A Francesca, che da grande vuole insegnare
di Mila Spicola
«PROFESSORESSA SI RICORDA DI ME? SONO FRANCESCA,3GDEL2010,COMESTA?»«Certo che sì, son trascorsi solo tre anni, sei sempre riservata ma testarda come un mulo?». Mi contatta su facebook e dopo qualche convenevole va dritto al sodo: «Professoressa come si diventa insegnante? Io voglio insegnare e tutti mi dicono di lasciar perdere… Come si arriva dietro una cattedra?». Le stavo rispondendo anche io allo stesso modo, ma Francesca è tosta, di quelle col braccio sempre alzato epperchèepercomevivaddio. «Tu intanto studia, tra due anni me lo richiedi, ok?». Maria invece è una mia amica commercialista, laurea in Economia e Commercio. A ottobre ha tentato la preselezione dei test del concorsone di Profumo e li ha superati. «Hai presente la settimana enigmistica? Ecco, una minkiata». Ha studiato per due mesi Un bel programma zippato di quel tanto che basta ed ha avuto quasi il massimo nella prova scritta. Idem pe rl’orale,con qualche mio consiglio: ogni tre cose che dici infilaci un po’ di Finlandia, l’Ocse, Pisa, leggiti questi articoli sulle tecniche multimodali di insegnamento adottate in Australia e questi altri sulla motivazione docente in Corea del Sud. Li stendi, non avranno manco idea di cosa parli. Ha vinto. È seconda in Sicilia nella sua classe di concorso in Sicilia e mentre scrivo sta scegliendo la cattedra. Non ha nemmeno idea di cosa sia stare in classe. Il gap sarebbe minore se poi il sistema prevedesse un aggiornamento costante,obbligatorio e di qualità su scala nazionale dei propri docenti. E invece no. Deborah non la conosco ma mi ha scritto una bella e lunghissima mail ieri sulla questione dei Tfa, TirociniFormativiAttivi. «Per favore scrive qualcosa su questa vergogna? Come vengono assegnate le cattedre in Italia?Studio da quindici anni per diventare insegnante e ancora vago tra corsi, concorsi, master e perfezionamenti e adesso anche questa tragedia del TFA». Viene il mal di testa a capire di cosa si Tratti nel dettaglio,vi risparmio l’analisi del proBlema e la descrizione del TFA. Tre sere fa invece ho fatto una rimpatriata in pizzeria con Emma, di Agrigento, e Fabiola, di Siracusa. Precarie storiche, grandi menti delle mobilitazioni per la scuola del 2008, una della scuola dell’infanzia e l’altra docente di educazione motoria. Fabiola a Palermo per il concorsone (finalmente ha ottenuto il ruolo, dopo aver superato tre concorsi) ed Emma. «Ma sei scema? Io non lo provo più, se mi arriva l’incarico bene, se non mi arriva andassero a quel paese. Ho 4 abilitazioni e due concorsi vinti». E come mai non è di ruolo?Sarà una scarsona,potrebbe pensare chi legge e non conosce quel girone infernale che è la selezione dei docenti in Italia.Può un sistema complesso e delicato come quello dell’Istruzione di una nazione affidare a cotante casualità, mediocrità organizzativa e discrezionalità la selezioneel’immissione in ruolo dei suoi docenti? Si passa da Maria che non è mai entrata in una classe, non ha mai avuto nel suo percorso di formativo universitario o postuniversitario il piacere o il dispiacere di imbattersi in discipline pedagogiche, didattiche, relazionali, di gestione scolastica o di classe, valutative, etc... E lunedì sarà a scuola al suo primo collegio docenti, a Deborah che queste cose le studia da 15 anni, a Emma che insegna da 22 anni, che ha superato due concorsi e 4 abilitazioni, è ancora precaria e non ci crede più. Come glielo spieghi al cittadino cosa accade se non lo capisco nemmeno io? Faccio finta di essere un genitore, un ragazzo e non un insegnante. Non è nel mio diritto pretendere da questo Paese che tutto ciò cambi? Perché è fortemente ingiusto non solo per Maria, per Fabiola e per Deborah tutto ciò. È fortemente ingiusto per la frammentazione e diversità totale di offerta formativa. Da genitore vagherò come un’anima in pena per anni a scegliere scuole a chiedere una sezione piuttosto che un’altra... Perché tutte le scuole son diverse, e tutti i docenti ancor di più. Se fosse una diversità su base comune sarebbe fisiologico, oggi è una frammentazione nemmeno controllabile, e uno dei motivi lo abbiamo appena descritto. Si chiamerebbe iniquità. E allora:possibile chiedere un percorso formativo universitario unico per diventare insegnante,con uno zoccolodiareedisciplinarifunzionalialladocenzaobbligatorie eunadivaricazione poi a seconda delle discipline e dei cicli? Chiedere un dimensionamento certo e unitario dei fabbisogni di docenti e su quello predisporre una modalità unica di immissione in ruolo? E tale modalità unica, una sola, non mille, di grazia, potrebbe essere seria, rigorosa, altamenteselettivanell’accertamentodelle competenze richieste a un docente, su base comune nazionale, non solo di tipo conoscitivo/disciplinare?Perdirla in unaparola, una selezionemeno «all’italiana»? Anche per immettere in ruolo solo dieci docenti in un anno, ma selezionati con criteri adeguati. Ed evitare le bolge attuali di precari, classi di concorso, precari di un tipo e altri di un altro tipo, sostegno, provenienti da Tfa, o dal concorso, o dalle Gae, o dalla Sissis, o dal giorper, o del ppiar, o con la somma di punteggi acquisti in scuole private, o statali, o per il vantaggio della 104... Per me insegnare non è una missione e nemmeno un talento, è una professione. Come tutte le professioni prevede una formazione specifica,un acquisizione di strumenti professionali, esperienza,aggiornamento continuo e una selezione adeguata alla delicatezza delle competenze necessarie. Molti insegnanti lo fanno. Ma un sistema non migliora sulla «opzionalità» o sulla «probabilità» bensì sul’organicità delle scelte. Inoltre non credo che la qualità di un docente dipenda dalle predisposizioni personali da sole o dall’esperienza da sola. E sono decisamente contraria al permettere che insegnare sia un ripiego professionale. Non me ne abbia la mia amica Maria. Credo nello studio e negli strumenti professionali doverosamente acquisibili nel percorso formativo per fare quello e non altro, aggiornabili per tutto il tempo in cui si è docenti. Privi di ogni referenzialità. Come per medici, architetti, notai, ingegneri, psichiatri... Posso dirlo? Più di costoro. Per gli insegnati ogGi è come vi ho descritto sopra:un sistema selettivo tra i peggiori al mondo. Chi ne ha colpa? Chi dovrebbe sistemare la faccenda? Siccome Sono certa che Francesca tra due anni mi riscriverà, sarò costretta a dirle: «Abbandona l’idea, diventare insegnante in Italia è una cosa da folli» oppure «Allora, devi fare così, così e così», perché avremo finalmente messo mano in modo efficace a questa vergogna?