Alternanza scuola-lavoro: tagli di ore (e soldi). I presidi: va salvata
Con la legge di Bilancio pesante riduzione ai progetti: centocinquanta ore invece di 400 nei tecnici e professionali, novanta invece di 200 nei licei, un taglio netto di oltre 52 milioni. Ma fra i dirigenti c’è anche chi esulta: programma «duro da gestire»
Valentina Santarpia
Centocinquanta ore invece di 400 nei tecnici e professionali, novanta invece di 200 nei licei, un taglio netto di oltre 52 milioni in Bilancio già dal 2019: è una scure quella che si sta abbattendo sull’alternanza scuola-lavoro, potenziata dalla legge 107, partita arrancando e adesso sul punto di stramazzare sotto la scure del governo gialloverde. Anche se l’alternanza rappresenterà un elemento della discussione orale all’esame di maturità, si va verso un pesante ridimensionamento. «L’ipotesi di renderla facoltativa è la chiave di volta per ammazzarla», sintetizza Paolo De Paolis, preside del liceo Giordano Bruno di Roma, 58 classi, 5 indirizzi. «All’inizio è stato difficile, lo ammetto — sottolinea De Paolis —. Ma poi abbiamo iniziato a prendere accordi con enti culturali, università, centri di ricerca. Quindi abbiamo condotto esperienze molto belle, portando i ragazzi, abituati a vivere nel virtuale, a confrontarsi col reale. Va bene ridurre le ore, ma facendo in modo che resti un’esperienza utile».
Il monte ore è un tema molto sentito
Il monte ore è un tema molto sentito anche da Ludovico Arte, che dirige un istituto alberghiero, il Marco Polo di Firenze: «Per noi tecnici l’alternanza è quasi obbligatoria: ma così tante ore da gestire non sono semplici. Ben venga un ridimensionamento, soprattutto per i licei, ma senza perdere il valore dell’esperienza: deve rimanere obbligatoria e deve essere controllata, costantemente, perché non ci siano casi come i ragazzi mandati a fare le fotocopie». Secondo Arte, c’è un aspetto su tutti che rende l’alternanza fondamentale: «Studenti che non rendono nella didattica si sono poi dimostrati validi nel confronto col lavoro, e viceversa. L’alternanza tira fuori competenze e intelligenze». Certo, dietro i percorsi deve esserci un impegno: «Abbiamo sempre offerto esperienze di livello alto — dice Monica Galloni, dirigente del liceo scientifico Righi di Roma, in testa alla classifica di Eduscopio —. Contro l’alternanza ci sono state resistenze interne ed esterne, che potevano essere vinte con progetti legati al curriculum. Bisogna aprire la mentalità di alcuni docenti che vedono la lezione al centro della didattica. E ricordarsi che far vedere ai nostri studenti le eccellenze significa anche fare da volano dell’economia: non sentiranno il bisogno di andare all’estero. Invece un declassamento orario corrisponde a un declassamento di importanza. Non lamentiamoci se poi abbiamo i figli bamboccioni».
Chi accoglie la riduzione con sollievo
Ma c’è anche chi accoglie con un sospiro di sollievo questa riduzione: «È stato faticosissimo applicare la legge — ammette Daniela Crimi, preside del liceo scientifico Ninni Cassarà di Palermo —. Con 86 classi, 54 in alternanza, è stato pesante trovare progetti di qualità. E bisognava dosare i fondi con attenzione. Anche se riconosco che si tratta di un’ottima opportunità per acquisire quelle life skills sempre più richieste, per me questa riduzione è un alleggerimento». Anche Andrea Di Mario, preside del liceo classico Carducci di Milano, è sicuro che con la riduzione sarà più «semplice focalizzare: a volte nelle 200 ore c’erano esperienze poco chiare, magari pilotate dai privati. È stata un’innovazione enorme — conclude Di Mario — non accompagnata da giuste regolamentazioni. Però io sono ottimista: spero che ora possa fare quel passo avanti per diventare un’esperienza che rompe il guscio delle discipline».