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Abolito il trattenimento in servizio ai prof di cui le università facevano un uso oculato

Un ordinamento equo e democratico produce stabilità dei rapporti giuridici e garantisce coerenza e prevedibilità delle scelte legislative apprestando imprescindibili misure graduali e transitorie

12/08/2014
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ItaliaOggi
di Guerino Fares*  

L'art. 1 del d.l. n. 90/2014, approvato in via definitiva il 7 agosto scorso, abolisce il trattenimento in servizio per il periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposto. Ciò rischia di provocare enormi pregiudizi alle amministrazioni universitarie, che ne avevano fatto finora un uso assai oculato, fissando criteri generali molto stringenti e rigorosi per la concessione della permanenza in servizio.

La riforma non sembra aver considerato che il corretto funzionamento delle istituzioni universitarie si fonda sul principio di continuità e di programmazione pluriennale nell'utilizzo delle risorse umane, in quanto i docenti con ruoli e posizioni di responsabilità, direzione e coordinamento nello svolgimento dei servizi di didattica e ricerca svolgono un ruolo chiave per l'efficienza del sistema. Ciò è tanto vero che la stessa Corte Costituzionale, proprio con riferimento agli Atenei, aveva di recente escluso che l'eliminazione del trattenimento in servizio dei professori sia utile per il contenimento finanziario e la razionalizzazione della spesa pubblica (sent. n. 83/2013), evidenziando significativamente come l'innalzamento della durata media della vita presuppone la disponibilità di energie compatibili con la prosecuzione del rapporto di lavoro (sent. n. 444/1990).

A dire il vero, il menzionato art. 1 ha previsto un opportuno correttivo per evitare che gli uffici pubblici siano pregiudicati, sul piano delle continuità ed efficacia nello svolgimento dei propri compiti, da un'applicazione radicale ed inflessibile della nuova normativa. Esso infatti stabilisce che «al fine di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari, i trattenimenti in servizio, pur se ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015».

Desta, tuttavia, stupore il fatto che analoga accortezza non sia stata riservata ai servizi universitari di didattica e ricerca, sebbene la stessa Consulta abbia precisato che l'esigenza di trattenere il personale in servizio «si presenta in modo più marcato, avuto riguardo ai caratteri ed alle peculiarità dell'insegnamento universitario» (sent. n. 83/2013).

Vengono in gioco il principio dell'autonomia universitaria ex art. 33 e, nel caso dei professori universitari titolari di cliniche universitarie, anche la tutela del diritto fondamentale alla salute di cui all'art. 32 Cost.; come pure, il canone del buon andamento (art. 97) e il principio di uguaglianza (art. 3) che non tollera discriminazioni irragionevoli.

La situazione di magistrati e professori universitari, attesa la natura delle funzioni rispettivamente svolte, è assimilabile e meritevole dello stesso trattamento; così come, le esigenze organizzative e funzionali degli uffici giudiziari e universitari sono di pari rango e bisognose del medesimo livello di protezione. E ciò rende particolarmente inaccettabile la discriminazione in pregiudizio delle Università.

Un ordinamento equo e democratico produce stabilità dei rapporti giuridici e garantisce coerenza e prevedibilità delle scelte legislative apprestando imprescindibili misure graduali e transitorie capaci di preservare da un sacrificio insostenibile, e contrario ai principi costituzionali, assetti stabilizzatisi attraverso la programmazione amministrativa e l'adozione di provvedimenti consequenziali.

Dopo che Camera e Senato hanno respinto, per l'opposizione del Governo, vari emendamenti che andavano nel senso di estendere opportunamente alle Università il trattamento previsto per gli uffici giudiziari, potrebbe toccare nuovamente alla Corte Costituzionale porvi rimedio, ove sollecitata dal prevedibile contenzioso avverso gli atti di diniego o di revoca dei trattenimenti che si fonderanno esclusivamente sull'entrata in vigore dell'articolo in questione, di assai dubbia costituzionalità.

*Docente di Legislazione universitaria – Università Roma Tre


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