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Unità/Bologna: Limina-Frabboni, quel duello in punta di fioretto fra il dirigente e il pedagogista

Un faccia a faccia organizzato in tempi strettissimi quello tra il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Marcello Limina e il pedagogista Franco Frabboni

17/06/2010
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l'Unità

Chiara Affronte
Si sono scontrati una settimana fa sulle colonne di questo giornale e, sempre sulle colonne di questo giornale, decidono di confrontarsi.
Un faccia a faccia organizzato in tempi strettissimi quello tra il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Marcello Limina e il pedagogista Franco Frabboni. Il professore, nell’editoriale dell’8 giugno, attaccando la Gelmini per la minaccia di «provvedimenti esemplari» nei confronti di prof contrari alla sua «Controriforma», aveva parlato di «direttori/coccodè » attraverso i quali il ministro mette il bavaglio agli insegnanti.
Nonsono piaciuti a Limina i toni «sarcastici e denigratori» usati da Frabboni che, dal canto suo, aveva risposto di non aver fatto nomi. Poi entrambi si erano detti disponibili ad un dialogo. E, in men che non si dica, dialogo è stato ieri nella sede dell’Usr, «moderato» da noi de l’Unità.
Con apprezzamenti dell’uno verso l’altro non proprio scontati: «Pedagogista romantico e idealista» è come Frabboni ha definito Limina; «saggio studioso» come il direttore ha dipinto l’ex preside.
LE SPIEGAZIONI Il «punto in comune» è ciò da cui suggerisce di partire Frabboni, che conosce Limina da tempo. «Non è necessario incrociare le armi, al massimo il fioretto, non certo la spada». Ribadisce il pedagogista: «Non ho accennato mai al direttore dell’Emi lia-Romagna: non è l’unico in campo in questo momento».
Il primo baluardo dell’ex preside di Scienze della formazione sono gli articoli della Costituzione «molto chiari» in materia di «libertà di parola e pensiero». Poi il suggerimento a Limina: essendo la scuola in larga parte gestita e coordinata dalle Regioni, «un direttore dovrebbe avere due cuori: uno che batte certamente per il Ministero e le politiche nazionali e uno che batte per la Regione». Che, nel caso specifico, «ha un orgoglio infinito per la scuola». Basti ricordare che è grazie all’Emilia-Romagna che il documento della società della conoscenza di Lisbona considera, tra quelli europei, il modello italiano, «da Oscar». Motivo che spiega, di per sé, la particolare “reattività” degli insegnanti emiliano-romagnoli. Tuttavia, posto per Frabboni che «dentro l’aula è condannabile ogni espressione della propria opinione personale, fuori non vale la stessa modalità»: resta «innegabile che la contrazione operata dal governo affossa e smantella la scuola pubblica, a partire dal tempo pieno.
Fatto, questo, che non può non scatenare le reazioni degli insegnanti (Frabboni, peraltro, precisa di non avere la «mistica del tempo pieno, tanto meno del tempo mattina più pomeriggio » ma spiega di fare riferimento ad un «modello riconosciuto nel mondo, ndr).
I COSTI «La scuola costa?», si chiede Frabboni. «Sì,ma in altri Paesi non si è scelta la strada dei tagli». Fatto vero, questo, per Limina, che però fa un passo indietro. E da ex funzionario a Bruxelles, ricorda come i colleghi europei spesso gli ponessero la questione di un Paese, l’Italia, che da tempo «viveva al di sopra delle sue possibilità».Insomma, per il direttore dell’Usr, «i tagli che il Governo è stato costretto ad operare, tutti in una volta» sono il risultato di una gestione poco sana che si protraeva da tempo. «Noi avevamo una spesa non perfettamente controllata e percepibile », ribadisce Limina, quando invece è necessario che ci sia una «certa flessibilità tra situazione a tavolino e situazione su carta», ad esempio per ciò che riguarda l’organico di fatto (quello che risponde alle reali esigenze scolastiche, ndr). Netta poi la posizione di Limina sulla famosa circolare-bavaglio, i cui destinatari erano gli ex provveditori, che doveva restare riservata ma che qualcuno ha fatto uscire, compiendo un gesto «idiota». Il direttore spiega: «Il mio richiamo non era stato generale e generalizzato. Perché se lo fosse stato avrei usato altri metodi, strumenti e lessico. La prosa che ho impiegato non era diretta all’insegnante, ma ad un pubblico specializzato abituato a comprendere un lessico forse meno attraente e comunicativo ma più essenziale». Un frasario che, osserva Limina, «la maggior parte non ha compreso». Il problema da risolvere con la «famosa » nota, per il funzionario ministeriale, erano semmai «casi di macroscopica e particolare veemenza di cui talune esternazioni si connotavano ». Questo non toglie, però, a sentire i presidi, che la “linea” dell’Usr sia comunque quella di evitare di parlare con la stampa. Limina