Aprile on line: Bocciati" sì, emarginati no
di Alba Sasso
Gli errori, si dice, sono scalini per la conoscenza. L'apprendimento, infatti, non è percorso automatico o lineare, avulso dalla realtà. Realtà fatta di tante variabili, ognuna delle quali ha un peso importante nell'itinerario scolastico. Conta il buon rapporto con il docente o con i docenti, conta la motivazione, e conta soprattutto il rapporto con gli altri studenti: con i più bravi ma anche con i meno bravi. Perché si cresce anche nel confronto, nello scambio e nella reciprocità. Mi scuso con lo schematismo di queste affermazioni, che non hanno peraltro la pretesa di dar ragione dell'ampiezza degli studi e delle pratiche su questi temi. Mi interessa qui sottolineare la complessità del processo di insegnamento/apprendimento.
Di quali molteplici elementi sia fatto quel miracolo: "quella luce che improvvisamente si accende negli occhi di chi sembrava completamente disinteressato", come si diceva in un bel film di qualche anno fa. E con quali difficoltà si debba misurare oggi quel processo, nel momento in cui la scuola non è più l'unico luogo di formazione, ma ha il compito di restituire senso e significato a quanto si apprende anche fuori della scuola.
E allora la tentazione della semplificazione e della facilitazione può essere grande. Insegnare e apprendere in classi omogenee può apparire una salvezza. Può tranquillizzare gli studenti nel non farli sentire sottoposti a un continuo confronto. Ma la scelta fatta a Genova, tutti i bocciati in una stessa classe (se i giornali l'hanno riportata fedelmente), non è l'uovo di Colombo: è purtroppo un dejà vu. Che peraltro non ha funzionato. Non hanno funzionato le classi differenziali costruite nel passaggio alla scuola media unica. Non hanno funzionato perché al di là delle buone intenzioni e delle buone volontà alla fine "tiravano verso il basso". E non favorivano la crescita né degli uni né degli altri, i cosiddetti "migliori". Che sono tali solo nel confronto.
E dunque questa delle classi omogenee rischia di diventare una maniera "nobile" per costruire nuovi ghetti. Oggi dei bocciati, domani chissà. Invece i gruppi di livello (gruppi omogenei appunto), a mio modo di vedere possono funzionare, e hanno funzionato, se e quando rappresentano un momento particolare e specifico dell'attività scolastica. Quando, ad esempio, siano finalizzati al recupero di abilità o conoscenze, rimanendo però saldamente legati al gruppo classe. Un sistema cosiddetto di classi aperte: esperienza, questa, positiva sia nel nostro come in altri Paesi, ma abbandonata perché richiedeva organizzazione complessa, risorse e investimenti.
In conclusione la proposta di Genova, la si condivida o no, ripropone, a mio modo di vedere, la questione "recupero scolastico". Dei "bocciati", questa volta. Purtroppo, però, si rivela una soluzione scorciatoia: una risposta inadeguata a un concretissimo e attualissimo problema.