Appello-"La riforma della Destra minaccia la democrazia"
"La riforma della Destra minaccia la democrazia" Appello promosso dal senatore diessino Passigli. Ha raccolto le adesioni tra gli altri di Abbado, Sartori, Biagi ROMA Alcune tra le perso...
"La riforma della Destra minaccia la democrazia"
Appello promosso dal senatore diessino Passigli. Ha raccolto le adesioni tra gli altri di Abbado, Sartori, Biagi
ROMA Alcune tra le personalità più rappresentative delle arti, della scienza e delle libere professioni hanno lanciato un appello ai Deputati affinché la Camera non approvi la riforma della Costituzione proposta dalla maggioranza di Governo.
Tra i primi firmatari dell'appello, promosso da Claudio Abbado e Maurizio Pollini sulla base di un testo redatto da Stefano Passigli, figurano: Salvatore Accardo, Enzo Biagi, Inge Feltrinelli, Luca Formenton, Rita Levi Montalcini, Mario Luzi, Renzo Piano, Luca Ronconi, Guido Rossi, Giovanni Sartori, Elvira Sellerio. Altre importanti adesioni, di cui verrà data notizia, sono state preannunciate.
L'appello, qui di seguito riportato, può essere sottoscritto per fax allo 06/67065584 o per e-mail a: HYPERLINK "mailto:s.passigli@senato.it" s.passigli@senato.it
APPELLO DEGLI INTELLETTUALI PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE
Noi siamo vivamente preoccupati per la proposta di modifica della Costituzione all'esame del Parlamento, che riteniamo rappresentare una grave minaccia per la nostra democrazia.
Una costituzione democratica ha due principali obiettivi: limitare il potere politico, e garantire ai cittadini una serie di diritti fondamentali. Sin dagli albori del costituzionalismo moderno il primo obiettivo è stato garantito dalla separazione dei poteri. Ciò vale sia per i sistemi presidenziali che per i sistemi di governo parlamentare: in entrambi il potere legislativo fa da contrappeso al potere esecutivo, e in entrambi è garantita l'indipendenza del potere giudiziario. In qualsiasi sistema democratico, infine, il principio di eguaglianza fa sì che ogni cittadino goda degli stessi diritti quale che sia la sua razza, religione, sesso, e nei sistemi federali regione di appartenenza.
Questi principi, fondamento di ogni buona costituzione, sono oggi a rischio in Italia. La riforma votata dal Senato, e ora all'esame della Camera, riscrive 43 articoli della nostra Carta. È di fatto una nuova Costituzione. Ma non è una buona Costituzione. Essa, infatti, delinea una forma di governo unica al mondo, lontana da quella delle altre democrazie europee e occidentali, basata sulla dittatura elettiva di un uomo solo e sull'esautoramento del Parlamento che può essere sciolto a piacimento del Premier. Non vi sono contrappesi a questo eccessivo potere perché la proposta sminuisce il ruolo delle grandi istituzioni di garanzia: il Presidente della Repubblica viene privato di qualsiasi effettivo potere e relegato in un ruolo cerimoniale; e nella Corte Costituzionale aumentano i giudici di nomina politica. Anche alcuni fondamentali diritti, da lungo tempo acquisiti, sono oggi in pericolo: con la devolution, e il conseguente aggravarsi delle differenze tra Regioni ricche e Regioni povere, la riforma mette a rischio l'universalità e l'eguaglianza dei diritti in settori fondamentali per il benessere dei cittadini quali la sanità, l'istruzione, la sicurezza, e la cultura.
Ci appelliamo ai Deputati perché questo non avvenga. La Costituzione del 1948 può essere migliorata, ma senza alterare l'equilibrio tra poteri e senza rinunciare alle garanzie offerte dalla Corte Costituzionale e dalla Presidenza della Repubblica così come oggi configurate. E soprattutto senza consegnare tutto il potere nelle mani di un Primo Ministro onnipotente, sottoposto ogni cinque anni al voto popolare, ma nel frattempo padrone assoluto di tutte le istituzioni senza alcun reale contrappeso. Noi non vogliamo un simile regime plebiscitario, ma una democrazia ove il controllo dei cittadini avvenga ogni giorno attraverso una libera informazione, una Magistratura indipendente, un'efficace opposizione in un Parlamento non svuotato delle sue storiche funzioni. Vogliamo che le riforme costituzionali siano frutto di un ampio dibattito, e non imposte a colpi di maggioranza da chi rappresenta al massimo la metà degli elettori e che così facendo darebbe alla nuova Costituzione una base di legittimità debole e precaria. Noi non vogliamo una Costituzione di parte, ma una Costituzione che, come quella del 1948, possa essere largamente condivisa dagli Italiani.