Unità/Firenze: La scuola dei ragazzi dal mondo. La buona accoglienza di San Donnino
La discussione in classe Nella I D dell’istituto La Pira: da un libro si arriva ai fatti di Rosarno La professoressa Patrizia Salvadori: con le scelte adeguate avere «stranieri» in realtà aiuta
Stefano Miliani
La professoressa legge agli alunni un passo da un romanzo che snocciola un interrogativo da calibro novanta: «com’è accaduto che si è arrivati alle camere a gas?». Se lo chiede in Alice e i nibelunghi Fabrizio Solei. È martedì e chi passa d’istinto una copia del libro al vostro cronista che assiste alla lezione nella scuola primaria Verga del comprensorio Giorgio La Pira è una ragazzina dal sorriso simpatico e chiaramente orientale. La classe è la I D, «la migliore» rivendica subito un piccolo, a San Donnino: zona di case basse, capannoni, periferia delle periferie tra Campi Bisenzio e Firenze. Su 25 allievi la I D ne ha quattro di provenienza cinese, una peruviana, una romena. Hanno come insegnante principale Patrizia Salvadori,donna appassionata e preparata nel mettere in pratica la politica dell’istituto delle cosiddette «buone pratiche» di accoglienza verso chiunque arrivi da qualunque parte del globo. E qui funziona. Il martedì in classe è il giorno della narrativa. Patrizia Salvadori pone, con tatto, la domanda del libro: i ragazzi ascoltano attenti, lei osserva che quando «si fa di ogni erba un fascio» le conseguenze possono essere distruttive e chiede se qualcuno ha in mente episodi dove si è fatta di ogni erba un fascio. «A Rosarno, contro gli africani», esclama Niccolò. Si accavallano le voci, suona l’intervallo, nessuno si trattiene più.
GLI INSERIMENTI DEGLI ALLIEVI La lettura del romanzo si inserisce in un ciclo di letture sul confronto, l’accettazione o il rifiuto degli altri. Poi i ragazzi lavorano sul testo, magari illustrandolo o accompagnandolo da slide, finché non incontrano l’autore di persona a fine anno. Silei arriverà in questo edificio dagli stipiti pitturati di verde il 14 maggio. Altri lo hanno preceduto: Lia Levi, Vanna Cercenà e lo scultore e pittore d’origine curda Fuaz Hadid con le sue memorie. Marcella Franchini, la vicepreside, sottolinea: «i tagli degli ultimi anni, non solo i più recenti, ci hanno impedito di continuare con il tempo prolungato alla media; gli insegnanti si prodigano come dei giocolieri, tuttavia riusciamo ancora a offrire molto e a inserire gli studenti di origine straniera. I problemi si pongono quando arrivano studenti durante l’anno scolastico: il flusso migratorio qui è costante, specie con i cinesi. Il Comune per fortuna ci sostiene davvero molto». Tra i laboratori linguistici e d'informatica e multimediali, verso gli uffici, le indicazioni sono in italiano e in ideogrammi. «Lo vedo ogni giorno, avere bambini stranieri non rallenta affatto la didattica, anzi, spesso aiuta quelli di origine italiana: quando danno una mano ai compagni si sentono gratificati», racconta Patrizia Salvadori. Un’altra aula ha sul muro una mappa dell’Italia, in italiano e in cinese, e una della Cina. «La più brava della IDè la romena. Una cinese, arrivata l’estate scorsa, pur con difficoltà linguistiche, è di un’intelligenza strabiliante, in matematica e in inglese ha 10 - continua la professoressa - L’accoglienza è una delle due attività principali, inserendo i ragazzi nella classe più adatta. L’altra attività è quella interculturale. È decisivo lavorare sull’inclusione». Dal comportamento dei ragazzi si intuisce che anche si toccano anche le emozioni, non solo la razionalità. A dar sostegno c’è anche Marina Trani, che «alfabetizza» i nuovi venuti. Gli ostacoli non mancano. Patrizia Salvadori ne indica alcuni: «Il voto in condotta ha reso le cose più difficili. Le classi sono numerose, dai 25 ai 28 allievi; a causa dei tagli la scuola ha dovuto ridurre gli insegnanti di sostegno; a volte qualche alunno va via perché la famiglia emigra altrove; i contatti con i genitori di altri paesi non sono sempre facili e alcuni italiani pensano che gli stranieri in classe rallentino la didattica mentre spesso è vero il contrario». Poi accenna ai «ragazzi silenti». Silenti? «Sono coloro che non riescono nemmeno a manifestare il disagio. Quelli di seconda generazione lo sanno esprimere. A inizio anno Lisa è sbottata dicendosi stufa di sentire “cinesi di merda”. Era arrabbiata e ferita. Però l’ha detto». E quando i ragazzi della I D sciamano nei corridoi per la ricreazione, scherzano e si spingono senza tante smancerie né tante distinzioni etniche.