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Accorpare per ridurre i costi: la scuola vara una nuova migrazione

L’allarme di prof e famiglie: con i nuovi istituti «dimensionati» si ricomincia con le graduatorie e la mobilità. Ma così è a rischio la continuità didattica

27/03/2012
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l'Unità

Mariagrazia Gerina

Il mostro di Monselice, lo hanno ribattezzato. A togliere il sonno a genitori (e insegnanti) del Comune in provincia di Padova è la nuova scuola unica, a cui dovranno iscrivere i loro figli. Un solo mostruoso «istituto comprensivo», che da settembre conterà quasi 2mila alunni, 16 plessi scolastici, 98 sezioni sparse in 5 località. E un solo preside, una sola segreteria. Pochissimi collaboratori. Effetto del nuovo «dimensionamento scolastico» deciso con la manovra di luglio. Obiettivo: ottenere un risparmio di circa 170 milioni, riducendo il numero di scuole, di segreterie, di dirigenti scolastici, di direttori amministrativi, etc.. Parole d’ordine, diventate un rompicapo per insegnanti, genitori, enti locali, uffici scolastici: scorporare e riaccorpare (soprattutto elementari e medie) fino a quando non ci siano più istituti con meno di 1000 alunni. I risultati, almeno sulla carta, sono già raggiunti. Ogni Regione ha approvato il suo rispettivo dimensionamento: 1050 scuole in meno, 37 in Abruzzo, 100 in Calabria, 114 in Campania, 112 in Sicilia, ben 136 in meno nel Lazio. E se la Lombardia a cui era richiesto un sacrificio di 24 scuole ha voluto strafare tagliandone 63, è soprattutto ilSud che ha dovuto fare salti mortali per adeguarsi ai nuovi parametri. La Regione che ha sacrificato di più, ben 192 scuole, è la Puglia. Subito dietro, il Lazio con 136 scuole tagliate, sulla carta. Perché nella realtà il Risiko è tutt’altro che concluso. E si sta trasformando in un vero incubo per genitori e insegnanti, che, tra scomposizioni e ricomposizioni, inseguono come una chimera la cossiddetta continuità didattica, ovvero la speranza che il prossimo anno i loro figli abbiano gli stessi insegnanti. Quelli di Monselice hanno un motivo di rabbia in più. Nel loro Comune esistevano già due istituti comprensivi, in linea con i nuovi parametri: lo Zanellato, con 1108 alunni, e il Guinizelli con i suoi 884 alunni. Ma il Comune, governato dal Pdl, ha approvato ugualmente l’accorpamento che darà vita al «mostro». Nonostante padri e madri dei 1992 alunni abbiano fatto di tutto per scongiurare l’evento. Raccolte di firme, petizioni. Persino un comitato e un blog per tenersi aggiornati. «Da un punto di vista democratico ci siamo sentiti senza voce in capitolo», racconta uno dei padri che hanno condotto la protesta: «Siamo preoccupati, sappiamo già che perderemo 12 collaboratori scolatici su 34 e poi come farà un solo preside a gestire una scuola così grande? Non c’è neppure un’aula per un collegio docenti da250 persone». Per non parlare della continuità didattica. Sarà la vera vittima sacrificale. Soprattutto in quelle tante, tantissime scuole medie che contano più plessi scolastici, da scorporare e riaccorpare. È il caso, per esempio, della Venisti, a Capurso in Provincia di Bari, divisa in due: la sede centrale sarà unita a circolo didattico don Bosco, la succursale al Domenico Savio. Solo che la centrale ha meno alunni. E la succursale dovrà cederli, insieme all’intero corso di musica. «Non c’è neppure uno spazio dove tenerlo», protestano (invano per ora) i genitori. Preoccupati anche che nel frattempo gli insegnanti minacciano di chiedere il trasferimento ad altra scuola. Il problema è più generale. Perché mentre nella scuola elementare, anche quando ci sono più sedi da dividere, si riesce a garantire più facilmente che ogni insegnante resti nel suo plesso, nella scuola media salta tutto. Gli insegnanti, anche quando la scuola è divisa in più plessi, insegnano alcune ore in una sede, alcune ore in un’altra. E il dimensionamento che divida le diverse sedi per riaccorparle ad altri istituti consegna un dilemma a cui loro, i presidi e i genitori degli alunni stanno cercando di dare risposta in queste ore. In molti casi, un rompicapo senza soluzione. Troppe le variabili da considerare. Il criterio è che l’insegnante che ha più punti nella graduatoria del suo istituto sceglie dove andare e quelli che vengono dopo devono adeguarsi. Mentre i criteri secondo cui si formano le graduatorie sono gli stessi della mobilità: a contare di più sono gli anni di servizio, poi le condizioni familiari, infine i titoli, che non includono però la specializzazione presso le Siss, valutati invece nei trasferimenti di carriera. Difficile in queste condizioni garantire la continuità. Oltretutto anche se è stato assicurato che per il prossimo anno saranno confermati a livello nazionale gli organici dell’anno passato, il rischio che, per effetto incrociato del numero delle iscrizioni e degli accorpamenti, qualche classe si perda lungo strada durante il passaggio c’è. E quindi anche il rischio che qualche insegnante si ritrovi perdente posto, almeno nella sua scuola. Il problema è che «fatto così il dimensionamento è una azione puramente finanziaria», spiega il presidente del Cidi Beppe Bagli: «Eppure c’è stata una bella sperimentazione sugli Istituti comprensivi, se però si procede ad accorpare le scuole con troppa fretta e troppi alunni, seguendo solo la logica bruta del risparmio, i conti non tornano più». ❖ 


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