Unità-Bologna-Ricercatori e studenti contro la Moratti
Ricercatori e studenti contro la Moratti Adriana Comaschi BOLOGNA "È la prima manifestazione della mia vita, non ero mai sceso in piazza, neanche da studente". Moreno Toselli lo ha fatto ...
Ricercatori e studenti contro la Moratti
Adriana Comaschi
BOLOGNA "È la prima manifestazione della mia vita, non ero mai sceso in piazza, neanche da studente". Moreno Toselli lo ha fatto ieri, a 41 anni, per difendere il futuro dell'università dove lavora come ricercatore. Insieme a lui, in un corteo gremito come non si vedeva da tempo, più di duemila persone hanno sfilato contro l'"offensiva" del governo su istruzione e ricerca.
Gli studenti delle superiori con i loro slogan e tanti cartelli fantasiosi, i precari dell'ateneo in modo più sommesso ma in prima fila: travestiti da fantasmi, perché ignorati dal governo, "naufraghi del sapere", come si sono definiti in uno striscione.
Una mobilitazione che ha ricevuto la solidarietà di Comune e Provincia
Dagli assessori Virgilio, che era in piazza, e Guglielmi, alla presidente della Provincia Draghetti e alla parlamentare Ds Grignaffini. E una mobilitazione che non ha nessuna intenzione di fermarsi. Primo appuntamento, quello di domani in S. Lucia, per l'assemblea d'ateneo convocata dal rettore Pier Ugo Calzolari sul decreto di riordino dell'università formato Moratti. E già su quello che si aspettano dal loro Magnifico, ricercatori, dottorandi e anche professori hanno le idee chiare.
A riempire prima via Indipendenza, poi Righi, Zamboni e infine Rizzoli ci sono soprattutto studenti, universitari ma anche medi, le metricole del futuro: contestano la "y" della Moratti, ovvero un primo anno uguale per tutti e poi subito un biennio diverso, a seconda dei voti, in pratica un 1+2+2 che non piace proprio a nessuno. Tante le sigle in piazza, dalla sinistra unversitaria allo Spazio sociale con Lsx. Il loro sound system ospita tre croci simboliche: una è per un operaio vittima della legge 30 sul mercato del lavoro), una è per un migrante colpito dalla Bossi-Fini e la terza è riservata a uno studente, vittima della Moratti. Mentre in corteo un cartello ricorda gli articoli della Costituzione sul diritto al sapere per tutti. "È il mio primo corteo - spiega Toselli - ora o mai più: qui siamo allo smantellamento completo dell'università". E spiega perché: "Il decreto del governo regolarizza, anzi incentiva chi svolge un secondo lavoro fuori dagli atenei, perché a differenza di quel che avviene oggi darebbe loro lo stesso stipendio di chi si dedica anima e corpo all'università. Ma siamo impazziti?".
Ma soprattutto lui e i colleghi di Agraria vogliono "difendere il ruolo del ricercatore, e impedire che il futuro reclutamento nelle università passi da un precariato mascherato", spiega Davide Pancaldi. La formula dei contratti a termine, rinnovabili o meno, proposta dalla Moratti come unico accesso dopo il dottorato proprio non va giù. "Ci parlano di modello americano, dove i ricercatori sono a termine - ragiona Toselli -: ma non dicono che lì prendono uno stipendio da 60/70 mila euro l'anno. Da noi si fanno le nozze con i fichi secchi". E porta l'esempio del suo caso. "La prima borsa di studio l'ho avuta nel '90, come ricercatore ho preso servizio nel 2000": fanno già 10 anni di precariato. "Per la mia formazione sono stato anche negli Usa, ma il mio primo stipendio ammontava a meno di 1000 euro al mese, mentre i miei colleghi, più giovani, che sono rimasti laggiù hanno preso da subito 50 mila euro l'anno".
Insomma, "così gli studenti non sono incentivati a continuare gli studi". Monica Caffara è ricercatrice a Veterinaria, e spiega perché se ora già ci vuole coraggio ad affrontare un certo percorso, da qui in avanti sarà impensabile farlo. "Dopo la laurea ho lavorato un anno gratis, come volontaria, poi sono stata un altro anno senza stipendio dopo il dottorato. Ora che ho vinto il concorso da ricercatrice, a 37 anni guadagno 1.043 euro al mese. Così dipendo ancora dai genitori, l'auto ce l'ho perché me l'hanno comprato loro, non sono sposata, vivo in affitto in una città carissima. Vado avanti per passione, ma se passa il decreto dubito che qualcuno affronterà tutto questo senza nemmeno la speranza di uno stipendio certo, per quanto basso".
Lara Michelacci è al 2° anno del dottorato di Italianistica: "Questa riforma non ci dà nessuna garanzia sul futuro: l'università, la struttura in cui vorrei lavorare in futuro, si sta sgretolando. Al rettore - spiega - chiediamo una posizione ferma contro questa riforma: come una sospensione significativa della didattica, o meglio il blocco delle tesi di laurea". "No comment sul rettore", invece, per Laura Stancampiano, ricercatrice: "Avremmo voluto che facesse di più, magari manifestando anche lui invece di limitarsi a cauti documenti". All'assemblea di domani andrà, eccome, "ma non vorremmo solo parlare di questa riforma terribile, ci vogliono iniziative più forti. Mi aspetto che da domani esca almeno un documento che chiede il ritiro del decreto, non basta modificarlo".
Domani in S. Lucia prenderanno sicuramente la parola i ricercatori "senza presa di servizio": 40 persone a Bologna, 1400 in Italia che dopo aver vinto il concorso sono rimasti in una sorta di "limbo" a causa del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, imposto dalle due ultime Finanziarie. Un paradosso: gli atenei avrebbero anche le risorse per assumerli, ma la legge glielo vieta. L'Alma Mater è intervenuta pagandoli con un assegno di ricerca, ma loro chiedono comunque l'assunzione, spiega Cinzia Albanesi di Agraria, perché la posizione attuale fa perdere loro tutta una serie di tutele e diritti.
Adriana Comaschi