Unità/Bologna: «La materna è scuola non un servizio, il fai da te non può esistere»
Intervista a Sandra Soster - Segretaria Flc-Cgil
Adriana Comaschi
Sandra Soster, segretaria della Flc-Cgil di Bologna, è decisamente perplessa sull’ipotesi di una scuola materna “a pagamento” per 45 bimbi di Budrio, rimasti esclusi perché il ministero non ha dato le due nuove sezioni di materna statale richieste. «Si sta scaricando - dice - un problema enorme sui Comuni, tra Bologna e provincia ci sono 600 bimbi che a oggi non hanno la scuola dell’infanzia. La scuola, e non un servizio a domanda individuale comeil nido. Mentre sarebbero tra le 800 e le 1000 le famiglie senza tempo pieno alle elementari - dati precisi non ce ne sono, l’Usp non li ha ancora raccolti ». È una soluzione possibile? «Su queste emergenze i Comuni devono arrivare a una posizione politica comune e a un “decalogo” d’azione. Già l’anno scorso abbiamo assistito a una sorta di Far west, con proposte di volontari al posto degli insegnanti. La Cgil porrà il tema già lunedì prossimo in Conferenza metropolitana dei sindaci:non si puòi mprovvisare, affidarsi alla creatività. Perché la scuola materna dell’infanzia è regolata da ordinamenti nazionali fissati per legge: il personale deve avere un certo tipo di laurea, c’è un modello didattico da rispettare. Insomma non si può pensare a una materna “fai da te”. Questa come premessa generale. Nel caso di Budrio, può essere che in realtà il sindaco pensasse di rivolgersi ad associazioni o cooperative in grado di aprire e gestire due nuove sezioni di scuola materna rispettando appunto gli ordinamenti nazionali. Come può darsi che il Comune valuti altre ipotesi». Ad esempio? «Sul territorio ci sono già stati casi di riduzione del tempo scuola: hai due sezioni di materna statale, te ne mancano altre due, quindi metti le prime a part time e con i due docenti del pomeriggio ne apri altre due a tempo parziale». Una strada percorribile? «Per il sindacato assolutamente no, altrimenti non si dà una vera scuola materna ma solo un babysitteraggio. La scuola dell’infanzia, per essere tale, ha bisogno di tempo per stare con i bambini, per costruire un percorso ». E il contributo chiesto ai genitori? «Purtroppo non è la prima volta, è già successo con il tempo pieno, A Crespellano ad esempio da quest’anno con la riduzione degli organici il venerdì pomeriggio lo paga il Comune, con una partecipazione delle famiglie». Allora è una novità a cui dobbiamo abituarci? «Se il governo non si pone il tema delle generalizzazione della scuola dell’infanzia - che non è scuola dell’obbligo -, gli organici rimarranno bloccati anche nei prossimmi anni e dunque i bambini esclusi cresceranno inevitabilmente. Gli organici dell’Emilia- Romagna sono stati tagliati “solo” del 3% (in Campania ad esempio è del 6%), ma si combinano con due fattori esplosivi: la crescita demografica - in provincia di Bologna ci sono ogni anno 2-3 mila studenti in più in tutti gli ordini di scuole - e la richiesta di tempo scuola, che qui è altissima». Quindi? Che fare? «Bisogna opporsi a questa destrutturazione. Senza però inventare soluzioni avventurose. Occorre allora una battaglia politica, condotta in modo coordinato non tanto a livello di provincia quanto di Regione. Che su questo deve avere una sua posizione, precisa e netta, affrontando il tema di una sussidiarietà spinta allo spasimo: non possiamo accettare volontari invece di docenti, pensionati al posto dei bidelli. Serve un accordo sugli strumenti e sui modi con cui provare a reggere una situazione così drammatica».v