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Unità-Alberth, il topo di biblioteca che "vigila" su Bologna okkupata

Alberth, il topo di biblioteca che "vigila" su Bologna okkupata È l'università più antica dell'occidente, fondata nel 1088 La protesta contagia ogni angolo: "Sognamo il diritto allo studio pe...

06/11/2005
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l'Unità

Alberth, il topo di biblioteca che "vigila" su Bologna okkupata

È l'università più antica dell'occidente, fondata nel 1088
La protesta contagia ogni angolo: "Sognamo il diritto allo studio per tutti"

di Rinalda Carati inviata a Bologna

LA PRIMA UNIVERSITÀ del mondo occidentale, Bologna. La sua data di nascita è convenzionalmente fissata all'anno 1088: una sua caratteristica è certamente quella di richiamare studenti e studentesse da ogni parte del Paese. Chi può permetterselo. E
anche chi lo merita. "Il part-time studentesco (la veneranda età dell'Ateneo non ha impedito la creazione di un sito on line ricco di informazioni, da cui proviene anche questo breve testo) è un'opportunità offerta agli studenti meritevoli e in condizioni economiche disagiate. Si tratta in particolare di una "attività di collaborazione a tempo parziale" che lo studente effettua presso i vari servizi universitari - biblioteche, laboratori, musei, servizi amministrativi, etc.. La collaborazione ha una durata massima di 150 ore per ciascun anno accademico e viene remunerata con un compenso orario attualmente fissato in euro 7,50".
E infatti. Lui, Alberth, "si scrive proprio così - dice - con la acca in fondo", 21 anni, originario della provincia di Crotone è lì in biblioteca a svolgere qualcuna delle sue 150 ore: dall'altra parte del cortile, c'è la facoltà di lettere e filosofia occupata. Un gruppo di studenti e studentesse presidia l'ingresso di via Zamboni 38, discutono tra loro, distribuiscono un volantino con i programmi delle iniziative: tutte le mattine assemblea di gestione, tutti i pomeriggi cineforum; gruppi di lavoro sul ddl Moratti, incontri su: "Nuove strategie di repressione" e su "Precarietà dei saperi e precarietà del lavoro". Poco più in là viene distribuito un altro volantino, l'invito alla mobilitazione dei ragazzi di giurisprudenza: ma accanto, ci sono tre ragazzi con una coroncina sulla testa. Hanno appena concluso l'esame di laurea. Gli studenti sono in lotta contro "tutte le riforme dell'università e per un vero diritto ai saperi". Le cronache cittadine hanno già raccontato episodi di dissenso tra loro: i ragazzi di Sinistra universitaria contrari all'occupazione sono stati allontanati da un'aula della protesta. Alberth sta per iscriversi al terzo anno a scienze della formazione, ha ottenuto finora 112 crediti su un massimo di 120 possibili. Continuerà a studiare dopo il triennio: spiega che di fatto la sua è una scelta obbligata, doveva diventare animatore socio-educativo, una figura, dice, che non esisterà più, perchè il corso non è stato ripetuto. Le ragioni di chi occupa per grandi linee le condivide, non apprezza il tre più due: "Preferivo il vecchio metodo di studio: si studiava di più e si imparava di più". Ma ha troppo da fare per partecipare. L'esperienza bolognese comunque gli piace: fa tutto il tirocinio possibile ("è interessante, queste cose da noi non ci sono" dice riferendosi ai tanti tipi di "servizi" che ha conosciuto a Bologna) e nel tempo libero segue un corso di danza ("scienze della formazione è comunque una seconda scelta, avrei voluto studiare danza, i miei non hanno voluto ed è una cosa che rimprovero alla famiglia..."). Alla fine degli studi tornerai in Calabria ? "Indietro non ci penso di tornare". Giancarlo invece ha 31 anni e alle spalle otto anni da studente-lavoratore: ora sta per finire. Guarda l'occupazione con occhi affettuosi: i ragazzi hanno ragione "anche se ormai questo non mi riguarda più, adesso è il loro tempo, il sogno del libero accesso per tutti, della possibilità per tutti di accedere al sapere è sempre valido".
Sembra di respirare la storia a ogni boccata d'aria, sotto questi portici; forse per questo, tutto appare come un poco "vecchio", la ripetizione di qualcosa che è già accaduto. Da una parte l'impressione è quella di una situazione che continua come sempre, "normale", tante persone in biblioteca a chiedere i testi, tante persone a lezione, il mercatino dell'usato affollato in piazza, i tavolini pieni di gente al bar. Dall'altra parte, se ci ferma a guardare e ad ascoltare i ragazzi che occupano, viene un po' di malinconia, viene da chiedersi, sempre le stesse cose, sempre le stesse parole, ma in che anno siamo? L'osservazione però non convince il Magnifico rettore Pier Ugo Calzolari: queste son proprio le cose che dice chi non ha mai a che fare con i giovani, risponde un po' annoiato. E adesso non mi faccia passare per quello che difende l'occupazione... "Non posso giustificarla, conculca il diritto di altri studenti. Ma la volontà di opposizione a quanto è dato manifesta in nuce una speranza". E la ripetizione dello stesso identico modello? "Le tensioni culturali si modificano lentamente nel tempo...". Da parte loro, gli studenti lo accusano di non essere abbastanza dalla loro parte: il rettore sta con Cofferati e con i manganelli della polizia, recita un titolo sul blog delle Università in lotta. Il rettore è fiero del sistema a fasce: "socialmente ineccepibile, chi può pagare paga anche per chi non può". Ma forse il suo pensiero sta sopratutto in una frase lasciata cadere come per caso: "Che peccato che questo Paese non ami la sua Università".
attualita@unita.it


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