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Allarme scuole, la metà non è in regola

01/06/2014
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Il Messaggero

L RAPPORTO
ROMA Intonaci che crollano, infissi che non riescono a isolare il freddo nei mesi d’inverno, rubinetti che perdono e bagni fatiscenti. Oltre a solai pericolanti e tubature cariche d’amianto. Non sono edifici di periferia, case e palazzi abbandonati, ma le scuole d’Italia, i cui vanti, stando all’ultimo rapporto del Censis, sono gli enormi problemi strutturali che si portano dietro da anni. Oltre 41 mila i plessi scolastici distribuiti sull’intero territorio nazionale e in più della metà – ben 24 mila – gli impianti elettrici, idraulici e termici non sono a norma, sono fatiscenti o comunque compromessi dall’usura del tempo e dall’incuria. Un allarme che famiglie, sindacati di categoria, e soprattutto il corpo docente non ha mai smesso di lanciare.
I DATI

Entrando nel dettaglio del rapporto, si capisce quanto drammatica sia la situazione. Il 30% delle scuole è stato costruito tra il 1945 e gli anni Sessanta, il 44% tra il 1961 e il 1980 e solo il 16% è stato realizzato dagli anni Novanta a oggi. Tant’è che questi edifici corrispondono a modelli oggi non più funzionali e, nella maggior parte dei casi, non rispettano neanche le norme antisismiche, pur essendo state progettate proprio come scuole e non ricavate da caserme o ex conventi. Ben 9 mila le strutture scolastiche con gli intonaci a pezzi, 7.200 richiederebbero un intervento di rifacimento di tetti e coperture, mentre 3.600 le sedi, in cui ogni giorno entrano all’incirca 580 mila ragazzi, che necessitano di interventi sulle strutture portanti. E poi il rischio amianto, riscontrato soprattutto nei plessi di periferia e in quelli del sud Italia, con 2 mila scuole che espongono giornalmente studenti e insegnanti al rischio d’intossicazione. E se da una parte il report del Censis evidenzia la mancanza di nuove strutture scolastiche, la stessa manutenzione ordinaria è di là dall’essere soddisfacente. Di lavori se ne fanno pochi, e quando si fanno, sono fatti male. Negli ultimi tre anni, appena 10 mila scuole sono state ristrutturate e gli interventi hanno riguardato l’abbattimento delle barriere architettoniche, i lavori alle reti elettriche e di riscaldamento, mentre una minima parte è stata riservata alla digitalizzazione di aule e strumenti per la didattica. Tanto che, in moltissime città, da Roma a Padova, gli stessi genitori si sono uniti in associazioni, armandosi di picconi e cemento, per sistemare le classi in cui i figli si siedono ogni mattina. 
I FONDI

Eppure questi finanziamenti ci sono ma, a quanto pare, non vengono usati come si dovrebbe. Dei 500 milioni di euro attivati, ad esempio, con le delibere Cipe del 2004 e del 2006 – accusano i presidi ma anche i sindacati come la Flc Cgil – a metà del 2013 ne erano stati utilizzati appena 143 milioni, per 527 interventi sui 1.659 previsti. 
Camilla Mozzetti


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