Unità/Bologna: Scuole senza fondi, la Cgil mette in mora il ministero
Partono le ingiunzioni di pagamento per recuperare gli 80 milioni di crediti in regione. Nei tecnici molte famiglie in difficoltà a pagare il «contributo volontario» per gli istituti
Il futuro è la scuola privata. Privata di tutto: dal toner per la fotocopiatrice alla cancelleria, dai gessetti alla carta igienica, passando per i laboratori e il pagamento delle supplenze. Quando lo Stato non paga i debiti, le scuole si ritrovano a dover anticipare dalla cassa di istituto. E quando anche il fondo di quella cassa è stato raschiato e le risorse sono lumicini lontani, si passa a chiedere soldi ai genitori. In tempo di crisi, però, anche i bilanci delle famiglie sono sempre più spesso in rosso. E allora le nostre scuole non le finanzia più nessuno. Questo l’allarme lanciato dalla Cgil, che si prepara a reagire a suon di ingiunzioni di pagamento, soprattutto per i supplenti che, da oltre un anno, non vedono lo stipendio. «Procederemo a breve con le ingiunzioni – annuncia il neo-segretario regionale della Flc-Cgil, Raffaella Morsia – e solleciteremo il ministero a stanziare i fondi almeno per quest’anno, perché al momento mancano i soldi alle superiori per organizzare i corsi di recupero, che rischiano quindi di essere azzerati». Il credito che le scuole emiliano-romagnole vantano nei confronti dello Stato tocca gli 80 milioni di euro, una media di 100 mila euro a scuola. Si va dai 6 milioni della provincia di Piacenza ai 19,3 di Modena, fino ai 22,5 milioni degli istituti bolognesi, tra cui spicca il Polo Artistico, che vanta660 mila euro di crediti. Un buco tale da causare il fallimento di una qualsiasi azienda privata. Ma le scuole pubbliche non possono certo portare i libri contabili in tribunale.
LA QUESTUA Così si ritrovano a fare questua tra le famiglie, tramite i contributi volontari. «Lunedì è arrivato dall’Ufficio scolastico regionale un modulo da consegnare alle famiglie – spiega Morsia – con cui certificare il contributo volontario dato agli istituti». Insomma, attacca il segretario, «stanno cercando di normare una cosa che è anticostituzionale». Quei contributi, infatti, sono ammessi solo per opere di edilizia scolastica, innovazione tecnologica e arricchimento dell’offerta formativa. Invece adesso «è una situazione generalizzata – riprende Morsia – nelle scuole il 100% del funzionamento didattico e delle attività extra, così come il50%del funzionamento amministrativo, è garantito dai soldi che arrivano dai genitori». In media alle elementari le famiglie pagano tra i 20 e i 50 euro, 80 alle medie e 150-200 alle superiori. Ed è proprio qui che si cominciano a registrare i primi problemi, in particolare negli istituti tecnici e professionali, dove si concentra la maggior parte delle famiglie più disagiate. «Il 40-50% di questi genitori non è più in grado di versare il contributo – riferisce Morsia – una percentuale in aumento rispetto al passato ». Il rischio è ovvio: le scuole con genitori abbienti faranno gite, laboratori, attività didattiche di alto livello. Le altre dovranno limitarsi all’insegnamento delle materie curriculari. Una situazione che si aggraverà dal prossimo anno, quando sui banchi vi saranno 10 mila alunni in più a fronte di un taglio di 1700 unità tra insegnanti e personale Ata.