Unità: Calabria, scuola alla creolina
Oliviero Beha
Ho i capelli dritti per le ultime dalla Calabria, ormai diventata per gli esperti quello che era la Sicilia di Ciancimino 20 anni fa, e in particolare da Catanzaro. No, nel caso non c’entra la Procura, l’avocazione dell’inchiesta «Why not» (appunto, perché no...) nei confronti di De Magistris, l’economia direttamente o indirettamente in mano alla ’ndrangheta calcolata nel 70% dell’economia calabrese tutta, mentre la Mafia spa è la multinazionale col fatturato europeo più alto. E nemmeno c’entrano il delitto Fortugno e i ragazzi di Locri di «Ammazzateci tutti». O meglio, i ragazzi c’entrano, e c’entrano le scuole, alcune scuole. Precisamente quelle «chiuse per creolina».
Andiamo in cronaca, per non sbagliare, lanci di agenzia alla mano non essendoci stato per ora un riflettore nazionale. Il fenomeno è cominciato nel febbraio di quest’anno, con le prime avvisaglie. In Prefettura, a Catanzaro, c’era stata una riunione del Comitato per l’ordine pubblico con il vicesindaco, Antonio Tassoni, che, di conserva con l’assessore alle attività economiche, Francesco Curcio, si era rivolto a rivenditori e famiglie: «I rivenditori di creolina, la sostanza chimica utilizzata dai vandali per i loro raid nelle scuole cittadine, collaborino con le forze di polizia, facendo maggiore attenzione a chi forniscono questo prodotto igienizzante ad alta tossicità».
La creolina è infatti un disinfettante usato anche per disinfestare le scuole stesse ma positivamente sciolto in acqua come solvente chimico. Se invece vengono rovesciati bidoni intieri senz’acqua, negli androni, lungo i corridoi, per le aule, l’effetto da overdose è opposto, un elemento intossicante fortissimo che fa male a chiunque e può provocare ai soggetti a rischio pericolose crisi asmatiche. Il tutto rende impraticabili gli istituti scolastici, che infatti a ondate vengono chiusi per qualche tempo. Faticano poi a riaprire, perché ormai l’incubo creolina è diffusissimo, a un passo dalla psicosi.
E dopo le prime indagini, quattro studenti del «Maresca», sempre a Catanzaro, erano stati raggiunti da un’ipotesi di reato nel giugno successivo. Altri dieci studenti minorenni di due istituti scolastici di Rende, in provincia di Cosenza, sono stati denunciati a fine ottobre dai carabinieri per danneggiamento aggravato ed interruzione di pubblico servizio per lo stesso motivo. Un paio di settimane fa nuova ondata di creolina: bersaglio l’Istituto tecnico per geometri «Petrucci» di Catanzaro,con intervento di vigili del fuoco e polizia. Il che ha portato a cinque i casi di metà novembre con relativa “serrata” di quattro scuole e cinque plessi scolastici. Vengono innaffiati da litri di creolina licei classici e scientifici, istituti tecnici e magistrali. Materia per la Digos.
La stessa cosa è successa a Crotone: creolina e vandali giorni fa in tre scuole, l’Istituto tecnico commerciale «Lucifero» con dieci ragazzi ricoverati in ospedale, la scuola media Giovanni XXIII ed una sezione staccata dell’Ipsia «Barlacchi». Si susseguono riunioni sul tema: lo ha fatto mercoledì della scorsa settimana anche il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Crotone, presieduto dal Prefetto, Melchiorre Fallica. Basta come cronaca spicciola per rendere l’idea?
All’inizio si pensava a un bullismo regionale, qualcosa che denotasse anche in questo delicatissimo settore la leadership calabra affermata com’è noto (anche se non noto abbastanza) ad altri livelli di intreccio delinquenzial-politico. Poi come capirete la faccenda ha ultimamente conosciuto un salto di qualità: circola voce, e ci sono indagini della magistratura su sollecitazione delle dirigenze scolastiche che vanno in questa direzione, che ormai i ragazzi di tali scuole sub specie di vandalismo creolinico abbiano cambiato pelle in chiave “manageriale”. O semplicemente mafiosa. Infatti da sicari di loro stessi si sarebbero mutati in mandanti.
Ma sì, avete letto bene: stando ad alcune testimonianze di studenti e docenti i delinquenti in erba farebbero delle collette tra loro per ingaggiare “ninos de rua”, ragazzi di strada alla calabrese, di quelli buoni a tutto e quindi disponibilissimi a rischiare appena appena invadendo le scuole e riempiendole di creolina su commissione. Ciò perché i minorenni che progettano tali infestazioni non vogliono eventuali fastidi con le (rarissime, ma in aumento) telecamere di sorveglianza, o anche solo con le indicazioni di compagni non ancora “guasti” come loro. Per fortuna ce ne sono, e vengono anche segnalati scontri tra studenti, tra chi vuol riprendere le lezioni e chi direttamente o indirettamente favorisce le sospensioni. Con la manovalanza di strada i vandali baipassano la responsabilità diretta e pagano qualcuno che faccia chiudere le scuole in vece loro.
Non credo che siano necessari troppi commenti. Qui c’è l’aspetto della malavita minorile, la crisi della scuola intesa fin nella sua dimensione di edificio scolastico, l’incapacità o l’impotenza delle istituzioni a reagire adeguatamente nonostante i proclami aulici, la mancanza di barriere non solo retoricamente indignate a questo precipizio. Ben sapendo per di più che sono in agguato le telecamere di un Vespa, un Mentana o qualche «Vita in diretta» (vita???), anche loro malgrado - eufemismo - programmate per creare emulazione e non coscienza del degrado con qualche bel talk-show dedicato al chimico solvente.
Il tutto a garanzia della tragica considerazione che il Paese sta scivolando per la china come su un piano inclinato dalla forza di gravità, perché in ballo ci sono le nuove generazioni alla creolina e il domani continuando così sarà per forza peggio dell’oggi, indipendentemente da professioni di apocalitticità sociopolitica o di (sparuto) ottimismo biologico. Con le scuole alla creolina siamo ormai arrivati in profondità, alle radici malate da cui tronchi e rami di conseguenza, piante storte fin dall’inizio, con l’aggravante che statisticamente come per l’economia così per il tessuto sociale di prima anagrafe tra poco i fuorilegge saranno gli altri,i pochi o tanti (ma pare pochi...) che non ci vogliono stare. Servirebbe la politica, a partire dal ministro Fioroni a campeggiare a Catanzaro o Rende finché la questione non fosse risolta, per dare un segnale forte, e magari anche una mano da chi parla di “relativismo morale” comodamente assiso su divani porpora, quando invece ci sarebbe tanto bisogno di educatori senza paura dell’odore asfissiante di un solvente.
Relativismo chimico nella Calabria che muore?
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