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Unità/Bologna: I presidi: «No al silenzio, i tagli sulla scuola sono gravi»

Le conseguenze Ben 500 i posti di lavori in meno l’anno prossimo, 1.600 famiglie private del tempo scuola richiesto. Sandra Soster (Cgil): «Sono i numeri dello sfascio quelli che Limina non vuole comunicare»

25/05/2010
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l'Unità

Chiara Affronte
No alle intimidazioni. È questa la replica forte e chiara dei presidi dell’Emilia-Romagna al dirigente dell’Ufficio scolastico regionale Marcello Limina e alla sua «circolare bavaglio» diventata pubblica pochi giorni fa grazie al coordinamento dei docenti modenesi. Se il dirigente dell’Usr credeva di zittire i lavoratori della scuola, è invece riuscito a fare alzare la loro voce ancora di più. E così, dopo la protesta già annunciata per giovedì davanti all’Usr degli insegnanti delle superiori, questa volta sono i destinatari della circolare «riservata» a prendere la parola. E a ricordare a Limina doveri ma anche diritti di un preside. Ad esempio, quello di «continuare ad informare, spiegare e raccontare in quale difficile situazione si trovi la scuola italiana». Questo, aggiunge il coordinamento, «non significa assumere posizioni critiche nei confronti del Governo, ma semplicemente esercitare il proprio ruolo di dirigenti scolastici così come previsto dalla legge». E così, riprendendo una frase delle circolare di Limina, «astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell'amministrazione pubblica» non è certo uno dei doveri dei presidi. Mentre lo è, «eticamente e deontologicamente», non nascondere «l’impoverimento dell’offerta formativa» causato dai tagli del ministro Mariastella Gelmini. Anche Asabo, l’associazione che riunisce molte scuole di Bologna, precisa che «la supina condiscendenza sarebbe una lealtà di facciata che non renderebbe un buon servizio all’efficacia del lavoro nella scuola». Le rivendicazioni arrivano proprio nel giorno in cui le conseguenze di questi tagli si mostrano in tutta la loro drammaticità. Ben 500 i posti di lavoro in meno per l’anno prossimo nelle scuole di Bologna e provincia, oltre 1.600 private del «tempo scuola richiesto». Le 64 classi di tempo pieno in più non sono state date, riferiscono in un comunicato congiunto Cgil e Cisl. E queste famiglie si rivolgeranno ai «Comuni a loro volta finanziariamente stremati», prosegue la nota. «Sono i numeri dello sfascio, quelli che Limina non vuole comunicare », sbotta Sandra Soster della Cgil. La tendenza dell’Usr regionale, infatti, resta sempre quella di cercare di ridimensionare il problema, invitando i dirigenti a non comunicare per il momento questi numeri alle famiglie. Restano quindi 600 i bambini privati della scuola dell’infanzia, come riportato nei giorni scorsi dall’Unità: «Le famiglie sono invitate ad autorganizzarsi », spiegano Cgil e Cisl. L’altro dato drammatico è quello relativo alle pluriclassi: sia alla primaria che alla secondaria di primo grado a fronte di un ingente aumento di alunni (503 alle elementari, 738 alle medie) sono previsti rispettivamente 48 e 58 insegnanti in meno: nel primo caso il numero di classi rimarrà lo stesso e quindi le cosiddette pluriclassi saranno 16, 5 in più rispetto all’anno scorso. Alle secondarie di primo grado invece le classi in meno saranno 18: così - spiegano ancora Cgil e Cisl - si dovrà ricorrere ad un maxi accorpamento di classi intermedie, in barba alla «continuità didattica». A questo quadro si aggiungono i dati relativi alle superiori, dove il taglio di docenti previsto è di 125 unità (180 per il personale amministrativo). E, oltre tutto, vista la situazione finanziaria in cui si trovano gli istituti, che in totale a Bologna devono avere dallo Stato 23 milioni, sarà impossibile garantire le supplenze, anche in questo caso attaccando il monte ore a cui i ragazzi avrebbero diritto. Per tutti questi motivi i sindacati chiedono con forza un tavolo interistituzionale a livello provinciale, già convocato per domani, per lavorare ad un’azione congiunta affinché il Governo «sia costretto a rispettare le leggi dello Stato e perché ad ogni ragazzo sia garantita una pari opportunità formativa, a partire dall’accesso alla scuola dell’infanzia». Quindi, basta nascondere la realtà, è il grido di Cgil e Cisl: «È necessario un nuovo patto sociale per le nuove generazioni a venire, perché ora tutti sappiamo qual è la situazione e la posta in gioco».


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