o l'arretramento e l'impoverimento culturale (penso alle incredibili indicazioni nazionali).
No, insegnanti, studenti e lavoratori della scuola non sono affezionati agli scioperi. Sono decisi a far sentire la propria opposizione a una politica regressiva, a inadempienze, confusioni e incapacità. Alla scelta, coerentemente perseguita, di precarizzare e umiliare il lavoro docente. Ancora oggi il ministro Moratti, che pure si era recentemente impegnata a nome del governo a trovare le misure per l'assunzione di 200mila precari, non ha ancora dato nessun segnale della volontà concreta di attuare le norme sull'immissione in ruolo del personale docente previste da una legge dello Stato, e precisamente la numero 143 del 2004. Mentre il decreto sulle dotazioni organiche del personale docente, recentemente approvato in VII Commissione alla Camera prevede la diminuzione degli insegnanti della seconda lingua comunitaria (dov'è finita la "I" di Inglese?) e riduce il numero degli insegnanti di sostegno, andando così a depotenziare una delle esperienze più significative ed efficaci della nostra scuola e a colpire proprio quei soggetti che hanno bisogno di maggiori tutele.
E il decreto sulla secondaria minaccia 150.000 posti di lavoro con la riduzione dell'orario e con il drastico dimensionamento di materie fondamentali come il diritto e l'economia, l'inglese, appunto, la musica e l'educazione fisica.
Un'opposizione a una scuola che, con l'eliminazione dell'obbligo scolastico e con la canalizzazione precoce, non garantisce uguaglianza del diritto all'istruzione e che prefigura, col provvedimento sull'alternanza scuola-lavoro, un'idea di istruzione a compartimenti stagni, dove i percorsi educativi vengono separati e soprattutto non hanno pari dignità.
Un'opposizione a politiche, quelle della cosiddetta devolution, che attaccano il valore unitario e nazionale del sistema di istruzione, luogo di costruzione dell'identità culturale del Paese.
Mi rendo conto di ripetere cose già dette e ridette, da me come da tanti altri che si occupano di scuola e di istruzione. E mi dispiacerebbe recare noia ai lettori e ai miei interlocutori. Vero è che ci sono delle attenuanti: se mi trovo a insistere su concetti già ripetuti, è anche e soprattutto perché la Moratti, e con lei l'intero centrodestra, insistono nel non tener in nessun conto obiezioni o critiche e nel presentare provvedimenti che dequalificano la professione docente, impoveriscono l'offerta formativa, destrutturano il sistema pubblico dell'istruzione, ecc. ecc. ecc.
E però qui ciò che conta davvero non è il fatto che ci si possa stancare di ripetere obiezioni e osservazioni ai progetti del governo; e nemmeno il fatto che la Moratti non si stanchi di raccontare le sue favole sulla scuola che sogna (ma la sogna soltanto lei).
Conta il fatto che per fortuna non si stanca il movimento per la difesa della scuola pubblica: un movimento che ha la forza, il coraggio e la carica ideale per mobilitarsi e scendere in piazza. Conta il fatto che docenti, studenti, lavoratori della scuola continuino a lottare. Forse anche per testardaggine, ma soprattutto perché credono nel valore rappresentato da un sistema pubblico di istruzione di qualità che offra pari opportunità a tutte e a tutti.
E allora, di nuovo in piazza il 18 marzo. Per amore della scuola.
* deputato DS