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Appello per la difesa delle graduatorie permanenti

da www.scuolanostra.it

11/10/2006
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Appello per la difesa delle Graduatorie Permanenti

L'Art. 66, comma 1-c, della Legge finanziaria per l'anno 2007 abolisce, a partire dal 1 gennaio 2010, la quota di assunzioni per i docenti già in servizio nella scuola e inseriti nella graduatorie permanenti.
Questa scelta rappresenta un gravissimo errore, una scelta iniqua e incomprensibile che sta generando il panico in migliaia di lavoratori. Ecco, in sintesi, le motivazioni per cui si tratta di un’iniziativa inaccettabile:

1 )Diritti acquisiti.
Il meccanismo del 'doppio canale', cioè dei concorsi per soli titoli di cui le graduatorie permanenti sono figlie, ha una storia pluridecennale. Esso è sempre servito a tutelare, oltre che i diritti acquisiti dai docenti (che, fino a prova contraria, hanno dei diritti come qualunque altra categoria), anche il loro patrimonio di professionalità costruito sul campo. Esso è un bene prezioso, una garanzia per gli alunni, per le loro famiglie e per la comunità scolastica in generale.

2) Età media.
Il testo della Legge dice, senza particolare riguardo, che occorre "abbassare l'età media del personale docente". E' singolare che si taccia che la quasi totalità degli attuali precari storici ha cominciato a lavorare ben prima dei trenta anni e che l'età sia avanzata mentre si lavorava per lo Stato. E' inaccettabile che venga ulteriormente alimentato, anche dall'attuale maggioranza di Governo, l'equivoco secondo il quale i precari non sono lavoratori e lo diventano solo quando sono immessi in ruolo.

3) Il festival degli equivoci (costruiti ad arte)
Per qualche ragione che ben si intuisce, negli anni, si è corroborata, nel politichese, la definizione secondo la quale vanno considerati, in quanto tali, solo i lavoratori in organico di diritto. Gli altri sembrano non esistere. Quanto si parla di immissioni in ruolo si fanno i conti solo sua una parte minoritaria dei posti disponibili, quelli in organico di diritto, appunto. Questa distinzione, però, è sempre solo servita a far risparmiare soldi allo Stato, cosa comprensibile, ma non accettabile in maniera indiscriminata e vita natural durante. I docenti precari si sono sempre assoggettati a questa distinzione, evidentemente discriminatoria in termini di diritti e retribuzione, solo nella prospettiva di una futura stabilizzazione che proprio il sistema del doppio canale di assunzione ha sempre garantito, qualunque fosse la procedura abilitante posseduta dal lavoratore. Oggi, però, su questo equivoco di fondo, si sta costruendo la rovina di decine di migliaia di famiglie. I precari da assumere non sono solo quelli che lavorano in organico di diritto: vanno assunti tutti coloro che hanno fedelmente servito lo Stato, per anni e anni!

4) Ma il precariato può davvero sparire del tutto?
Un altro equivoco, del resto, è quello secondo cui il precariato scolastico possa sparire del tutto, connesso all’idea che i precari siano tali per colpa loro, che rappresentino un’anomalia e non una realtà che è stata funzionale alle politiche finanziarie succedutesi in questi anni. Il problema, purtroppo, è che, in questi anni, esso è aumentato ben oltre la misura che il buon senso e la nostra Costituzione consentivano. Ma una percentuale minima di precari sarà sempre prevedibile. Come, altrimenti, sopperire alle esigenze di garanzia di diritto allo studio nei casi di malattia, di congedi parentali, di esoneri sindacali, amministrativi, politici, delle astensioni varie, dei part-time, delle aspettative, ecc? Questo significa che i docenti non di ruolo sono serviti (e serviranno!) al sistema scolastico e che essi hanno condiviso (e condivideranno!) la responsabilità del suo efficiente funzionamento. E adesso lo Stato non può dare il benservito a tante persone in questo modo inaccettabile!
Ma non basta. Si consideri che i casi di incompatibilità tra la funzione docente e altri tipi di professioni comprendono la stragrande maggioranza delle altre attività lavorative. Ciò significa che un docente precario non potrà garantire a sé e alla propria famiglia il sostentamento con altri sistemi che non siano supplenze o incarichi. Il precariato è una spirale nella quale lo stesso assetto normativo attuale spinge i docenti all'inizio della loro carriera. Nessuna pretesa efficientistica potrà mai abolire questo dato di fatto, a meno di non voler cadere, nel peggiore dei casi, nella malafede o, nel migliore (si fa per dire), nella dimostrazione di totale ignoranza della realtà quotidiana di una qualunque scuola italiana.

5) Una fabbrica di certezze non una fabbrica di precari
Le graduatorie permanenti non brulicano di pie illusioni immotivate. Contengono centinaia di migliaia di nominativi di persone che nella scuola ci lavorano già. Se esse, attualmente, sono così ricche di aspiranti con servizio pregresso (talora due, tre, quattro lustri!) è perché, negli ultimi anni, si sono affastellate scelte politiche scellerate, tra cui vanno annoverate: blocco delle assunzioni, per tre anni su cinque, di Governo di centro-destra; sovvertimento continuo dei criteri di computo di servizio e punteggio; scavalcamenti, dovuti a scelte cervellotiche, come il doppio punteggio; utilizzo esagerato della Legge 68/99 di tutela delle categorie protette (che, di fatto, estromette dal ruolo ogni anno migliaia di persone con molto servizio a favore di personale disabile o altrimenti beneficiario di riserva e senza - o con poco - servizio); limitazione sostanziale delle assunzioni, soprattutto negli ordini di scuola superiore, a favore della mobilità interna e della riconversione professionale.