non lo nega, ma precisa: «Io ritengo che i dati debbano essere comunicati quando sono certi. Perché quando non lo sono si diffondono i numeri delle richieste, più che della realtà. E si generano allarmismi». Tanto più, precisa Limina, che «spesso si scrive ai parlamentari, al presidente della Repubblica, prima di chiedere chiarimenti al direttore regionale». In ogni caso, per Frabboni, resta assurdo chiedere le dimissioni del direttore a causa della circolare, così come da più parti è stato invocato - dai sindacati nazionali al Pd -: «Credo che ci sia il tempo del chiarimento», precisa l’ex preside. Che parla di un «ricompattamento » di soggetti che si erano allontanati (scuole e università, sigle sindacali) in seguito alla circolare. «Ringrazio questa opportunità di oggi (ieri per chi legge, ndr) - la replica di Limina - che mi ha dato il modo di esprimere un parere di civiltà: esiste un limite della libertà individuale che non deve ledere quella altrui».
LE RISPOSTE La scuola italiana è stata la prima a includere disabili, extracomunitari, a usare i laboratori», osserva Frabboni. E questo costa. La «fase 2», quella al post-tagli, per Limina, forse sarà quella del riavvicinamento al cittadino, «una volta che si è fatto ordine ». «Da quando sono qui cerco di dare risposte, ho attivato un tavolo per farlo - riferisce Limina, e a volte ci accorgiamo che certe osservazioni che ci vengono fatte sono anche frutto di errori; altre volte il problema c’è davvero. Cerco di rispondere (e non fare circolari) perché capisco che se l’amministrazione non lo fa il cittadino si arrabbia». Rispondere e non allarmare, insiste Limina, perché spesso la situazione apparentemente più disastrosa, con gli organici di fatto, può rivelarsi «districabile ». I
TAGLI: LA SCUOLA SOFFRE L’anno prossimo 700 bambini solo nella provincia di Bologna non potranno andare alla materna: un fatto mai avvenuto che priva i cittadini di un diritto costituzionale e li mette in condizioni disagiate rispetto a chi potrà andarci, il parere di sindacati e associazioni. «È il mio cruccio non poter intervenire in un settore che mi sta particolarmente a cuore», la risposta di Limina. Convinto che gran parte del futuro professionale di un cittadino si basi proprio sulla scuola materna. L’impegno è che, una volta fatto ordine alle superiori, «dove siamo in ritardo», rimangano delle risorse per tamponare il problema della materna. Ma Limina precisa un punto: «Difficile risolverlo su due piedi, perché vorrebbe dire ribaltare una situazione che vede da sempre l’ente locale intervenire all’85% sulla materne. Oggi l’ente è in difficoltà e il caso esplode». Difficile tuttavia, anche sperare di trovare risorse dal riordino delle superiori, a sentire dirigenti scolastici e insegnanti. Anche se in realtà i margini, per Limina, possono esserci.
AUMENTANO LE BOCCIATURE «Non meno di uno». È ancora una volta il pedagogista a ricordare il documento di Lisbona dove si considerava un fallimento lasciare indietro un ragazzo. «Le valutazioni a quiz sono una carneficina», aggiunge Frabboni. Ma per Limina è vero che «la qualità non può non tener conto del merito». Certo è che parlare di qualità e poi tagliare risorse risulta contraddittorio per molti. Si tagliano le materie di indirizzo negli istituti tecnici e professionali e non si sa ancora chi insegnerà cosa, si tagliano le lingue ai periti turistici ma si pongono obiettivi più elevati, si vuole più qualità ma si sovraffollano le classi rendendo quasi impossibile l’insegnamento, magari inserendo anche 5 disabili privati delle tradizionali ore di sostegno(e causando problemi per la sicurezza, tra l’altro). Come possono stare insieme tutte queste cose? È la domanda che si fa il mondo della scuola. «Il numero di ore non è garanzia di qualità, di per sé».E laddove si taglia, poi si recupera in altro modo, il senso dell'operazione del governo per l’Usr. «I casi limite ci sono, ma sono rari», assicura Limina.
IL DEBITO DELLO STATO Sono 23 milioni nella Provincia di Bologna, tra i 6 e gli 8 in quella di Rimini le risorse che lo Stato deve alle scuole, necessarie per pagare le supplenze, ad esempio, ancora non corrisposte a molti precari. ad anno concluso. «È il risultato del pregresso di anni - spiega il direttore dell’Usr -maal di là del dato contabile astratto, facendo verifiche, spesso ci accorgiamo che i soldi ci sono, tranne in alcuni casi,ma magari devono essere gestiti diversamente, con maggiore intelligenza da parte dei dirigenti scolastici». Un esempio? Molti presidi lanciano l’allarme sicurezza e quello pulizie per l’anno prossimo: «Quando si assume un’impresa per le pulizie ci si deve assicurare che svolga al massimo il suo lavoro e non farlo lasciando che altro personale resti seduto».


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