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Unità/Bologna: Ateneo, un esercito di docenti precari

Sono 2.500 oltre a circa 3.000 ordinari e straordinari, 982 associati, 1.167 ricercatori

20/09/2006
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l'Unità

di Andrea Bonzi/ Bologna

PROFESSORI PRECARI che preparano gli studenti a un lavoro precario. Sono 2.500 i docenti a contratto all’Università di Bologna, che si aggiungono ai circa tremila insegnanti tra ordinari e straordinari (958 più 37 fuori ruolo), associati (982) e ricercatori (1.167)
che lavorano nell’ateneo più antico del mondo. Se si considera che gli studenti sono 95.000, il rapporto tra docenti e ragazzi è di 1 a 17, e sale a 1 a 30 contando solo il personale strutturato.
Questi i numeri alla base della “querelle” fra Fabio Roversi Monaco, presidente della Fondazione Carisbo, e il rettore Pier Ugo Calzolari.
Il primo, pur non riferendosi direttamente all’Alma Mater, ha sostenuto che «i docenti sono troppi» e che questo è un fattore della «inefficienza» delle università pubbliche rispetto a quelle private. Immediata la replica di Calzolari: «Sono critiche infondate, solo chi non vive all’interno di questa istituzione può ignorare la qualità e quantità del lavoro svolto dai docenti e dal corpo tecnico-amministrativo».
Ora la parola passa ai sindacati, che sottolineano: «Il punto non è il numero di insegnanti - spiega Sandra Soster, segretario generale della Slc-Cgil -, ma l’alto numero di precari tra le persone impegnate nell’insegnamento, e l’eccessivo proliferare dei corsi di laurea». A Bologna, infatti, ci sono 125 corsi universitari, e poi ci sono master, post-laurea, Scuole di specializzazione. «Ci sono docenti che tengono fino a 6 corsi - continua Soster -, e non c’è una valutazione sulla efficacia dei corsi stessi». Una specializzazione che, spesso, non serve neppure alle aziende che finiscono per lamentarsi della perdita della «visione globale» da parte dei neolaureati.
Va detto che «l’Università di Bologna è una delle pochissime che ha investito in ricercatori e docenti, nonostante il taglio delle risorse - precisa Soster -. Alcuni problemi, però, restano». Tra questi, nuove regole di reclutamento del personale docente: «Ci vorrebbe un piano pluriennale di assunzioni che ridefinisca le modalità di scelta: più trasparenti e più basate sul merito», chiude Soster.
È anche una questione di soldi: i tagli del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) hanno costretto gli atenei a cercare altre forme di sostentamento. Il lavoro per conto terzi nelle facoltà scientifiche (soprattutto Agraria, Medicina, Ingegneria) cresce: un modo per stringere legami con le aziende sul mercato e per incassare denari che vanno ripartiti tra docenti, tecnici e università. Lo stipendio di un ricercatore va dai 1.200 euro a un massimo di 2.000 euro con anzianità di servizio, mentre un professore associato va dai 2.000 ai 3.000 euro e di un docente ordinario oscilla tra i 3.000 e 4.000 euro, escluse cariche aggiuntive.
Ma come vivono gli studenti il rapporto con i loro insegnanti? «Il corpo docente di ruolo è piuttosto anziano - racconta Francesco Mileno, segretario della Sinistra universitaria -, ci sarebbe bisogno di un ricambio: è capitato che ci fossero casi in cui il professore non legge le e-mail dei ragazzi, e questo complica le cose». Per quanto riguarda i ricercatori giovani, «il problema può essere di motivazioni: il precariato li porta a guardare altrove e a cercare lavori più sicuri al di fuori dell’ateneo». Sebbene sia positiva un’offerta ampia, ci sono alcuni corsi «ad esempio quello di Statistica, dove si tengono lezioni con 5-6 studenti - chiude Mileno - e altri superaffollati: bisognerebbe migliorare anche questo aspetto».


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