6) 150.000 assunzioni? E se anche fosse?
In questi giorni i parlamentari interpellati, e lo stesso Ministro Fioroni, sbandierano il piano pluriennale che prevede 150.000 assunzioni come una panacea che cencellerà il precariato. Tutto ciò non è vero. Tanto per cominciare, infatti, tale numero è soggetto alle contingenze delle disponibilità di bilancio e alle previsioni di utilizzo in organico di diritto e non c'è alcuna garanzia che esso venga effettivamente realizzato o che risulti della dimensione auspicata (è appena il caso di ricordare che una legge che prevede un piano pluriennale esiste da più di due anni ed è la 143/2004: di tale piano, finora, non si è vista neanche l'ombra). In secondo luogo questa previsione lascerebbe comunque fuori dal diritto al lavoro decine di migliaia di persone e proprio per i meccanismi di cui si discuteva sopra: troppi docenti vengono estromessi dal ruolo, all'ultimo momento, in base alla Legge 68, troppo sfavorevole alle scuole secondarie (soprattutto quelle di secondo grado) la percentuale di assunti rispetto agli ordini inferiori, troppo incostanti le tabelle di valutazione. Le 150.000 assunzioni non sono un'argomentazione politica accettabile sia perché non sono sicure, sia perché non sono sufficienti, sia perché, oltre a 'quanti' vengono assunti, occorre preoccuparsi, una volta per tutte, anche di 'chi' viene assunto.

7) Un piccolo esercito dai capelli d'argento
I precari che hanno iniziato a lavorare negli anni Novanta (qualcuno anche negli anni Ottanta) hanno subito incredibili vessazioni nell'ultimo quinquennio: palesi ingiustizie, pressappochismi amministrativi, sbandamenti valutativi, incertezze legislative mai viste nel nostro Paese. Non era mai successo che un'intera generazione di insegnanti venisse tenuta prigioniera da tabelle di valutazione assurde, sentenze, continui rifacimenti, blocco delle assunzioni, ecc.
Tutto ciò ha creato una situazione di grande sofferenza a cui non si può rispondere con un semplice colpo di spugna. Il Governo Prodi deve rendersi conto che tanti degli insegnanti in questione vanno per (e spesso superano) i cinquanta anni. Moltissimi di loro, con famiglia, figli, esperienza professionale da vendere, non beneficerebbero del piano pluriennale e si troverebbero, tra tre anni, a dover competere con giovani appena laureati e freschi in energia, molto meno gravati (e talvolta liberi) da responsabilità sociali e familiari. Sarebbe la fine per un enorme numero di docenti. Una cosa mai vista prima! E di cui l'Unione si prenderebbe l'esclusiva responsabilità.

8) Quali motivazioni economiche?
Non va taciuto, inoltre, lo stupore di fronte alle ragioni che spingono il Governo a muoversi, in maniera così raffazzonata e precipitosa, al punto da inserire in una legge di bilancio, sede del tutto inidonea, un comma (sigh!) che cancella diverse leggi, prodotte ad hoc, negli anni passati. Quale convenienza economica produce la cancellazione delle permanenti? Quale interesse di riordino della Pubblica Amministrazione? Nuovi concorsi producono risparmi o altre spese? Perché si vuole mettere l’intero sistema scolastico di fronte al fatto compiuto? Perché non si inizia, invece, un ampio, ineludibile, dibattito parlamentare sulla riforma del reclutamento? Perché non si sono interpellate le associazioni di categoria, le rappresentanze sindacali?
Non è che tale fretta è dovuta ad altre motivazioni? E, se si, quali?

9) Il programma dell'Unione
Infine un'ultima, amara, considerazione. Nel programma che ha portato al Governo questa maggioranza si parla di diritti e certezze per i lavoratori. In molti hanno creduto a tali principi dando fiducia al nuovo Governo. Si era parlato di scelte sociali condivise, di leggi giuste. Lo stesso Presidente della Repubblica, poche settimane fa, ha sentito, giustamente, il bisogno di ribadire quanto sia necessaria la pratica della concertazione tra le rappresentanze dei lavoratori e chi ha responsabilità di Governo. E' vieppiù incredibile, pertanto, che, su una materia tanto delicata come la riforma del reclutamento, si voglia adesso intervenire con due righe sulle quali né sindacati né associazioni sono stati interpellati. Quelle due righe rappresentano, in queste ore, la disperazione per migliaia di famiglie!

Per i motivi di cui sopra chiediamo, con forza, a tutti i Gruppi parlamentari di mantenere le Graduatorie Permanenti come canale per il 50% delle immissioni in ruolo e di fare in modo che, prima di qualunque riforma, venga garantita l'assunzione a tempo indeterminato a tutti i docenti precari attualmente in servizio, con un piano di assunzioni reale, aderente ai veri bisogni della scuola italiana e secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dal programma sottoscritto dall'Unione durante la campagna elettorale.


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