«Anni in cattedra buttati» Ma è promosso l’ingegnere
«Anni in cattedra buttati»La delusione e le speranze:«Non avevo mai pensato di farel’insegnante, ma con la crisi...». Uno dei membri di commissione:«Non è il modo di fare selezione»
MariaClaudia e Giuseppe, 44 e 42 anni, sono marito e moglie. Le prove preselettive del concorsone le hanno fatte entrambi. Stesso turno. E le hanno passate. Escono soddisfatti e speranzosi sebbene nessuno dei due sia insegnante. Lei, una laurea in ingegneria informatica, non ha lavoro. Lui è un libero professionista che «non vive più». «Io faccio ogni concorso che esce in Italia – spiega MariaClaudia – ma non c’è modo di trovare un impiego. Non mi aspetto niente per il futuro, solo una dignitosa terza Repubblica». Sente una insegnante che invece non ha passato il quiz, «34.5», dice ad alta voce (il minimo per accedere alla seconda prova era 35/50) e s’infila in macchina, «ho tre figli che mi aspettano». Il quizzone era stato contestato a lungo in questi mesi. Lo avevano detto in tanti. Nelle piazze come professori esperti: non serve a testare le capacità d’insegnamento e la preparazione sulla materia del docente. «Umilia la nostra professionalità», avevano urlato i precari durante la lunga fase di mobilitazione. «Siamo già formati», dicevano elencando le abilitazioni conseguite in passato per insegnare, dai concorsi del ’93 e del ’99 alle Siss, alle lauree in Scienze della Formazione. Quello che forse ieri non avevamo messo in conto è che le prove preselettive le avrebbe passate, legittimamente, anche chi insegnante non è. E di conseguenza sarebbe rimasto fuori chi magari è in aula da 15 anni. Come A., insegnante in due licei di Civitavecchia. Ogni giorno pendolare da Roma. Ha fatto la Siss, 13 anni di precariato, per 0.5 (una risposta sbagliata), è fuori. Nella sua sessione c’era anche L., professionista, che invece è passato. «Non ho mai pensato a lavorare nella scuola – spiega ma da quando c’è la riforma delle pensioni Fornero l’idea di dover lavorare con i ritmi dell’azienda privata fino a 68 anni mi ha fatto pensare di provare la scuola come sbocco». Lo stesso Enrica, 38 anni, attrice di teatro. «È un posto di lavoro in un momento di crisi», dice. «Partecipare al concorso anche se non si insegnanti precari è un’ aspirazione legittima – commenta Massimo Gargiulo del Cps (Coordinamento Precari Scuola) ma l’idea della scuola come posto dove si fatica meno è una bugia abnorme che ormai è stata fatta passare. Il fatto è che uno che ha sempre lavorato nella scuola magari rimane fuori per una risposta sbagliata a un quiz e ritorna nelle graduatorie da cui sempre meno assumeranno e chi ha fatto altri percorsi nella vita, legittimi, sarà più facilitato per il tipo di formazione a passare il quizzone». Anche Massimo ha fatto le prove e ieri mattina, come tanti altri, si è presentato nella sua classe di sessione con la maglietta dei precari della scuola in lotta, «la nostra è una presenza di continua denuncia e lotta anche dentro al concorso». Dalla scuola Virginia Woolf escono Rita e Alessandra. La prima, maestra da 13 anni, ha sbagliato 13 risposte. È furibonda. «Io sarei dovuta già essere di ruolo, a quest’ora. Come mi devo sentire ora che un quiz mi ha bocciata? Che hanno bocciato 13 anni del mio servizio di insegnamento per lo Stato?. È tutta una farsa». Alessandra, invece l’ha passato. Insegna italiano alle superiori da 15 anni ed è una delle prime in graduatoria. «Ero arrivata, m’ha fregata il concorso, tra l’altro le leggi cambiano sempre e non si sa mai, ma è una buffonata: io non insegno le cose che mi hanno fatto fare». «Avessero chiesto cosa vuole dire vivere da precario: nessun mutuo, nessun progetto, o insegnare da precario: curi una classe per un anno, poi il successivo altra scuola, altri colleghi, altri programmi, a 20 chilometri da casa come a 200». «Questo concorso non s’aveva da fare – conclude Alessandra – i posti c’erano». Eduardo è membro della commissione concorsuale in una delle scuole di Roma Est. Professore di matematica da 30 anni, all’uscita scuote la testa: «non è questo il modo di selezionare gli insegnanti». Aggiunge la sua collega, «e poi un minuto a domanda era poco perché erano insidiose, andavano lette attentamente perché spesso la frase era ambigua». «Ho fatto il concorso a cattedra 30 anni fa – continua Eduardo – sulla mia materia. Oggi mi piange il cuore perché vedo tanti colleghi precari bravi che andranno a casa per una domandina sbagliata». Valentina, 34 anni, Siss e precariato, è passata con il minimo ieri mattina a Latina. «Sono insegnante di latino e greco ma provo sulle scuole medie perché per lettere classiche c’è poco spazio». «La cosa più triste è stata vedere all’uscita la reazione di tanti colleghi bocciati, è mortificante essere selezionati in questo modo». «Io continuerò a protestare contro questo concorso perché rientra in un piano di tagli e svilimento dei lavoratori del settore pubblico, come ha lasciato intendere Patroni Griffi: siamo troppi. Per me la mobilitazione è appena cominciata».