Unità/Bologna: Monterenzio, La Gelmini taglia. E a pagare la mensa ci pensano i genitori
Nel Comune montano mancano i docenti per coprire le ore della “pappa”. A Bologna mancano bidelli. Cgil: «Così si privatizza la scuola pubblica»
Alice Loreti
Chi non paga, non ha la mensa. Succede all’Istituto comprensivo di Monterenzio. E ancora una volta la causa sono i tagli del ministro Gelmini. Mamme e papà hanno chiesto le 30 ore, l’ex modulo che prevede tre giorni alla settimana di mensa e rientri pomeridiani. Ma con l’organico che Roma ha concesso alla scuola, l’ora della “pappa” non si riesce a coprire. Il Comune, stretto dai tagli della finanziaria, non ha la disponibilità economica per arginare il buco e allora a pagare saranno le famiglie. I genitori di dieci classi, dalla prima alla quinta elementare, dovranno sborsare di tasca loro i soldi per avere gli educatori necessari a servire pasta, carne, verdura e frutta. Così, sottobanco, un altro pezzettino di scuola pubblica diventa privata. Il Comune sta raccogliendo in questi giorni le richieste delle famiglie, per poi trovare una soluzione. La preside, Filomena Massaro, che ha la reggenza dell’Istituto dal 31 agosto, si è trovata a fare i conti - letteralmente - con i buchi. La richiesta all’Ufficio scolastico di altre risorse in organico è già partita. Ma le speranze di ottenere i docenti necessari per non far ricadere sulle famiglie il costo della mensa sono scarse. E le difficoltà si sommano. «Abbiamo una situazione delicatissima per quanto riguarda il personale Ata - racconta la preside -. A Monterenzio ci hanno tolto un’impiegata di segreteria. È una scuola con 515 alunni. C’è buona volontà e spirito di collaborazione da parte di tutti, ma per funzionare dovremo fare i salti mortali ». All’Istituto comprensivo 12 di Bologna, sempre diretto da Massaro, da quest’anno manca un bidello. «È difficile in queste condizioni garantire sorveglianza e pulizie». Così la politica è quella dell’essenziale. «Alle medie ci sono attività laboratoriali pomeridiane - riprende Massaro -. Per forza di cose, non potremo aprirle sempre». Alle elementari il budget per le compresenze è stato direttamente annullato. Per coprire il tempo scuola, la soluzione è l’osmosi: i docenti passano dalle compresenze a ore di lezione in altre classi. «Su un pacchetto di 60 ore - spiega Massaro - 20 mi servono per la mensa, altre 14 per le ore curricolari. Le restanti 26 ore saranno distribuite per le compresenze in 15 classi». Facendo un rapido calcolo, ogni classe avrà un’ora circa di compresenza, mentre il tempo pieno dovrebbe averne quattro. Ore che saranno utilizzate per uscite didattiche, attività sul territorio, laboratori. E se non bastano i soldi del ministero, sarà aperto il salvadanaio del fondo accessorio d’istituto. «Siamo al paradosso -commenta il segretario regionale Cgil Scuola, Raffaella Morsia -: se i genitori hanno i soldi il servizio è garantito, altrimenti no. Dalla scuola pubblica stiamo andando verso il servizio a domanda. Che è una forma di privatizzazione ».